“Wild”, affascinante rispetto. Una pagina Instagram interamente dedicata agli animali selvatici in Alto Adige

Sono oltre 200 le foto che Markus Moling, rettore del Seminario maggiore e professore di filosofia allo Studio teologico accademico di Bressanone, ha postato sulla sua pagina Instagram.

“Wild”, affascinante rispetto. Una pagina Instagram interamente dedicata agli animali selvatici in Alto Adige

Ad attirare l’attenzione è stato quel suo caratteristico “hup-hup-hup”. È iniziata la stagione degli amori e i maschi si fanno sentire. Giusto il tempo per guardarsi attorno, prendere bene la mia e… click! La cresta di piume rosso-arancio che terminano con una punta nera, il lungo becco ricurvo, le ali e la coda a strisce bianche e nere. Ad essere immortalato dall’obiettivo fotografico in un bosco dell’Alto Adige è un elegante esemplare maschio di upupa. Una vera sorpresa per Markus Moling, autore della foto. “È stato emozionante – racconta al Sir – ho riconosciuto il suo canto e poi me lo sono ritrovato lì, davanti al mio obiettivo. Ma non sapevo ancora che le sorprese non sarebbero finite lì. Tornato a casa ho scaricato la foto sul pc e osservando la zampetta, ho notato che era un esemplare anellato. Ho postato allora la foto su un paio di siti di appassionati di ornitologia e nel giro di poco tempo è stato riconosciuto. Gli era stato messo l’anello di riconoscimento a Sempach, comune svizzero che dista circa 15 chilometri da Lucerna. L’esemplare ha svernato in Africa ed ora è tornato sulle Alpi. Non è andato in Svizzera, ma è arrivato da noi, in Alto Adige. E da come cantava, ho idea che se trova una compagna, quest’anno ‘mette su famiglia’ in Italia”.

Quella dell’upupa è una delle foto più recenti (in tutto sono oltre 200) che Markus Moling, rettore del Seminario maggiore e professore di filosofia allo Studio teologico accademico di Bressanone, ha postato sulla sua pagina Instagram. Una pagina interamente dedicata agli animali selvatici in Alto Adige.

“La pagina è nata nel giugno del 2021 – spiega Moling –. Osservare e documentare la fauna selvatica della nostra regione è, fin da bambino, una mia passione”. Una passione che Moling mette a disposizione anche degli altri. E non solo attraverso la sua pagina Ig. “Per monitorare le specie protette, l’Unione europea ha previsto dei censimenti di flora e fauna nel loro habitat. Specie come il gallo cedrone devono essere monitorate e qui in Alto Adige questo compito spetta alla Provincia, che può però coinvolgere e incaricare anche privati cittadini”. Come Moling, che è un appassionato osservatore di galli cedroni.

Ogni sua foto nasce da ore di appostamenti pazienti e silenziosi. “Ho una piccola tenda che porto con me – racconta – all’interno della quale mi nascondo per non disturbare gli animali. Per alcune specie è necessario realizzare nel bosco delle costruzioni, dei piccoli capanni da dove osservarli, senza dar loro fastidio. Perché la prima regola è quella di non disturbarli. Soprattutto nel periodo riproduttivo sono particolarmente sensibili. La foto documentativa non deve avere la priorità. Per questa ragione il nascondiglio è fondamentale”.

Rispetto, osservazione e attesa: in queste tre parole si riassume lo stile di chi desidera avvicinare gli animali selvatici. “Per fare una foto bisogna saper attendere e conoscere un po’ il comportamento degli animali, che non sono avvicinabili e fotografabili tutto l’anno. Ci sono periodi più accessibili e altri meno – spiega Moling – il momento migliore per fotografarli è al sorgere del sole (in questi giorni verso le 5.50), ma ci sono alcune specie per andare a fotografare le quali occorre anche partire di casa alle 2 di notte”.

Nel nostro tempo, in cui spesso realtà e fiction si intrecciano tra loro al punto da non riuscire più a distinguere quale è l’una e qual è l’altra, la parola “wild” ha un fascino particolare. Non a caso si preferisce usare il termine inglese al posto del più nostrano “selvatico”, che – pur avendo lo stesso identico significato – rimanda, invece, a qualcosa di più ruvido e rustico. “Wild” richiama il mistero, ma anche le ovattate rappresentazioni della natura che ci offrono cartoons e piccolo schermo.

“Wildtiere o wildlife sono termini che usiamo per distinguere gli animali che sono sotto la custodia dell’uomo e gli animali che possono convivere con l’uomo, vicino a casa sua, ma che però non vengono mantenuti direttamente da lui. Per questo motivo esprimono questa loro selvaticità, che per noi è affascinante ed ha un qualcosa di mistico, espressione di quella realtà della natura che non è ancora sottomessa all’uomo, una natura autonoma, che riesce a vivere anche senza l’uomo. Certo, l’uomo come figura centrale ha un grande impatto anche sugli animali selvatici, ma questi possono sopravvivere senza l’uomo”.

Ed è proprio questa selvaticità alla base dei problemi di convivenza tra uomini e animali selvatici. Problemi che non riguardano solo alcune specie di mammiferi – come ad esempio lupi ed orsi, di frequente alla ribalta delle cronache – ma anche altri animali, che nel comune immaginario di matrice disneyana, sembrano apparentemente innocui e invece non lo sono. “In montagna la presenza massiccia di ungulati come ad esempio caprioli e cervi, può danneggiare non solo l’agricoltura, ma anche la selvicoltura – spiega Moling –. I cervi, ad esempio, sono erbivori e mangiano molte piante. Un loro aumento di numero in un determinato territorio può compromettere la rigenerazione del bosco e la coltura dei campi. Per questa ragione è necessario creare un management degli animali selvatici, che regoli, anche tramite la caccia, il numero di esemplari presenti su un determinato territorio, così da ridurre al minimo il rischio di conflitti tra uomo e animali”. C’è poi un altro aspetto che è necessario tenere presente. “Il danno – sottolinea Moling – è sempre un qualcosa che viene visto dall’uomo stesso, secondo quella che è la sua prospettiva”. Se, ad esempio, un cervo o un capriolo va nottetempo a mangiare i fiori che trova nei masi o nei piccoli centri abitati di montagna, “lui sta facendo quello che è abituato a fare, mangia, bruca, non sa che sta danneggiando un bene altrui”. Stesso discorso vale per il lupo. “Occorre regolare il numero di capi, per minimizzare i conflitti con l’uomo – aggiunge Moling – e questo può far crescere anche l’accettazione di queste specie animali tra la popolazione. Non dimentichiamo, poi, che in prima fila nella convivenza con questi animali ci sono le persone che vivono in montagna”.

“Nella nostra regione, in cui forte è la presenza di turisti, è necessario ricavare degli habitat in cui alcune specie animali possano vivere senza essere disturbati dagli uomini. I tetraonidi, ad esempio, ossia il gallo cedrone, il gallo forcello, il francolino di monte e la pernice bianca, sono uccelli che necessitano di spazi dove poter vivere senza che la presenza dell’uomo metta a repentaglio la loro sopravvivenza”.

A Moling, che per l’attività di monitoraggio, trascorre diverse ore in montagna, abbiamo chiesto se abbia mai incrociato un orso o un lupo. “Ho visto le loro impronte, ma non li ho mai incontrati – racconta –. Se ho paura di loro? Per me è più pericoloso essere di notte in città che nei boschi. Se si ha un comportamento rispettoso degli animali, il pericolo non sono loro, il vero pericolo è quello di mettere il piede in fallo, scivolare e cadere anche per decine di metri”.

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Fonte: Sir