“Un colpo di fortuna” di Allen e “Palazzina LAF” di Riondino. Su Sky “Non ci resta che il crimine. La serie”
Ottantotto anni in questi giorni, classe 1935, Woody Allen brinda con il suo 50° film al cinema. Dal 6 dicembre è nelle sale con Lucky Red “Un colpo di fortuna. Coup de Chance”, dark comedy acuta ed esilarante. Sempre al cinema, l’esordio alla regia di Michele Riondino, “Palazzina LAF”, già in cartellone alla 18a Festa del Cinema di Roma. Un’opera grintosa e convincente, che mette a tema la difesa dei diritti dei lavoratori affrontando il primo caso di mobbing in Italia. Su Sky e Now dal 1° dicembre spazio all’umorismo a briglia sciolta con “Non ci resta che il crimine. La serie”, sequel della trilogia cinematografica di Massimiliano Bruno. Il punto Cnvf-Sir
Ottantotto anni in questi giorni, classe 1935, Woody Allen brinda con il suo 50° film al cinema. Dal 6 dicembre è nelle sale con Lucky Red “Un colpo di fortuna. Coup de Chance”, presentato fuori Concorso a Venezia80. Una dark comedy acuta ed esilarante ambientata a Parigi, che ricorda tanto il riuscito “Match Point” (2005). Un film splendido, spassoso, tagliente, che la fotografia di Vittorio Storaro esalta al meglio. Sempre al cinema, l’esordio alla regia di Michele Riondino, “Palazzina LAF”, già in cartellone alla 18a Festa del Cinema di Roma. Un’opera grintosa e convincente, che mette a tema la difesa dei diritti dei lavoratori affrontando il primo caso di mobbing in Italia. Nel cast gli ottimi Vanessa Scalera, Elio Germano e Paolo Pierobon, come pure la magnifica voce di Diodato con il brano “La mia terra”. Su Sky e Now dal 1° dicembre spazio all’umorismo a briglia sciolta con “Non ci resta che il crimine. La serie”, sequel della trilogia cinematografica di Massimiliano Bruno. Marco Giallini, Gian Marco Tognazzi e Giampaolo Morelli ritrovano i loro personaggi in un viavai nel 1970.
Il punto Cnvf-Sir.
“Un colpo di fortuna” (Cinema, 06.12)
Il celebre regista di New York, tra i portabandiera della New Hollywood, ha firmato il suo 50° film al cinema. Scorrendo la filmografia di Woody Allen, è difficile indicare quali siano i film più significativi. Tratto caratterizzante, di certo, è l’amore per la sua città, Manhattan, più volte al centro dei suoi racconti, come in “Io e Annie” (1977), “Manhattan” (1979) o “Misterioso omicidio a Manhattan” (1993). Come non citare, però, anche i fantastici “Il dormiglione” (1973), “Zelig” (1983) o “La rosa purpurea del Cairo” (1985)? Dagli anni Duemila Allen ha iniziato a esplorare l’orizzonte urbano europeo, mettendo in scena commedie brillanti, amare o sognanti: “Match Point” (2005), “Scoop” (2006), “Midnight in Paris” (2011), “Vicky Cristina Barcelona” (2008) e “To Rome with Love” (2012).
Allen è tornato dietro alla macchina da presa con “Un colpo di fortuna. Coup de Chance”, cimentandosi per la prima volta in una lingua diversa dall’inglese: ha scelto di girare di nuovo a Parigi e questa volta in francese.
Protagonisti di questa dark comedy con pennellate romance sono Lou de Laâge, Melvil Poupaud, Valérie Lemercier e Niels Schneider.
La storia. Parigi oggi, Fanny è una giovane trentenne esperta d’arte, sposata con il benestante Jean, che la ricopre di attenzione e regali. Tutto è perfetto, la loro relazione sembra solida e affiatata. Quando Fanny incontra un ex compagno di liceo, Alain, le certezze vacillano pericolosamente…
Woody Allen fa di nuovo centro, confezionando un film acuto e sofisticato. Irresistibile.
La storia è apparentemente semplice, ma la penna di Allen si conferma abile ed esperta, in ottima forma. La sceneggiatura è ben cesellata, senza cedimenti, capace di condurre lo spettatore per svolte impreviste e spiazzanti, regalando un valzer finale nerissimo e assolutamente esilarante. Oltre all’impianto narrativo e agli ottimi attori in campo – fantastica Valérie Lemercier nel ruolo di Camille, la madre di Fanny –,
a conquistare è la confezione formale, tra ambientazione, messa in scena, atmosfere musicali e fotografia.
Grazie al sodalizio con il Premio Oscar Vittorio Storaro, Allen coglie tutta la magia di Parigi e al contempo ce la mostra con un’angolatura inedita, una Parigi che ricorda tanto la sua Manhattan. Con “Un colpo di fortuna” Woody Allen conferma dunque di essere ancora un grande autore con smalto e vis artistica sempreverde. Governa la commedia con maestria, oscillando tra scrosci di umorismo pungente e atmosfere noir sofisticate. Bentornato Woody! Film consigliabile, problematico, per dibattiti.
