“Adesso che sei qui”: affetto e cura illuminano l’Alzheimer
Una zia senza figli e una nipote che è cresciuta con lei, il loro rapporto scandisce le pagine del romanzo di Mariapia Veladiano. Una relazione confidenziale in cui si insinua come un ospite sgradito "il tedesco, signor Alzheimer"
Una zia senza figli e una nipote che è cresciuta con lei: il loro rapporto scandisce le pagine del romanzo “Adesso che sei qui” di Mariapia Veladiano, per i tipi di Guanda. Una relazione confidenziale quella tra Andreina e Camilla, in cui si insinua come un ospite sgradito "il signor Alzheimer", "il tedesco" che si voleva ignorare e non riconoscere. "L’esordio non è quando la malattia si manifesta al mondo. È quando il mondo la vede. Si rassegna a vederla dopo averle negato in corsa l’esistenza". Perché spaventa sia chi la vive sulla sua pelle, sia chi è vicino: "Noi impariamo a non vedere la sua e la nostra paura. In fondo può sempre essere solo una distrazione. La malattia non arriva di sorpresa, non dà una randellata e non ci prende per i piedi trascinandoci in un qualche suo altrove". L’autrice prende per mano in questo percorso di consapevolezza, descrivendo quanto sia doloroso lo svelamento, e, prima di tutto, il dramma che ne consegue: la perdita di memoria e di punti di riferimento. Eppure l’iniziale smarrimento fa posto all’affetto reciproco ("Non era mia madre ma io ero sua figlia", confessa Andreina), espresso con un accudimento che illumina anche i momenti bui. "Adesso che sei qui, il mondo comincia per me», dice Camilla alla nipote caregiver, che a sua volta accetta di farsi aiutare.
(La recensione è tratta dal numero di SuperAbile INAIL di marzo, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)
Laura Badaracchi