Verso dove camminiamo? Per cosa vale la pena vivere? Di fronte alla fatica, allo smarrimento “ricordiamo dove è diretta la nostra vita”

È in questo aver fede che Gesù invita a superare il turbamento: non si tratta solo di una richiesta di fiducia, ma è appello forte ad avere una fede capace di vincere il male, una fede più forte e più tenace del male.

Verso dove camminiamo? Per cosa vale la pena vivere? Di fronte alla fatica, allo smarrimento “ricordiamo dove è diretta la nostra vita”

Il Vangelo di Giovanni, in questa quinta domenica di Pasqua, e nella prossima, ci fa rivivere il clima dei discorsi d’addio, quelle ultime parole che si pronunciano al termine della vita e che hanno un carattere del tutto particolare. Gesù è consapevole che i suoi giorni si avviano alla conclusone, i discepoli invece non sembrano comprendere il tempo che stanno vivendo, e interrompono il Signore con domande che manifestano la loro incapacità di capire. Eppure, aveva già detto loro che era già giunto il tempo in cui tutto si sarebbe concluso. Infatti, non è un caso che le pagine del quarto Vangelo che leggiamo in queste due domeniche precedono il racconto della passione.
Di fronte allo smarrimento, alla difficoltà di capire, Gesù risponde alle domande con parole di speranza: “io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. L’incredulo Tommaso gli dice: “Signore non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via”. E Filippo: “Signore mostraci il Padre e ci basta”. Eppure, la pagina del Vangelo, e quindi il dialogo con i discepoli, inizia proprio con le parole “non sia turbato il vostro cuore”. Gesù, infatti, stava preparando i suoi al momento in cui non lo avrebbero più potuto vedere, ben sapendo che la nuova situazione sarebbe stata molto difficile da capire: “nella casa del Padre mio vi sono molte dimore […] vado a prepararvi un posto”.
È in questo aver fede che Gesù invita a superare il turbamento: non si tratta solo di una richiesta di fiducia, ma è appello forte ad avere una fede capace di vincere il male, una fede più forte e più tenace del male.
Gesù, infatti, non abbandona i discepoli, ricorda Francesco nelle parole che pronuncia al Regina caeli, ma “va a preparare un posto per loro” e indica così “a tutti noi il meraviglioso luogo dove andare, e allo stesso tempo ci dice come andarci e ci mostra la via da percorrere”. Per il Papa, il fatto che Gesù usi “l’immagine familiare della casa, luogo delle relazioni e dell’intimità”, ci dice che anche noi siamo i benvenuti e saremo accolti “dal calore di un abbraccio”. Non si è separato da noi, aggiunge, ma “ci ha aperto la strada, anticipando la nostra destinazione finale: l’incontro con Dio Padre”.
Per questo non dobbiamo perdere di vista la meta, continua il vescovo di Roma, “anche se oggi corriamo il rischio di scordarcelo, di dimenticare le domande finali, quelle importanti: dove andiamo? Verso dove camminiamo? Per cosa vale la pena vivere? Senza queste domande, schiacciamo la vita solo sul presente, pensiamo che dobbiamo goderla il più possibile e finiamo per vivere alla giornata, senza uno scopo, senza un traguardo”.
Ecco che la risposta data a Tommaso diventa anche la risposta alla nostra domanda, perché è Gesù “la via da seguire per vivere nella verità e avere la vita in abbondanza”. Di fronte alla fatica, allo smarrimento, e persino al fallimento “ricordiamo dove è diretta la nostra vita”; e inoltre, “viviamo il presente – sono le parole del Papa – ma senza lasciarci travolgere; guardiamo in alto, al Cielo, ricordiamoci la meta, pensiamo che siamo chiamati all’eternità, all’incontro con Dio”. Parole, queste, che riportano alla mente quanto ha scritto l’anonimo estensore della lettera A Diogneto: per i cristiani “ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera […] vivono sulla terra ma hanno la loro cittadinanza in cielo”, in quella Gerusalemme celeste che è la meta ultima.
Dopo la recita della preghiera mariana il pensiero di Francesco va a Pompei, in occasione della supplica alla Madonna del Rosario nel santuario dedicato alla pace per volere del beato Bartolo Longo: “in questo mese di maggio preghiamo il Rosario chiedendo alla vergine Santa il dono della pace, in particolare per la martoriata Ucraina. Possano i responsabili delle nazioni ascoltare il desiderio della gente che soffre e vuole la pace”.
Infine, il Papa ha parole per l’associazione Meter, e per il fondatore don Fortunato Di Noto: “da 30 anni difendono l’infanzia dai soprusi e dalle violenze. Vi sono vicino, fratelli e sorelle e vi accompagno con la preghiera e il mio affetto. Non stancatevi mai di stare dalla parte di chi è vittima, lì c’è Cristo Bambino che vi aspetta”.

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Fonte: Sir