Campodarsego. A teatro il dialetto vive

A Campodarsego da quasi quarant’anni la compagnia amatoriale “Ridendo si impara” porta in scena commedie brillanti che raccontano vicende umane

Campodarsego. A teatro il dialetto vive

Divertirsi divertendo, raccontare le vicende umane mettendo in scena difetti e virtù di ogni tempo con ironia, strappando una risata anche nei contesti più drammatici, per garantire sempre il lieto fine. Così, da quasi quarant’anni, la compagnia amatoriale “Ridendo si impara” di Campodarsego porta nei teatri del Veneto un repertorio di commedie brillanti rigorosamente in dialetto «per mantenere viva la lingua, la cultura, le tradizioni, le radici della nostra terra», spiega il regista Giovanni Guiotto. Con lo stesso spirito la compagnia organizza la rassegna teatrale “Autunno a teatro” in collaborazione con il cinema teatro Aurora che propone tutto l’anno una ricca programmazione cinematografica con rassegne dedicate anche a temi sociali e di fede. Cinque gli spettacoli di “Autunno a teatro”, tutti all’insegna della commedia brillante rigorosamente in dialetto, in programma da ottobre e fino a tutto novembre di sabato alle 21, per una quattordicesima stagione imperdibile. Ad aprire il cartellone è stato il 5 ottobre Quanta fadiga par fare on fioeo della compagnia Montebello, regia di Fidenzio Pirolo. Si prosegue sabato 12 ottobre con El moroso vecio di Miledi Poppi e Federica Santinello, compagnia dell’Imprevisto di San Giorgio in Bosco, regia di Federica Santinello. Undici personaggi intrecciano le loro storie, si inseguono, litigano, si ingannano, si confrontano, si incontrano e si scontrano per sette giorni, fino alla resa di conti. Sullo sfondo il matrimonio della figlia del sindaco, l’evento più atteso da tutto il paese, al quale nessuno può mancare. Si prosegue il 26 ottobre con la compagnia di casa Ridendo si impara e Sior Tita paron di Gino Rocca; sabato 16 novembre in scena Don Gervasio parroco per caso di Loredana Cont, compagnia “Nati per caso” di Vigodarzere, regia Stefano Tolin, protagoniste Mery ed Elia, due sorelle di mezza età e disoccupate da un paio d’anni, che trovano lavoro con un travestimento alla locanda Al Settimo Cielo, gestita da suor Ortensia con suor Vangelina. È ambientato nella Venezia della seconda metà dell’800 il quinto e ultimo spettacolo I recini da festa di Riccardo Selvatico, compagnia Filodrammatica di Cavarzere, regia di Simone Toffanin, in programma il 30 novembre. La rassegna si svolge all’Aurora, all’ombra del campanile, dove la compagnia ha mosso i primi passi. «Tutto ha inizio nel maggio del 1985 – spiega la presidente Gigliola Tonello – con il Don Checo messo in scena su iniziativa di don Tino Creuso, parroco e primo regista di un gruppo di giovanissimi amici per il “Maggio insieme”, iniziativa della comunità». La compagnia, affiliata ad Acli Arte e spettacolo, ottiene nel 1996 il riconoscimento “Maschera d’oro città di Padova” e nel 2012 il premio “Pio Enea degli Obizzi” per la miglior scenografia con la commedia Don Checo. Per due anni consecutivi, 2015 e 2016, ha ricevuto il premio per “La compagnia più applaudita” alla rassegna teatrale di San Giorgio in Bosco. Il riconoscimento è stato confermato nel 2019 sia nella rassegna a Pianiga che ad Albignasego. Nello stesso anno è arrivato anche il “Premio alla cultura” dalla Federazione dei Comuni del Camposampierese. «Dopo il Don Checo è stata la volta di Sior Tita Paron e di una dozzina di altre commedie», ricorda Costantino Scremin, protagonista di queste e di molte delle altre rappresentazioni che prendono vita grazie alle scenografie di Paolo Bano con il supporto delle sorelle Liana e Pamela Carraro, in grado di trovare mobili e costumi adeguati ai vari personaggi che spesso interpretano. «Un tempo dovevamo invecchiarci, ora non abbiamo più bisogno di trucchi», concludono divertite Luigina Scremin e Luciana Salviato.

Il repertorio

Attori da record per la compagnia di Campodarsego: sono gli stessi dalla prima rappresentazione a oggi. All’epoca poco più che adolescenti, sono diventati nel frattempo professionisti. Alcuni di loro, complice il palcoscenico, si sono sposati e pure i figli hanno calcato le scene, insieme ai genitori, nei ruoli di bambini e ragazzi. Non sono mancati nuovi innesti e nuove commedie come No ze vero ma ghe credo, del maestro napoletano Peppino De Filippo, ovviamente tradotta in dialetto; Te vojo ben… da morire; L’onorevole Campodarsego; Camera a ore; Chi xeo l’erede; Il nostro prossimo; Comando mi e I balconi sul canalazzo.

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