Turchia. Parla mons. Bizzeti. È continuo l’arrivo di migranti dall’Afghanistan. L'impegno di Caritas Anatolia
Turchia. È continuo l’arrivo di migranti dall’Afghanistan. Caritas Anatolia ha avviato progetti per sostenerli «I cristiani che giungono – spiega il vescovo Paolo Bizzeti – hanno bisogno anche di sostegno spirituale». Per sostenere l’impegno di Caritas Anatolia è possibile inviare il proprio aiuto con un versamento al conto 49349001 intestato a Caritas Anatolia presso lo IOR. Iban VA42001000000049349001, bic/swift IOPRVAVX, causale “Afghani - Caritas Anatolia”.
I migranti dall’Afghanistan c’erano già. Ma dopo la riconquista da parte dei talebani una nuova ondata di umanità sta bussando alle porte dell’Europa. Tra loro i cristiani non mancano, ma manca chi può portare loro i sacramenti di Cristo.
Mons. Paolo Bizzeti, gesuita, una lunga storia di servizio a Padova, dal 2015 è vicario apostolico dell’Anatolia. Dalla Turchia testimonia la scarsità delle forze delle sei parrocchie che comprendono la metà orientale del Paese. «Purtroppo – ci racconta al telefono – assistiamo alla diminuzione del numero degli operatori pastorali, anche per motivi belli. Mons. Massimiliano Palinuro, fino a poche settimane fa parroco di Trebisonda, proprio dove offrì la sua vita don Andrea Santoro, è stato nominato da papa Francesco vescovo di Istanbul. Siamo molto contenti per lui, perché è una persona valida e a Istanbul mancava il vescovo da quasi un anno. Ora però dobbiamo pensare alla parrocchia di Trebisonda, una comunità che stava risorgendo e che accoglie moltissimi rifugiati georgiani, iraniani, africani e afghani. Anche le due suore comboniane che lavoravano con i rifugiati iracheni sono dovute rientrare».
E i numeri aumenteranno. Sono già aumentati. «Arrivano dall’Afghanistan, dove la gente, con i talebani, sempre più rischia la vita. Sono un centinaio le famiglie giunte nell’ultimo mese e che si sono messe in contatto con altri rifugiati seguiti da anni da Caritas Anatolia. Spesso si tratta di donne sole con i loro bambini, rimaste vedove dopo che il marito è stato ucciso dai talebani».
Caritas Anatolia ha avviato la raccolta fondi per un progetto per «migliorare l’accesso ai bisogni di base per i rifugiati afghani vulnerabili nella regione dell’Anatolia, in particolare in alcune città dell’est Turchia». Tre gli obiettivi: una mensa, perché non hanno da mangiare; un laboratorio per insegnare alle ragazze a fare i tappeti, in modo che domani abbiano già un lavoro; e pagare degli affitti, perché non hanno una casa. Caritas Anatolia ha già stanziato 27.600 euro. Ne mancano 70 mila, ma il tam tam mediatico per cercare finanziamenti è già partito.
«La Turchia – spiega il vescovo Bizzeti – ha accolto già quattro milioni di rifugiati e con questa ulteriore ondata, così copiosa e improvvisa, è difficile intervenire. Eppure, la gente sta scappando ancora in tutti modi rischiando la vita, camminando per centinaia di chilometri attraverso le montagne per arrivare poi in una Turchia già piena di rifugiati. O riceveranno un aiuto dalle persone buone, oppure finiranno massacrati dal freddo e dalla fame».
E qui, tra la sofferenza umana, si incontrano diverse fedi nel Divino: «Tra chi scappa per motivi religiosi ci sono i cristiani catecumeni e neofiti, chi si vuole avvicinare al cristianesimo ma anche tanti musulmani che non vogliono allinearsi ai talebani e alla loro visione dell’Islam. In questo momento è ancora più cruciale il dialogo interreligioso: di fronte ai fondamentalisti è decisivo per noi sostenere i musulmani moderati».
Mons. Bizzeti torna però a ricordare come i rifugiati cristiani, oltre al sostegno materiale, abbiano un disperato bisogno di sostegno spirituale. Pochi gli operatori pastorali in grado di parlare la loro lingua, l’arabo o il farsi: «In questo momento i rifugiati cristiani dall’Iraq, dalla Siria e dal Medio Oriente sono più numerosi dei cristiani locali. E sono loro il vero futuro della Chiesa in Turchia. Ma sono tutti di lingua araba o farsi. Oltre al sostegno economico, soprattutto i più giovani e i bambini avranno bisogno di sostegno formativo. Sono cristiani, ma non hanno spazi per pregare, chiese dove celebrare, luoghi per ritrovarsi, catechesi e sacramenti. Ci troviamo nella situazione opposta a quella dell’Occidente: qui in molti vorrebbero formazione, Parola di Dio e sacramenti ma non hanno chi possa portarli loro».
Nell’Ottobre missionario, il vescovo Bizzeti ricorda ancora una volta come l’evangelizzazione sia assai diversa dal proselitismo: «Dobbiamo custodire quel piccolo gregge che in vario modo ci è stato donato da Gesù Cristo. E nella carenza di forze dobbiamo dare una risposta a chi è interessato al cristianesimo in un contesto in cui si rischia di ripetere errori e pregiudizi». L’anelito missionario fa parte del Dna della Chiesa: «Se la Chiesa vuole rinascere in Italia e in Europa deve tornare ad avere un’apertura missionaria. I cristiani devono aprirsi a una dimensione più cattolica, più universale. Le Chiese più ricche, come ci insegna il Nuovo Testamento, devono aiutare le più povere».
Per sostenere l’impegno di Caritas Anatolia è possibile inviare il proprio aiuto con un versamento al conto 49349001 intestato a Caritas Anatolia presso lo IOR. Iban VA42001000000049349001, bic/swift IOPRVAVX, causale “Afghani - Caritas Anatolia”.
18 ottobre, Lunedì della missione
È dedicato al centenario dei comboniani a Padova il “Lunedì della missione” del 18 ottobre (dalle 20.45 nei canali social dei Centri missionari diocesani di Padova e Vicenza). Tra gli ospiti padre Diego Dalle Carbonare da Khartoum, fratel Alberto Parise da Roma, suor Silvia Sartori dal Perù, Josè Speggiorin da Padova.