Visita del Grande Imam di al-Azhar in Iraq. Dopo Papa Francesco prove di dialogo tra sunniti e sciiti
Dettagli precisi su data e programma devono ancora essere definiti. Ma la notizia è confermata: il Grande Imam di al-Azhar Sheikh Ahmad Al-Tayyeb visiterà l'Iraq dove incontrerà tutte le componenti della società irachena. È uno degli esponenti di spicco del mondo sciita iracheno, Sayyed Jawad Mohammed Taqi Al-Khoei, a presentare al Sir il contesto e le implicazioni di questa visita. “Le relazioni cordiali tra musulmani sciiti e sunniti sono continuate anche nei momenti più difficili della storia. Certo, a volte queste relazioni sono tese a causa di conflitti politici, ma abbiamo convissuto per secoli”. “Alcuni attori - aggiunge - vogliono che queste relazioni si inaspriscano, ma in realtà stiamo assistendo a uno dei periodi migliori per il dialogo interreligioso e intra-religioso”
Si profila una visita del Grande Imam di al-Azhar Sheikh Ahmad Al-Tayyeb, in Iraq e un suo incontro con il Grande Ayatollah Ali al-Sistani. Le due “anime” dell’islam sunnita e sciita si guardano e decidono, anche loro, sulla scia di Papa Francesco e nel contesto del Documento di Abu Dhabi, di intraprendere la strada dell’incontro. A confermare la notizia al Sir è uno degli esponenti di spicco del mondo sciita iracheno, Sayyed Jawad Mohammed Taqi Al-Khoei, segretario generale dell’Istituto Al-Khoei di Najaf nonché nipote del Grande Ayatollah Abu Al-Qasim Al-Khoei (1899 – 1992). “Sono molti anni che il Grande Imam di Alzhar Sheikh Ahmad Al-Tayyeb desidera visitare l’Iraq”, spiega. “Siamo lieti che abbia annunciato la sua imminente visita in Iraq dove incontrerà tutte le componenti della società irachena. Ha ricevuto inviti ufficiali dalle autorità irachene ma i dettagli precisi su data e programma devono ancora essere definiti”.
Tra sunniti e sciiti i rapporti bilaterali sono praticamente inesistenti da secoli. È un campo di dialogo molto delicato. Quanto è importante che le due anime dell’Islam si incontrino? Quali sono le aspettative?
Le relazioni cordiali tra musulmani sciiti e sunniti sono continuate anche nei momenti più difficili della storia. Certo, a volte queste relazioni sono tese a causa di conflitti politici, ma abbiamo convissuto per secoli. Nel 2015 i leader musulmani sunniti e sciiti si sono incontrati a Roma per discutere della crisi in Iraq, e ogni anno ci sono visite reciproche tra leader religiosi e organizzazioni. L’ex Grande Imam di Al-Azhar Tantawi ha persino studiato per un po’ di tempo a Najaf sotto il Grande Ayatollah Al-Khoei. Un altro ex Grande Imam Shaltout ha persino riconosciuto ufficialmente l’Islam sciita come una delle scuole dell’Islam. Abbiamo anche fatto studiare molti religiosi sciiti ad Al-Azhar. Dal 2003, abbiamo incontrato più volte il Grande Imam di Al-Azhar e anche il Gran Mufti d’Egitto. Solo il mese scorso, i leader iracheni sciiti e sunniti si sono incontrati per una conferenza interreligiosa alla Mecca.
Alcuni attori vogliono che queste relazioni si inaspriscano, ma in realtà stiamo assistendo a uno dei periodi migliori per il dialogo interreligioso e intra-religioso.
In che modo la visita di Papa Francesco in Iraq può aver influenzato questa evoluzione nei rapporti tra Al-Tayyeb e il Grande Ayatollah al Sistani?
Abbiamo sempre voluto che i leader religiosi si incontrassero. Sono simboli di convivenza e tolleranza, seguiti da milioni di fedeli e il loro incontrarsi dà agli operatori di pace di tutto il mondo la forza e l’incoraggiamento per continuare il loro impegno interreligioso.
Più i leader religiosi si incontrano, più diventa facile mostrare alle persone che in sostanza non abbiamo conflitti religiosi tra di noi, ma piuttosto tutti aspiriamo al rispetto della dignità umana.
Qual è il contributo “duraturo” che il Papa ha lasciato in Iraq e come continuare affinché il dialogo tra i leader religiosi diventi vera pace per tutti?
La storica visita del Papa in Iraq ha inviato al mondo intero un messaggio positivo dicendo che in Iraq c’è speranza oltre che sicurezza. È stato anche un messaggio dall’Iraq al mondo per dire che gli iracheni, indipendentemente dalla loro razza o estrazione confessionale o religiosa, sono aperti all’accoglienza e che il popolo vuole vivere e coesistere insieme.
È stato anche un messaggio importante rivolto anche ai cristiani iracheni per dire che l’Iraq è la loro patria e incoraggiare chi è sfollato, a tornare a casa.
I leader si incontrano. Ma i popoli sono pronti ad entrare in dialogo? Come promuovere la guarigione delle memorie e un futuro di pace possibile?
Le persone guardano e seguono i loro leader. Noi crediamo che quando c’è dialogo tra leader cristiani e musulmani o leader musulmani sunniti e sciiti, l’incontro possa avere un impatto diretto sul modo in cui le persone guardano all’altro. Se la gente non fosse stata pronta, il Papa non avrebbe potuto visitare l’Iraq e il Grande Imam di Al-Azhar non avrebbe potuto visitare questo Paese. A volte le persone possono essere ancora più aperte l’una verso l’altra rispetto ai loro leader.
Esiste quindi un sostegno reciproco al dialogo che parte dalla base e arriva ai leader e viceversa. È un processo virtuoso da incoraggiare perché si riflette sul campo, nelle nostre comunità.