Autismo, “vaccinateci, un contagio sarebbe un disastro”: appello di una mamma
Brunella vive a Pompei, sola con sua figlia Federica, che ha 35 anni e un disturbo dello spettro autistico. “Frequenta un semiconvitto convenzionato, è esposta al rischio di contagio, ma dei vaccini non sappiamo nulla: non siamo una priorità. Ma per lei una quarantena sarebbe impossibile. Un ricovero, un disastro”
“Per farle un tampone, dovremmo bloccarla. Se dovessi confinarla nella sua stanzetta, perderebbe il controllo e tanti anni di duro lavoro e terapie per darle stabilità ed equilibrio sarebbero totalmente persi. Se poi finisse in ospedale, impazzirebbe”: è molto preoccupata Brunella, al pensiero che sua figlia Federica possa contrarre il virus. E non capisce perché, ora che il vaccino esiste, a persone come sua figlia, che hanno un disturbo neurologico e frequentano ogni giorno un centro diurno, non sia ancora data la possibilità di immunizzarsi. “Mia figlia ha 35 anni, è autistica ed è stata traumatizzata dalla morte di mio marito: abbiamo vissuto per quattro anni tra ospedali e alberghi, per poterlo assistere. Lei doveva venire sempre con me, non potevo lasciarla con nessun altro. Ora, il covid la terrorizza, le notizie che ascolta al telegiornale la spaventano, non saprei come gestire un contagio suo o mio: isolarla in casa sarebbe impossibile, ricoverarla in ospedale la farebbe uscire di testa”.
Eppure, di vaccino per ora non se ne parla: “Nessuno ci ha fatto sapere nulla, nessuno sa dirci niente: eppure mia figlia frequenta ogni giorno una struttura, insieme a tante altre persone con disabilità. Gli operatori sono stati immunizzati, perché non vaccinare anche gli utenti, che sono esposti al rischio di u contagio che non saprebbero gestire?”, domanda Brunella. E non è la sola a domandarselo: “Faccio parte di un'associazione di genitori, L'Aliante – ci racconta – Ci sono altre mamme che, come me, vivono da sole con figli con disturbi psichici o autistici e tutte ci domandiamo come potremmo mai affrontare un contagio. Nessuno però sembra curarsi di noi, nessuno ci protegge, nessuno forse ha idea di quello che abbiamo dovuto affrontare da quando la pandemia è iniziata. Altrimenti forse riconoscerebbero anche a noi una precedenza nell'accesso ai vaccini: a noi, o almeno ai nostri figli, che potrebbero recuperare un po' di libertà. Invece, per il momento, si dà la precedenza agli anziani, giustamente, e alle patologie: ma per i nostri figli il virus è pericoloso forse quanto per un cardiopatico. Lui rischia di perdere la pelle, i nostri ragazzi rischiano di perdere la testa”. E ancora: “Perché gli operatori devono essere vaccinati e noi, che oltre che genitori siamo operatori e assistenti 24 ore su 24, non veniamo considerati?”, domanda Brunella.
L'anno trascorso, dal 21 febbraio 2020 ad oggi, “è stato durissimo e non accenna a migliorare – assicura Brunella – Mia figlia, come tutti i ragazzi con autismo, tende già a isolarsi: le limitazioni alla socialità e alle uscite stanno peggiorando la situazione e portarla fuori è sempre più difficile. Senza contare che tutte le attività sono state interrotte: la musica, la pittura, il nuoto”. E questo è un altro problema che Brunella vuole evidenziare: “mia figlia faceva nuoto non per svago, o per sport, ma per ragioni terapeutiche: le fa bene psicologicamente ma anche fisicamente, dato che è molto pesante, anche a causa dei farmaci che deve assumere per il diabete: perché non permettere almeno a questi ragazzi di continuare ad andare in piscina? E invece no, si è fermato tutto. E per loro questo è un problema serio: i nostri figli non possono stare chiusi in casa. Non sono come gli altri ragazzi, che con un computer, un cellulare o una televisione riescono a stare ore in una stanza. Ecco perché dovrebbero essere tra i primi della fila, ora che è arrivato il vaccino”.
Per fortuna c'è il centro, che “non ha mai chiuso e ci ha sempre sostenuti, facendo di tutto per garantire ogni misura di sicurezza: e non è facile, con questi ragazzi. In fondo sappiamo che frequentarlo rappresenta un rischio, così come è un rischio uscire di casa, andare al supermercato eccetera: ma mia figlia non ha scelta, deve andarci, anche perché dopo un certo numero di assenze la Asl le toglierebbe il posto. E questo per noi sarebbe un dramma. E poi lei chiede di andarci, non vuole interrompere anche quest'attività. E' giusto che possa farlo, senza correre rischi. E' giusto che lei possa ritrovare un po' di serenità. E io con lei. Il vaccino per noi significherebbe questo”.
Alcune regioni, lo ricordiamo, hanno iniziato a somministrare il vaccino alle persone con disabilità che vivono nelle strutture, o che frequentano centri diurni: una possibilità diffusa “a macchia di leopardo” sul territorio nazionale e che comunque le associazioni e le famiglie chiedono che sia estesa a tutte le persone con disabilità, indipendentemente dall'età e da altre patologie, per le quali il piano vaccinale non prevede, invece, alcuna priorità.
Chiara Ludovisi