Vangelo, parola di misericordia. Accogliere la parola di Dio è sempre un oggi perché è qui e adesso che ci interpella
Anche noi oggi “siamo interpellati dalla presenza e dalle parole di Gesù; anche noi siamo chiamati a riconoscere in lui il Figlio di Dio, il nostro Salvatore”

“Guerre, ingiustizie, dolore non avranno l’ultima parola”. Angelus in piazza San Pietro nella domenica della Parola di Dio, giornata che conclude il giubileo dei giornalisti ai quali dice: “siate sempre narratori di speranza”. Ci sono i ragazzi dell’Azione cattolica a conclusione del mese della pace; due di loro sono accanto al Papa e esprimono un sogno: “quanto sarebbe bello se anche i grandi della terra passassero la Porta Santa, mano nella mano. È un sogno sì, ma ci crediamo tanto. Sarebbe un regalo se passassero la Porta Santa, ripensando a tutti i bambini vittime della violenza, soli o malati, segnati dalla guerra e pensando alle lacrime di tante mamme, papà, nonni e nonne. Così riuscirebbero a far star zitte le armi!”
Pace, dunque. In Sudan il conflitto iniziato nell’aprile del 2023 “sta causando la più grave crisi umanitaria nel mondo, con conseguenze drammatiche anche nel Sud Sudan”, ha detto il Papa, che esprime vicinanza alle popolazioni, e invita “alla fraternità, alla solidarietà, ad evitare ogni sorta di violenza, a non lasciarsi strumentalizzare”. Di qui l’appello alle parti “affinché cessino le ostilità e accettino di sedere a un tavolo di negoziati”. Alla comunità internazionale Francesco chiede di “fare tutto il possibile per far arrivare gli aiuti umanitari necessari agli sfollati e aiutare i belligeranti a trovare presto strade per la pace”.
Pace in Colombia, la violenza dei gruppi armati ha provocato vittime civili e trentamila sfollati.
In queta domenica vigilia della Giornata della Memoria a ottanta anni dalla liberazione del campo di Auschwitz, il Papa afferma che “l’orrore dello sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi avvenuto in quegli anni non può essere né dimenticato né negato”. Ricorda i tanti cristiani, tra i quali numerosi martiri, e rinnova il suo appello “affinché tutti collaborino a debellare la piaga dell’antisemitismo, insieme a ogni forma di discriminazione e persecuzione religiosa. Costruiamo insieme un mondo più fraterno, più giusto, educando i giovani ad avere un cuore aperto a tutti, nella logica della fraternità, del perdono e della pace”.
Domenica della Parola di Dio, Papa Francesco si sofferma sul brano del Vangelo di Luca, ovvero Gesù nella sinagoga di Nazaret, la città delle sue origini, della sua famiglia terrena. Seduto tra gli anziani del tempio legge un passo di Isaia e mette i suoi interlocutori “di fronte alla scelta sulla sua identità e missione”, afferma il Papa.
Proviamo a immaginare la scena. Lo conoscono tutti, è cresciuto a Nazaret, è il figlio del falegname Giuseppe, e ha sempre frequentato la Sinagoga il sabato. Gesti abituali e normali, possiamo dire, se non fosse per il passo del profeta Isaia: “lo spirito del Signore Dio è su di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”. Poi riavvolge il rotolo, scrive Luca, e sicuramente, nel silenzio carico di attenzione della sala, tutti gli occhi sono stati rivolti alla sua persona, nell’attesa del commento: “oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltato”. Un “oggi” che diventa messaggio e invito: accogliere la parola di Dio è sempre un oggi perché è qui e adesso che ci interpella.
Se in sinagoga “nessuno poté fare a meno di interrogarsi: è solo il figlio del falegname che si arroga un ruolo che non gli appartiene, oppure è veramente il Messia”, dice il Papa, anche noi oggi “siamo interpellati dalla presenza e dalle parole di Gesù; anche noi siamo chiamati a riconoscere in lui il Figlio di Dio, il nostro Salvatore”. Anche noi dobbiamo chiederci: “mi sento bisognoso di questa salvezza, sento che anch’io in qualche modo sono povero, prigioniero, cieco, oppresso?” Il Vangelo è “parola di compassione, che ci chiama alla carità, a rimettere i debiti del prossimo e a un generoso impegno sociale”. È “parola di misericordia”, che ci chiama a essere “testimoni appassionati di pace, di solidarietà, di riconciliazione”. Guerre, ingiustizie “non avranno l’ultima parola, il Vangelo è parola viva e certa, che mai delude”.