Covid e vaccino, quei “fragili dimenticati in casa”. La storia (e la rabbia) di una figlia
Francesca ha i genitori anziani, ma non abbastanza per essere vaccinati nella prima fase. La mamma è non autosufficiente, il papà ha quasi 80 anni e si occupa di lei. “Io vivo con loro per aiutare mia padre. E ho il terrore di essere veicolo dei virus. Se mamma fosse in Rsa, sarebbe vaccinata. Perché in casa non deve essere protetta?”
La mamma di Francesca ha 74 e da 10 ha una patologia che l'ha resta del tutto non autosufficiente: “Vive tra letto e carrozzina, da sola non fa nulla: la laviamo, la imbocchiamo, la cambiamo, la spostiamo”. Ce lo racconta Francesca, sua figlia, 47 anni, che da qualche anno è tornata a vivere con i genitori, per essere presente e per dare una mano al padre, che si occupa di tutto. “Ha quasi 80 anni ma non li dimostra – ci racconta – Non so come faccia a sollevare mia mamma, credo abbia imparato osservando gli assistenti che vengono a casa per qualche ora”. Né la madre né il padre rientrano nelle categorie prioritarie per la vaccinazione. O meglio, la mamma è soggetto fragile, per via della sua patologia, quindi rientra in fase 2. “Ma nessuno sa le tempistiche: dal medico di famiglia, dalla Asl, dalla regione Toscana, ricevo solo risposte cordiali ma vaghe. Non capisco perché non debbano essere vaccinati al più presto, visto il rischio che corrono. Se mia mamma fosse stata in Rsa, a questo punto sarebbe vaccinata”, riflette Francesca.
La scelta di curarla in casa. “Ma in Rsa sarebbe vaccinata”
Invece la mamma è in casa e “i non autosufficienti che vivono in casa non hanno la stessa priorità di chi vive in struttura – riferisce Francesca - Assurdo, dico io, perché anche la casa è un luogo di contagio. Io prendo il treno tutti i giorni e, con la mia laurea in Biologia, so bene quanto questo mi esponga a un possibile contagio. Da un anno vivo con il terrore di essere io il veicolo del virus che potrebbe uccidere mia madre, magari anche mio padre. Come me lo perdonerei? Faccio una vita da reclusa, esco solo per andare al lavoro, ma anche così non sto tranquilla, perché più volte al giorno metto le mani in bocca a mia madre, continuamente devo toccarla”. Francesca sa quanto queste cure siano necessarie e preziose: “Credo che in Rsa mia madre sarebbe già morta – ci dice – Il medico, quando 10 anni fa le fece la diagnosi, non le dava più di 6-7 anni ancora. E invece è ancora qui e credo che tanto dipenda dalle cure mie e di mio padre”.
La pandemia però ha aggravato notevolmente la situazione: “Abbiamo ridotto al massimo le nostre uscite, ma anche gli ingressi degli operatori, per paura che portassero il virus dentro casa. Ora per fortuna, almeno loro sono vaccinati. Ma mia mamma e mio papà quanto dovranno attendere? Nessuno sa dircelo. Mio padre compirà 80 anni a ottobre: qui in Toscana, non è considerato nella categoria degli ottantenni. In altre regioni sì, rientrerebbe nella fase 1. E' tutto così incerto, così complicato. E intanto, hanno ricevuto il vaccino, con gli operatori sanitari, anche persone che svolgono un ruolo amministrativo e, francamente, rischiano molto poco rispetto a mia mamma e mio papà”. Francesca non chiede una priorità per sé: “Quando sarà possibile mi vaccinerò, ma non voglio passare avanti a una persona più fragile di me. D'altra parte, il vaccino protegge dalla malattia, ma pare che non impedisca di trasmettere comunque il virus. Rischierei quindi comunque di essere veicolo: per questo, è molto più urgente che siano protetti loro. Prima i più fragili, questo dovrebbe essere l'imperativo: francamente, però, non è l'esperienza che stiamo vivendo. E questo mi riempie di angoscia e di rabbia”.
Chiara Ludovisi