“Palazzina LAF” (Cinema 30.11)
Un esordio che lascia il segno. Parliamo del primo film da regista di Michele Riondino, “Palazzina LAF”, presentato alla 18a Festa del Cinema di Roma e in sala con Bim. A produrlo è la Palomar di Carlo Degli Esposti.
Un’opera che si posiziona con chiarezza nel perimetro del cinema di impegno civile, quello direzionato là dove i diritti sbiadiscono.
A firmare il copione insieme a Riondino è Maurizio Braucci e tra i riferimenti troviamo il cinema di Elio Petri, di Mario Monicelli come pure le suggestioni sul mondo impiegatizio di “Fantozzi”; a ben vedere, però, c’è anche tanto del cinema europeo alla Ken Loach o fratelli Dardenne.
La storia. Taranto anni ’90, Caterino è un operaio dell’Ilva. In ristrettezze economiche, accetta un ricatto dai vertici aziendali: spiare i colleghi, soprattutto quelli coinvolti con i sindacati. Così Caterino intasca una promozione e si inserisce tra le fila di quelli spediti alla palazzina LAF. Lì sono radunati i dipendenti etichettati come “problematici”, troppo vicini ai sindacati…
“È la storia di un caso giudiziario che ha fatto scuola nella giurisprudenza del lavoro. 79 lavoratori altamente qualificati costretti a passare intere giornate in quello che loro stessi hanno definito in tribunale ‘una specie di manicomio’”. Così Michele Riondino raccontando il suo film, una storia vera, quella di un’umanità “violata” sul posto di lavoro, messa in panchina, perché troppo “pretenziosa”, troppo sensibile all’articolo 1 della Costituzione.
Riondino picchia duro, proprio come Loach, mostrandoci una realtà di ieri, di fine anni ’90, che non è poi così distante dal nostro presente,
da situazioni in cui purtroppo i diritti ancora retrocedono, in cui i lavoratori che rivendicano migliori condizioni (anche il solo diritto alla gravidanza) vengono umiliati o estromessi. Riondino ha composto un film capace di unire cronaca, denuncia e umorismo nero. “Palazzina LAF” è un’opera che convince per stile e costruzione narrativa, dura e tagliente, ma mai del tutto tragica nei toni: il regista preferisce che l’intensità giunga attraverso il cortocircuito tra dramma e grottesco, tra realismo livido e farsa.Un film coraggioso, importante, di senso, con un cast ottimo:
Elio Germano, Vanessa Scalera, Anna Ferruzzo e Paolo Pierobon. Da ricordare l’intenso brano di Diodato “La mia terra”. Film consigliabile, problematico, per dibattiti.
“Non ci resta che il crimine. La serie” (01.12)
In cerca di leggerezza, Sky e la piattaforma Now programmano per il mese di dicembre “Non ci resta che il crimine. La serie”, sequel della nota trilogia cinematografica – “Non ci resta che il crimine” (2019), “Ritorno al crimine” (2021) e “C’era una volta il crimine” (2022) – ideata da Massimiliano Bruno. A produrla Sky Studios e Italian International Film della famiglia Lucisano.
La storia. Roma oggi, Moreno, Giuseppe e Claudio conducono vite agiate e stancamente ripetitive. Quando Giuseppe scopre, durante un trasloco, di essere stato adottato, si mette in testa di ritornare nel 1970 per avere notizie sui suoi veri genitori. Inevitabilmente gli amici lo seguono trovandosi al centro di uno scontro tra attivisti di destra e sinistra; si presenta così il rischio di cambiare corso alla storia. Ovviamente in maniera tragicomica…
Marco Giallini, Gian Marco Tognazzi e Giampaolo Morelli tornano a vestire i panni di un gruppo di amici truffaldini e pasticcioni, con il vizio di scorribande temporali. Dopo le incursioni negli anni ’80 o nel ventennio fascista, ora tocca al 1970, agli anni di piombo. “Abbiamo preso in esame – racconta Massimiliano Bruno – il fallito golpe di Valerio Junio Borghese nel 1970. La storia ci consegna un golpe da farsa, quasi grottesco. Con la nostra comicità ci siamo chiesti: e se invece fosse andato bene?”.
Dai primi episodi emerge come la serie si muova su un binario collaudato, dove la Storia è riletta in chiave comico-irriverente.
Più che il corpus narrativo, che soffre un po’ di soluzioni stiracchiate, a funzionare sono i tre interpreti, la loro evidente intesa. Al team si aggiungono Maurizio Lastrico e Liliana Fiorelli, mentre alla regia c’è anche Alessio Maria Federici. “Non ci resta che il crimine. La serie” strappa sì sorrisi, anche se qua e là la linea comedy traballa un po’ per la ripetitività. Per un pubblico adulto in cerca di evasione leggera. Consigliabile, brillante-problematica.