Vittime di tratta, Caritas Ambrosiana: "Aumentano violenze e maltrattamenti"
La denuncia sulla condizione delle donne e delle persone trans costrette a prostituirsi. La prostituzione si è spostata nelle case e on line. E c'è chi deve chiedere aiuto ai centri di ascolto per avere il pacco alimentare o vestiti caldi. Le storie di Sara e Jessica
“Le donne e le trans costrette a vendersi sulle strade di Milano subiscono violenze e abusi ancora maggiori che nel passato”. È l'amara constatazione degli operatori di Avenida, l'unità di strada di Caritas Ambrosiana che si occupa delle donne vittime di tratta. La pandemia le ha rese ancora più isolate e più vulnerabili. “Il Coronavirus ha accelerato un processo che era in corso da tempo: la prostituzione si è ancora di più spostata dalla strada all’indoor e all’online, fenomeno che di per sé rende le vittime ancora più invisibili, difficilmente avvicinabili se non dai clienti e sfruttatori, e quindi più sole – osserva suor Claudia Biondi, responsabile dell’area tratta e prostituzione di Caritas Ambrosiana –. Ma è successa anche un’altra cosa. Una parte di loro, quella più povera e meno attrezzata, sfruttata da sedicenti 'fidanzati', che operano in proprio o affiliati a micro gruppi criminali poco organizzati, non è riuscita ad adattarsi al cambiamento e oggi vive in condizioni di emarginazione ancora maggior che nel passato”.L'unità di strada Avenida nel 2020 ha incontrato circa 400 donne e trans. Durante il primo lockdown gli operatori hanno ricevuto 200 chiamate da donne che avevano bisogno di un aiuto e 50 di queste sono ora seguite direttamente.
In strada ci sono comunque soprattutto donne straniere. Su 132 donne incontrate, 71 erano romene (53%), 28 albanesi (21%), 23 nigeriane (17%) e 20 erano persone trans sudamericane (13 peruviane). Sono inoltre 37 le donne accolte nel 2020 nelle case protette e centri di accoglienza per le vittime di tratta. Complessivamente Avenida in dieci anni di attività ha avuto 8500 contatti totali in strada che le hanno permesso di conoscere (e cercare di aiutare) 2335 donne.Le storie raccolte dagli operatori di Caritas Ambrosiana dimostrano come la condizione delle donne in strada sia solo peggiorata. “Quando è scattato il coprifuoco e le strade si sono svuotate, Sara non è più riuscita a pagare l’affitto -racconta Caritas Ambrosiana-. Così ad un certo punto ha ceduto alla proposta di un suo cliente storico e si è trasferita da lui. Presto i suoi timori hanno trovato conferma. Le richieste di prestazioni sessuali in cambio dell’ospitalità si sono fatte sempre più insistenti. Quanti favori e di quale tipo fossero necessari a ripagare il debito non era stato stabilito. La sola cosa certa è che non si poteva dire di no. Così alle minacce sono seguite le violenze fisiche. Schiaffi, pugni e calci. Fino a che la situazione è diventata intollerabile e Sara ha scelto di andarsene a vivere in una tenda sotto il cavalcavia”.Jessica invece è quasi ridotta alla fame. “Quando l’aveva fatta arrivare in Italia dalla Romania, K. pensava di farci parecchi soldi e di sistemarsi, ma ora che la pandemia ha ridotto il giro di affari, Jessica è diventata solo un peso di cui è bene disfarsi il prima possibile. Per questo da mesi K. l’ha rimessa sul mercato. Peccato però che non ha trovato nessun altro disposto a prendersela e farla lavorare. Così è stato costretto a tenersela al campo. Jessica può rimanere. Per ora. Ma come procurarsi cibo e vestiti sono affari suoi. Così Jessica per sopravvivere va in parrocchia a prendere il pacco viveri. Anche il giaccone per l’inverno glielo ha passato la volontaria del guardaroba dei poveri”.Allo stato di schiavitù in cui sono tenute, che comprime se non annulla la loro libertà di avere relazioni al di fuori dell’ambiente che le tiene sotto scacco, si è aggiunto anche un livello di miseria materiale che non ha precedenti. Al punto che la gran parte di loro (il 70%) è dovuta ricorrere a forme di aiuto, come quello alimentare, di cui non aveva avuto bisogno prima. Proprio la mappa dei paesi di provenienza è l’altro dato che denuncia il cambiamento in corso. Continua, in particolare, il calo delle nigeriane (17%), la terza nazionalità dopo quella albanese (21%).
