Vino, poca produzione e ricavi incerti. Una vendemmia complessa e vendite all’estero difficili fanno pensare molto i vitivinicoltori

Andamenti in parte positivi e in parte negativi, dunque, attese di mercato e degli eventi che lo possono influenzare, effetti del clima sempre più imprevedibile

Vino, poca produzione e ricavi incerti. Una vendemmia complessa e vendite all’estero difficili fanno pensare molto i vitivinicoltori

Meno vino e minor presenza sui mercati mondiali (e non solo). E’ una sorta di inverno del vino italiano, quello a cui si sta assistendo. Colpa davvero del clima, per certi aspetti, e dell’economia per altri. Il segnale, comunque, di quanto sia delicato l’equilibrio delle produzioni alimentari.
Nel corso degli ultimi giorni, sono almeno due le indicazioni che devono far pensare i vitivinicoltori: la revisione al ribasso delle stime relative alla vendemmia 2023, i dati che arrivano sia dai mercati internazionali che da quelli interni.
Si ferma all’interno di una forbice tra 38 e 40 milioni di ettolitri la produzione vitivinicola italiana 2023. È quanto emerge dalla revisione delle stime annunciate a settembre dall’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini (Uiv), che ha registrato un ulteriore alleggerimento rispetto ai valori della vendemmia 2022. Detta in percentuale, la contrazione dovrebbe stare il -20% e -24%era il -12% a settembre. Taglio importante, dunque, dovuto in particolare alla riduzione del raccolto nelle principali regioni produttive del Nord, Veneto (-10%) e Piemonte (-17%), ma anche in altre aree come quelle di Toscana (-30%), Puglia (-30%), Abruzzo (-60%) e Sicilia (-45%). Come mai tutto questo? Secondo l’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Uiv, l’ulteriore diminuzione è da imputare all’andamento climatico: le vigne hanno vissuto un’estate settembrina che ha significato in molti casi una qualità migliore ma una quantità molto al di sotto del normale.
Poi ci sono i mercati. In Italia, ma soprattutto nel mondo, pesano secondo Federvini, “le incertezze legate alla limitata crescita del PIL e al trend dell’inflazione”. Stando all’ultimo studio di questa associazione insieme a Nomisma e TradeLab, il clima internazionale si è fatto sentire anche sulle etichette italiane. “Sul fronte delle esportazioni dei vini – spiega una nota -, l’Italia registra nei primi otto mesi del 2023 una flessione pari allo 0,7% a valore ma una tenuta sul fronte dei volumi (+0,8%)”. Certo, non si tratta di numeri pesantemente negativi (anzi), ma di segnali che devono essere presi con grande attenzione. Tenendo pure conto, ad esempio, che gli spumanti italiani nel mondo hanno visto crescere le vendite e che in alcuni mercati le esportazioni sono andate alla grande. E bene anche sono andate le vendite interna nei canali della grande distribuzione organizzata. Contrastate, invece, quelle del cosiddetto “fuori casa”, cioè i consumi effettuati nei locali che, stando sempre a Federvini, sono crollati in estate e hanno tenuto negli altri mesi. Segnale, quest’ultimo, che indica molto il clima di incertezza diffuso tra i consumatori e che spinge ad acquisti in alcuni casi più attenti, in altri meno. Ancora Federvini spiega: “Nel periodo tra gennaio e settembre in dettaglio gli aperitivi serali crescono del 3% in termini di presenze e del 5% a valore, la cena vede un +1% di presenze e un +4% a valore, mentre crollano le occasioni dopocena e notturne (-14% in presenze e consumi)”.
Andamenti in parte positivi e in parte negativi, dunque, attese di mercato e degli eventi che lo possono influenzare, effetti del clima sempre più imprevedibile e comunque “contrario alla tradizione”, grande peso delle aspettative generale dell’economia. Incertezza, dunque. E capacità di resilienza. E’ tutto questo a popolare pensieri e dialoghi tra gli addetti ai lavori. Su tutto, poi, un’indicazione che se da un lato sa di già visto, dall’altro è davvero forse l’unica strategia da seguire: fare sistema di fronte alle sfide internazionali.

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Fonte: Sir