Caregiver e sibling universitari a raccolta: “Quanti siamo?”

Antonio Demarcus, studente universitario “fuori corso” e caregiver di sua mamma, prova a fare un censimento, attraverso un sondaggio online. E rilancia la campagna nazionale per il diritto allo studio e il manifesto “Unidad”: perché Dad può voler dire anche inclusione

Caregiver e sibling universitari a raccolta: “Quanti siamo?”

Chi sono e quanti sono i caregiver familiari universitari? Quali bisogni hanno e quali sostegni potrebbero attivare gli atenei, per venire incontro alle loro particolari esigenze? Sono le domande a cui cerca di rispondere uno di loro, Antonio Demarcus, che sta portando avanti da tempo una battaglia per il diritto allo studio di chi, come lui, con fatica cerca di conciliare l'impegno universitario con quello dell'assistenza costante e continuativa. Dopo aver raccontato su queste pagine le “13 tutele necessarie”, Demarcus oggi lancia un sondaggio online, per provare a capire quanti siano i caregiver familiari universitari e i sibling universitari. Lo fa attraverso un breve form anonimo, che chiede di compilare e condividere. E rilancia anche, con l'occasione, il documento per il diritto allo studio dei caregiver familiari studenti universitari i quali, spiega, hanno “tempi molto diversi dagli altri studenti, perché occupiamo gran parte della nostra vita ad assistere i nostri genitori, figli, o parenti, rinunciando a tutto, il lavoro, lo studio, la nostra vita personale, i nostri sogni e una vita serena”.

Tra le tutele richieste, oltre all'esenzione dalle tasse (che Demarcus ha già ottenuto presso l'università di Cagliari), l'eliminazione (o giustificazione scritta) dello status di “fuori corso”, l'incremento delle ore di smart-working per le collaborazioni studentesche, il riconoscimento di contributi, la possibilità di essere sostituito nell'attività di assistenza per un certo numero di ore giornaliere, che verrebbero così dedicate allo studio.

Unidad, perché Dad può significare inclusione

In particolare, poi, c'è la richiesta di proseguire quella didattica a distanza che, con la pandemia, è stata sviluppata e che ora non va abbandonata. Una richiesta che ultimamente ha preso forma di manifesto, tramite il neonato gruppo Unidad. Universitari per la didattica a distanza, che ha inviato alle principali cariche istituzionali. Il gruppo ha l'obiettivo di “sensibilizzare le Istituzioni sul ruolo della didattica a distanza nelle università, in prospettiva futura, per ogni corso di studi. Vorremmo infatti che tale modalità potesse proseguire in tutto il Paese anche al termine della pandemia, quale strumento in affiancamento e complementare – non in sostituzione – alla didattica tradizionale in presenza”. Un'opportunità per tanti, quindi, la didattica a distanza, non solo per chi, al proprio compito di studente universitario, affianca quello, più impegnativo ancora, di caregiver familiare.

“La possibilità di seguire le lezioni e sostenere gli esami online dalle proprie abitazioni, su apposite piattaforme dedicate, si è già rivelata di indubbio e insperato vantaggio per molti: malati cronici, disabili, caregiver familiari ma anche fuori sede, pendolari, lavoratori, adulti e genitori – si legge nel manifesto - Resta inteso che la didattica frontale in aula – in tutti i suoi risvolti e con tutte le sue caratteristiche – sia imprescindibile e irrinunciabile; è necessario però sottolineare che per alcuni individui, quali quelli poc’anzi menzionati, frequentare un corso di studi con le modalità convenzionali è verosimilmente una scelta impraticabile che si tradurrebbe in una rinuncia all’iscrizione o a un successivo abbandono. Non si mirerebbe dunque a trasformare tutti gli atenei in università telematiche, si tratterebbe di abbattere delle 'barriere immateriali' e offrire pari condizioni – anche economiche – a tutti coloro che per la propria formazione desiderano alti standard e comprovata serietà. Pensiamo di aver già esposto ampiamente le nostre ragioni “pro Dad” nel manifesto, ma siamo altresì disponibili a qualsiasi occasione di dialogo o a tavoli di lavoro congiunti nelle sedi ritenute più idonee. Siamo fermamente convinti che quanto fin qui messo a punto per salvaguardare la didattica nei periodi di crisi e di lockdown non debba andare perduto ma, anzi, debba essere implementato e valorizzato anche quando – ci auguriamo presto – l’emergenza sanitaria sarà finalmente alle spalle. Ulteriori investimenti in tal direzione, attingendo ad esempio da fondi europei quali quelli provenienti dal piano cosiddetta Next Generation EU, sarebbero sicuramente auspicabili”.

