Carcere, il sindacato Polizia penitenziaria avvisa: “C’è il rischio di rivolte”

Mentre il Dap chiede agli istituti di migliorare le attività di prevenzione dei suicidi, uno dei sindacati degli agenti penitenziari sottolinea l’aumento di mini-rivolte, risse e aggressioni dentro le carceri italiane: “Servono azioni, l’emergenza non può aspettare il voto del 25 settembre”. Allarme anche dalla Fp Cgil

Carcere, il sindacato Polizia penitenziaria avvisa: “C’è il rischio di rivolte”

 A seguito dell’aumento rilevante del numero di suicidi in carcere (in poco più di sette mesi ce ne sono stati 47, nel 2021 furono in totale 55), con cifre che non si registravano in questa entità da almeno dieci anni, il Dipartimento per l’Amministrazione penitenziaria ha ieri emanato delle linee guida per chiedere a tutti gli istituti di rinnovare gli strumenti di prevenzione dei suicidi, in particolare intercettando “gli eventi sentinella che rivelano il rischio suicidio”. Ma nell’estate 2022 quello dei suicidi è solamente un aspetto, il più tragico, di un contesto in grande sofferenza. A testimoniarlo è anche una nuova presa di posizione di una delle sigle sindacali della Polizia penitenziaria, il S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) che con il suo segretario mette in guardia contro il rischio che si producano nei prossimi giorni e settimane delle rivolte all’interno degli istituti. E senza mezzi termini, ricorda alla politica “che ha deciso di rinviare tutto al nuovo Governo e al nuovo Parlamento” che l’emergenza carcere non può aspettare il voto del 25 settembre e i mesi necessari all’insediamento delle nuove Camere e del nuovo esecutivo.

“La rivolta al penitenziario di Roma “Rebibbia Nuovo Complesso” - afferma Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP.  - sedata ancora una volta per la grande responsabilità e professionalità del personale penitenziario, è l’ennesima spia di cosa potrebbe accadere nelle carceri in questa bollente estate (non solo per la temperatura). La situazione di controllo delle carceri da parte dello Stato, già sfuggita di mano da qualche anno, in questa estate rischia il tracollo. Le mini-rivolte che avvengono quasi tutte con le stesse modalità, come accaduto a Rebibbia, vale a dire l’incendio di materassi e suppellettili, non si contano più. Solo per l’intervento degli agenti non abbiamo ripetuto le tragedie delle carceri sudamericane con centinaia di morti”. 

“Noi - afferma Di Giacomo - abbiamo tentato un bilancio sinora di questa estate: 12 suicidi oltre a quello di un nostro collega e sette tentativi di suicidio, una dozzina di casi di celle incendiate nelle ultime settimane, almeno cinque episodi di aggressione a personale penitenziario la settimana, sei risse tra detenuti di clan rivali o tra detenuti italiani ed extracomunitari nel giro di pochi giorni. E l’estate, che accresce la tensione tra i detenuti ampliando vecchie problematiche di carenza di personale penitenziario, infrastrutture e servizi, a parte le casette per l’amore, non è certo finita”. 

“Per questo – aggiunge – abbiamo deciso azioni di mobilitazione per smuovere il “torpore” mentre di fronte all’emergenza esplosa con le cosiddette mini-rivolte diffuse in numerosi istituti e le quotidiane aggressioni al personale penitenziario. La politica ha deciso di rinviare tutto al nuovo Governo e al nuovo Parlamento. Ma l’emergenza carcere non può aspettare il voto del 25 settembre e altri mesi per l’insediamento del Parlamento e del Governo”. “Noi non siamo più disponibili a tollerare il lassismo e – spiega - raccogliendo le continue proteste dei colleghi che non ce la fanno più a fare da “bersagli” su cui detenuti violenti possono scatenare la propria rabbia, abbiamo deciso di passare alla mobilitazione. Lo stiamo ripetendo, inascoltati, da troppo tempo: ci sono tutte le avvisaglie pericolosissime che con questa caldissima estate può riprendere la stagione delle rivolte con tutti i rischi e le conseguenze che abbiamo conosciuto nella primavera del 2020. Per questo – conclude Di Giacomo – continuiamo a mettere in guardia: è ora – non domani - il momento di agire”. 

E sulla situazione delle carceri, nello specifico quelle del Lazio, getta lo sguardo anche un altro sindacato, la FP Cgil, che parla di “situazione delle carceri laziali che continua ad essere allarmante e preoccupante” con “un'escalation di disagi vissuti quotidianamente dal personale di Polizia Penitenziaria che opera in condizioni affannose e rischiose”. Nello specifico – si legge in una nota - la FP Cgil da ormai tempo denuncia gravi criticità che compromettono ordine, sicurezza ed incolumità psico-fisica degli addetti ai lavori. Aggressioni, violenze, carenze organiche e strutture fatiscenti sono ormai un'evidente debacle dell'Amministrazione Penitenziaria, più volte chiamata in causa dalle Parti Sociali per interventi seri e concreti”.  

"Tutti gli Istituti Penitenziari del distretto laziale – dichiarano Giancarlo Cenciarelli e Ciro Di Domenico della FP Cgil Roma e Lazio - registrano significative difficoltà organizzative-gestionali e non è più momento di attendere o pensare: le nostre lavoratrici ed i nostri lavoratori meritano risposte adeguate all'altezza delle lotte. E impensabile espletare il proprio servizio in ambienti di lavoro malsani ed ostili. Il carcere è un luogo dello Stato". 

"Occorrono - conclude Mirko Manna per la FP Cgil nazionale - misure serie dalla politica e dalle Istituzioni. Il sistema penitenziario del Paese, soprattutto per quanto concerne il Lazio, è ormai al collasso. La questione carceri sia priorità nell'agenda del Governo, nonostante le varie crisi socio-economiche che attanagliano il medesimo. Le carceri sono baluardi di legalità e democrazia, non ricettacoli sociali che non possono garantire i diritti delle lavoratrici e lavoratori, nonché il dettato costituzionale sulla rieducazione”. 

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)