Alunni con disabilità, in classe solo in piccoli gruppi: il racconto

Gli alunni con disabilità e bisogni educativi speciali hanno potuto scegliere di restare a scuola in presenza. Il bilancio dell’Istituto comprensivo 6 di Bologna all’alba del ritorno tra i banchi

Alunni con disabilità, in classe solo in piccoli gruppi: il racconto

In classe di Andrea erano in tre, più il professore, l’insegnante di sostegno e l’educatore. Andrea è in prima media, ha una grave disabilità motoria a causa di una malattia molto rara e va a scuola alle Irnerio, la secondaria di primo grado dell’Istituto comprensivo 6 di Bologna. Lui e gli altri due studenti, tutti con bisogni educativi speciali, sono stati gli unici a frequentare in presenza perché a marzo l’Emilia Romagna è passata in zona rossa. Il resto degli alunni era in Dad ma, come prevede la normativa, gli studenti con disabilità e Bes hanno la possibilità di andare a scuola per mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione. Anche se le lezioni erano solo la mattina, "è andata decisamente meglio rispetto al lockdown dell’anno scorso, quando avevo tutti e tre i figli a casa e Andrea da seguire costantemente in didattica a distanza perché ha sempre bisogno di qualcuno di fianco per usare il pc, visto che i movimenti delle sue mani sono minimi e non parla, pur essendo cognitivamente presente", commenta Gianluca Dall’Osso, il papà.

"La scuola aperta è una grande risorsa nella gestione della famiglia. E poi consente ad Andrea di mantenere parzialmente le sue routine, continuare a sperimentare la carrozzina elettronica imparando a usare il joystick e a utilizzare la statica, un ausilio che gli permette di stare in piedi sorreggendogli il busto. Tutte cose che a casa non ha". Andrea a scuola ci va volentieri, tanto che quando vede il suo maestro si apre in un sorriso. "Ha frequentato le elementari sempre nello stesso istituto comprensivo, ma alle Giordani, una scuola primaria che ha una grande attenzione, nonché una lunga abitudine, alla disabilità, e in classe è inserito benissimo".

Alle Giordani, infatti, che sono dotate di un’aula morbida e di un bagno con sollevatore, c’erano quattro alunni in presenza con bisogni educativi speciali, situazioni di disagio o neoarrivati in Italia per ognuna delle nove classi (quindi in tutta la scuola oltre una trentina di bambini), tre alle Ercolani (l’altra primaria), tre alle Irnerio e una bimba nella scuola dell’infanzia. Il resto degli studenti si collegava da remoto. "Abbiamo dovuto deliberare velocemente una nuova scansione oraria con tutto il corpo docente, e non solo, ma siamo riusciti a garantire le lezioni in presenza solo dalle 8.30 alle 12.30 anche per chi doveva frequentare il tempo pieno», spiega Alessandra Canepa, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo 6 di Bologna. "Non tutte le famiglie che hanno figli disabili, però, hanno accolto questa possibilità, e il motivo è ovviamente la paura del contagio. Comunque in certi giorni è capitato di avere solo un ragazzino in classe: quella ovviamente non era inclusione".

Come ha funzionato questa didattica mista ce lo spiega Anna Lia de Berardinis, maestra di matematica alle Giordani e referente d’istituto per il sostegno. "Ogni insegnante teneva la sua lezione online con la classe collegata da casa. Gli alunni con Bes in presenza seguivano la didattica digitale in base alle proprie capacità, ma cercavamo comunque di avere “a distanza” più momenti condivisi possibile: i saluti, un disegno, una canzone da cantare tutti insieme. Per il resto hanno seguito il loro Piano educativo individualizzato con l’insegnante di sostegno, l’altro docente compresente in classe, l’eventuale educatore o l’assistente all’autonomia, a volte da soli e a volte con quel piccolo gruppetto che è a scuola. Non è stato l’optimum, ma è stato sempre meglio dell’anno scorso, quando quasi tutti i nostri alunni con disabilità non sono riusciti a seguire la Dad. Un vero disastro dal punto di vista dell’apprendimento e della socializzazione: in certi casi abbiamo assistito perfino a una regressione. E poi niente uscite, niente gite, niente teatro, tutte attività che diventano bei ricordi, non solo belle esperienze. Almeno per le elementari, quest’anno di covid equivale a due anni di scuola persi", conclude perentoria de Berardinis.

Ma non tutti i ragazzini disabili hanno avuto la fortuna di andare a scuola durante la chiusura, con o senza compagni di classe. Virginia, per esempio, al liceo musicale de L’Aquila è stata di fatto sola con docente e assistente. Stessa cosa, sempre nella stessa città, anche per Jacopo e David, di otto e undici anni, entrambi con autismo. "Hanno accorpato due plessi per cui i due fratelli sono stati insieme", racconta mamma Francesca. "Certo, l’ideale sarebbe stato che con loro ci fosse anche qualche compagno di classe", così come la circolare ministeriale prevede. «Ma è anche vero che così siamo stati più al sicuro da eventuali contagi, che mi terrorizzano". Invece Mario e Matteo, entrambi con la sindrome X Fragile, sono stati di nuovo a casa. Abitano a Roma. "In teoria la legge prevede la frequenza con un piccolo gruppo di compagni di classe. In pratica ho fatto richiesta", dice la madre Viviana, "ma le maestre di sostegno vengono a scuola in treno e sono potenziali vettori del virus. Mi hanno fatto capire che mi dovevo arrangiare da sola". Speriamo non ricapiti più.

(L’articolo è tratto dal numero di SuperAbile INAIL di aprile, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)