Crescita della produzione alimentare, ma non per tutti. Gli indici di produzione industriale non devono far dimenticare le diseguaglianze

In Italia sarebbero circa 5,6 milioni le persone in condizioni di povertà assoluta che non possono permettersi pasti adeguati a causa del peggioramento delle condizioni economiche.

Crescita della produzione alimentare, ma non per tutti. Gli indici di produzione industriale non devono far dimenticare le diseguaglianze

Arrivano le feste di Natale e fine anno e la produzione alimentare compie un balzo in alto. Buona cosa, certamente. Che, tuttavia, deve essere colta in tutta la sua interezza e, soprattutto, non deve far dimenticare che l’abbondanza non riguarda tutti.

Stando alle ultime rilevazioni Istat – commentate per quanto concerne la parte agroalimentare da Coldiretti -, l’andamento tendenziale della produzione dell’industria alimentare in ottobre ha fatto segnare un +5,6%. Accelerata per, viene fatto notare, rispondere meglio e con maggiore efficacia proprio alle richieste di queste ultime settimane prima del nuovo anno. Parrebbe, in altri termini, che la prospettiva di un Natale più normale con il ritorno della convivialità a tavola nelle case e nei ristoranti abbia spinto – come dice la Coldiretti – l’attività produttiva nonostante gli effetti negativi dell’aumento dei costi energetici. Detto in altre parole, in tempi comunque di crisi pare che i regali enogastronomici, ma anche i pranzi e i cenoni, continuino ad essere una delle voci di spesa più amate dagli italiani. Dal punto di vista macroeconomico, poi, la spesa alimentare è anche uno speciale indicatore dello stato dell’economia nazionale perché l’agroalimentare, dai campi fino a negozi e ristoranti, è la prima filiera estesa dell’Italia. A conti fatti, sempre a livello macro, parliamo di un sistema economico che conta un giro d’affari pari a circa 575 miliardi di euro.

Tutto bene, quindi. Almeno così parrebbe, perché in effetti per capire la situazione reale occorre guardare sotto la superficie dei dati generali per scoprire almeno due aspetti che delineano una situazione diversa.

Prima di tutto l’abbondanza di cui si è detto poco sopra. In sintesi, è possibile affermare che la povertà, e quindi la scarsità di alimenti ma non solo, colpisce anche l’Italia e più di prima. Stando sempre ai dati Istat, qualche settimana fa è circolato un numero preoccupante: in Italia sarebbero circa 5,6 milioni le persone in condizioni di povertà assoluta che non possono permettersi pasti adeguati a causa del peggioramento delle condizioni economiche. Certo, si tratta anch’esso di un numero generale, che va circostanziato e approfondito. Ma è comunque un numero pesante. Secondo alcune recenti analisi Censis poi, da qui ai prossimi mesi sarebbero altri quattro milioni circa a rischiare di essere nelle stesse condizioni. Secondo i coltivatori diretti e il Censis, per un’ampia fascia di popolazione basta un rialzo dei prezzi beni alimentari a rendere “molto difficile garantire i pasti sempre e comunque”. A questi si aggiunge poi un 17,4% di italiani già consapevole che dovrà restare per molto tempo inchiodato alle spese di base per la sopravvivenza e nulla più. La crescita recente dei costi energetici che, non dimentichiamolo, ricade sia sulle famiglie che sulle imprese, aggrava questa condizione.

Poi c’è un altro aspetto di cui occorre tenere conto. Lungo la filiera agroalimentare italiana le differenze di marginalità sono ancora molte e troppe. Per questo, per esempio, i coltivatori diretti chiedono a gran voce ancora oggi che I risultati positivi ottenuti sul piano industriale debbano trasferirsi alle imprese agricole con “una adeguata remunerazione dei prodotti che in molti casi si trovano tuttora al di sotto dei costi di produzione”.

Insomma, il balzo in alto – pur importane e positivo dell’indice di produzione dell’industria alimentare nazionale -, non deve far dimenticare diseguaglianze altrettanto importanti che segnano la società e l’economia del Paese. Pensarci è necessario, intervenire e doveroso.

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Fonte: Sir