Un’estate in classe. Potrebbe l’apertura delle scuole in estate riparare in parte ai danni che ormai si sono verificati?
La domanda/risposta sulla scuola in estate si colloca in un contesto ampio, che esordisce, tra l’altro, con un giudizio sulla Didattica a distanza, che per gli intervistati non è lusinghiero.
“Mantenendo la fine dell’anno scolastico a metà giugno, si propone di tenere aperte le scuole sino alla fine del mese di luglio per organizzare attività educative, gratuite e non obbligatorie, di laboratorio e di socializzazione anche all’esterno (teatro, musica, sport, lingue, visite, ecc.) per ragazzi e bambini in vista di un ritorno alla normalità in settembre. L’eventuale partecipazione degli insegnanti sarebbe su base volontaria e retribuita. Con questa proposta lei è: d’accordo (70%); non d’accordo (22%); non sa (8%)”.
E’ una delle domande/risposte contenute nell’indagine condotta dall’Istituto Demopolis per l’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, su un campione demoscopico stratificato di 2.004 intervistati, statisticamente rappresentativo dell’universo della popolazione italiana maggiorenne.
Il sondaggio – spiega l’Istituto – è stato realizzato dal 23 al 26 marzo 2021. Accanto alla popolazione italiana nel suo complesso sono stati analizzati anche alcuni target particolarmente significativi con rilevazioni mirate su campioni ragionati di genitori con figli minorenni, insegnanti, rappresentanti del Terzo Settore.
La domanda/risposta sulla scuola in estate si colloca dunque in un contesto ampio, che esordisce, tra l’altro, con un giudizio sulla Didattica a distanza, che per gli intervistati non è lusinghiero. Infatti, spiega l’Istituto, “appena 3 su 10 la valutano positivamente. Fra i genitori di figli in età scolare, il dato cresce al 34%, e raggiunge il 48% fra gli insegnanti. Pur essendo riconosciuta oggi una migliore organizzazione rispetto alla fase emergenziale, un problema – sociale ancora prima che scolastico – grava più di altri sul bilancio della didattica a distanza: per il 51% dei genitori italiani, a 12 mesi di distanza, in Dad non ha ancora garantito un accesso adeguato a tutti gli studenti”.
Andando un po’ più in profondità nell’analisi, tra le valutazioni offerte dai genitori di bambini e ragazzi in età scolare (5-17 anni) le criticità della Dad, dopo un anno di operatività, restano la distrazione degli studenti durante le lezioni (73%), ma anche la complessa situazione emotiva dei ragazzi (63%) e la scarsa dotazione tecnologica delle case (51%), limite segnalato con maggiore evidenza dagli insegnanti (68%).
Insomma, l’anno appena trascorso (a cominciare dall’acuirsi dell’emergenza pandemica) è stato davvero problematico sul versante scolastico e l’indagine di Demopolis – spiega il direttore dell’Istituto, Pietro Vento – “conferma il costo sociale ed evolutivo imposto dall’emergenza e dalla chiusura prolungata delle scuole su bambini e ragazzi, con effetti consistenti sull’incremento delle disuguaglianze e della povertà educativa tra i minori nel nostro Paese. Nell’anno del Covid, un vastissimo orizzonte di normalità relazionale, di dinamiche sociali, di occasioni di apprendimento è stato precluso ai minori. L’83% dei genitori testimonia come l’aspetto maggiormente negativo nella didattica a distanza, per bambini e ragazzi, sia stata l’assenza di relazioni con i compagni”.
L’indagine è un tassello in più rispetto a un quadro già descritto più volte. Potrebbe l’apertura delle scuole in estate riparare in parte ai danni che ormai si sono verificati? Non è escluso. Di fatto ipotizzare un tempo di attenzione educativa speciale per i più giovani può essere un’idea e il Ministero starebbe preparando un piano apposito. Bisognerà vedere se le famiglie in particolare sapranno passare dall’analisi critica all’atteggiamento propositivo. Perché ciascuno deve fare la propria parte e non senza fatiche.