Con la diminuzione degli sbarchi sulle coste italiane dal 2018 in poi, la presenza sulle strade di Milano delle donne provenienti dal paese africano è andata diminuendo. Diverse fonti e l’osservazione degli operatori umanitari sul campo, con cui Caritas Ambrosiana è in contatto, sostengono che le donne che non sono riuscite ad attraversare il Mediterraneo sono rimaste prigioniere nei campi di detenzione libici e lì, per sopravvivere e sperare di raccogliere i soldi sufficienti a continuare il viaggio, si offrono ai loro stessi carcerieri. Nel frattempo, inoltre, la mafia nigeriana, molto strutturata e capace di controllare insieme alla tratta anche il traffico di droga, ha riorganizzato i flussi. Da quando la rotta mediterranea si è interrotta, i clan malavitosi hanno trovato più conveniente orientare le donne, in genere reclutate nei villaggi rurali dello stato di Edo, verso gli altri paesi subsahariani.
In particolare uno sbocco che è risultato molto profittevole è stato il Niger dove le ragazze vengono costrette a vendersi agli uomini impegnati nell’estrazione dell’oro nelle miniere. Quello che non è cambiato è stata la domanda. La richiesta di sesso a pagamento non si è mai fermata e vince anche la paura del contagio come emerge dalla continua azione di monitoraggio che le operatrici di Avenida fanno costantemente sui forum in rete dei clienti. “Anche nei mesi più duri della pandemia, quando a Bergamo sfilavano i camion dell’esercito con le casse dei defunti che non potevano essere seppelliti nel cimitero cittadino, non abbiamo mai sentito nessuno preoccuparsi di esporre al contagio se stessi, le proprie mogli e familiari, le stesse donne con le quali andavano. In cima ai pensieri dei clienti c’era piuttosto, cinicamente, il timore che le donne potessero aumentare il prezzo per rifarsi dei mancati guadagni”, osserva Nadia Folli, dell’unità di strada Avenida. “Da un lato serve un sussulto di coscienza da parte dei clienti: non è possibile ridurre quelle donne a dei corpi senza anima, sentimenti, paure, bisogna imparare a guardare il dramma che c’è dietro le loro storie – osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana - Dall’altro, se si vuole davvero sottrarre le vittime di tratta a chi le sfrutta, non è sufficiente offrire loro accoglienza, ma reali opportunità di inserimento nel mercato del lavoro. La crisi sociale che si è aperta con la pandemia non può essere un alibi per dimenticarsi degli ultimi, ma al contrario deve essere un’occasione per ripartire da loro”. Sabato 6 febbraio, Caritas ambrosiana, Centro Pime e Mani Tese e in collaborazione con Ucsi Lombardia promuovono in occasione della giornata mondiale contro la tratta 2021 il webinar "Tratta, prostituzione e schiavitù. Nuove frontiere e nuove sfide". L’incontro sarà trasmesso in diretta streaming dalle 10 alle 12. Intervengono Laurence Hart, direttore ufficio Oim per il mediterraneo, Cinzia Bragagnolo, coordinatrice numero verde antitratta, Manuela de Marco, ufficio politiche migratorie e protezione internazionale di Caritas italiana, Nello Scavo, giornalista di Avvenire, esperto di migrazioni.