La richiesta è quindi che “la didattica a distanza sia l’eredità migliore di questo periodo estenuante e doloroso: una conquista per tutti, ma a favore soprattutto delle categorie più fragili, svantaggiate o semplicemente meno rappresentate ma con esigenze altrettanto meritevoli di ascolto e accoglienza. Crediamo che la Dad possa dare nuova luce e dignità al concetto di e-learning, ma soprattutto ai princìpi di diritto all’istruzione, di tutela della salute, delle pari opportunità e, in ultima analisi, di libertà e democrazia”.

Dad, insomma, può voler dire inclusione e integrazione, per una serie di ragioni che Unidad illustra: primo, “riduce notevolmente le discriminazioni economiche poiché abbatte molti dei costi connessi allo studio universitario (trasporti, affitti, diverse utenze, ecc..), garantendo il diritto allo studio anche agli studenti che hanno disponibilità economiche più basse rispetto ad altri, magari anche aggravate dalla pandemia in corso”; secondo, “permetterebbe allo studente lavoratore di usufruire delle lezioni online in orari compatibili con il proprio orario operativo e di non perdere intere giornate per sostenere un esame. Infatti, nonostante esistano le 150 ore di diritto allo studio, ciò non è sempre possibile a causa di periodi molto intensi, a responsabili poco comprensivi o a contratti di lavoro precari”; terzo, “consentirebbe di implementare programmi con sottotitoli simultanei per studenti ipoacusici o sordi” e “permetterebbe di utilizzare piattaforme con idonea fruizione di lettori sintetizzatori per gli studenti ipovedenti o non vedenti (es. Text-To-Speech)”; quarto, “garantirebbe accesso alla formazione universitaria anche allo studente genitore che si ritrovasse nella difficile situazione di dover conciliare la vita universitaria con quella familiare”; quinto, “rappresenterebbe un enorme supporto alla già pesantissima situazione dello studente caregiver familiare, che oltre a dover gestire lezioni ed esami universitari, assiste un familiare o un affine affetto da disabilità grave e non autosufficiente”; sesto, “permetterebbe agli studenti immunodepressi, agli studenti affetti da malattie oncologiche o da malattie cronico-degenerative e debilitanti, talvolta sono costretti a letto per periodi più o meno lunghi, di non rinunciare all’istruzione, inesauribile fonte di benessere personale”; settimo, “eviterebbe agli studenti con disabilità fisiche di lottare contro le innumerevoli barriere architettoniche che, purtroppo, si incontrano ancora su mezzi pubblici e in strutture pubbliche” e “supporterebbe gli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) o gli studenti dislessici, grazie alla possibilità di riascoltare le lezioni in ambienti meno caotici e privi di distrazioni a velocità ridotte prendendo gli appunti con tempi propri”. La Dad, inoltre, “permetterebbe agli studenti con problematiche di ansia e fobia sociale di gestire al meglio il proprio percorso di studi, sia nella scelta della tipologia di frequenza alle lezioni sia nella modalità dello svolgimento degli esami, compatibilmente con il timore personale per le situazioni sociali” e “darebbe la possibilità a qualsiasi generazione di studiare, anche a studenti appartenenti alla terza età”.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)