Trieste, la pandemia non ferma l'accoglienza diffusa dei migranti
Report 2020 di Ics e Caritas: aumenta l’accoglienza in piccoli appartamenti (da 144 a 175), ma la contrazione di risorse limita il sostegno all’inclusione sociale e incide sul personale. L'isolamento fiduciario e gli arrivi dalla rotta balcanica
Nell’anno della pandemia a Trieste il sistema di accoglienza è riuscito a mantenere il suo impianto, basato sul modello dell’accoglienza diffusa e sull’integrazione dei richiedenti asilo nel tessuto sociale, non senza difficoltà Lo rivela il dossier statistico 2020 realizzato da Ics e Caritas Trieste e presentato stamane.
“Se da un lato vi è stato un aumento di disponibilità di piccoli appartamenti in locazione al CAS e SAIi, che passano dai 144 del 2019 ai 175 del 2020 (anche con la dismissione di alcuni appartamenti più grandi a favore di soluzioni più piccole) dall’altro permane la stessa contrazione di risorse dell’anno precedente (da 35 a 30,50 euro al giorno pro capite) che riduce gli interventi di sostegno per l’inclusione sociale dei richiedenti asilo, nonché le attività a sostegno delle situazioni più vulnerabili”, si legge nel report. A queste difficoltà si è unito il perdurare della pandemia Covid-19 che “ha imposto restrizioni alla mobilità e posto barriere all’accesso ai servizi (formativi, ricreativi, sociali e sanitari) che hanno avuto un impatto particolarmente evidente sulle fasce più deboli e meno tutelate della popolazione come la popolazione migrante riducendone quindi ulteriormente le occasioni di interazione con la popolazione autoctona con una conseguente perdita di opportunità”.
Risorse, l’impatto (negativo) su servizi e personale
Nel 2020 la contrazione delle risorse ha impattato negativamente sui servizi offerti per l’integrazione socio-lavorativa ed abitativa. Questo è stato particolarmente evidente nell’offerta formativa. I corsi di lingua L1 ed L2 passano da 1962 inserimenti del 2019 a 769 nel 2020; negli inserimenti nei corsi per la licenza di terza media (8 nel 2020) e nella capacità di inserimento in corsi di formazione avanzata che si riducono sia numericamente (30 corsi nel 2020 rispetto ai 42 nel 2019) sia nel numero partecipanti agli stessi (43 rispetto ai 211). La diminuzione spiegano gli osservatori “dipende fortemente dalla situazione pandemica e quindi dall’impossibilità per molte delle persone in accoglienza di dotarsi degli strumenti necessari alla DAD, similmente a quanto avviene per le fasce più deboli della popolazione italiana”. Il percorso degli ex minori stranieri non accompagnati raccoglie più dati positivi: in 5 casi vengono inseriti in percorsi di formazione triennale e il numero di tirocini attivati rimane stabile rispetto al 2019. Altra nota positiva per il rapporto è sicuramente il numero di enti ed organizzazioni coinvolti negli aspetti formativi dei richiedenti asilo, “segno della capacità di resistenza e adattabilità della rete di supporto che si è creata negli anni”.
Nel 2020 si registra un’ulteriore riduzione del personale e specialmente colpiti sono stati gli operatori sociali che scendono a 128 unità complessive (-41 rispetto al 2019) con un conseguente impoverimento del tessuto economico e sociale della città, già aggravato dalla crisi economica causata dalla pandemia. Nonostante questa ulteriore riduzione di personale, pur con oggettive difficoltà, le organizzazioni sono riuscite ad offrire uno standard di servizio adeguato.
Il sistema d'isolamento fiduciario “pre accoglienza”
“Dopo un anno non può più definirsi temporaneo – commentano gli osservatori - e si configura come un livello ulteriore di accoglienza (incardinato su alcune strutture collettive gestite dalla Fondazione diocesana Caritas insieme a ICS) caratterizzato comunque da buoni standard per quanto riguarda i servizi materiali, dalla presenza di protocolli per la presa in carico delle situazioni più vulnerabili, da un congruo numero di operatori sociali e dalla presenza strutturata di un servizio di supporto legale (fornito da ICS) e sanitario fornito dall’associazione di medici volontari DonK (che ha effettuato 1088 visite mediche all’interno delle strutture di isolamento come indicato nello specifico rapporto curato dalla stessa associazione al quale si rinvia per tutti gli approfondimenti sugli interventi sanitari)”.
Gli arrivi dalla Rotta Balcanica
Diminuiscono gli arrivi complessivi rispetto ai 2019 (2624 rispetto ai 2980) e cambia l’andamento: se nel 2019 si nota una sostanziale crescita degli arrivi da marzo in poi (con un doppio picco ad agosto ed ottobre) prima di un fisiologico calo dato dall’inverno, nel 2020 si nota un picco di arrivi a maggio (436 persone dopo un periodo di calo dato con buona certezza da una coda dell’inverno e dalle restrizioni al movimento imposte dal Covid-19) seguito da un sostanziale declino degli arrivi (che non superano mai i 350 arrivi mensili). Un “andamento che può presumibilmente essere attribuito alle cosiddette ‘riammissioni informali’ (e alle conseguenti riammissioni ‘a catena’ denunciate dalle organizzazioni internazionali e dal network “Rivolti ai Balcani”), sottolineano gli osservatori.
L’isolamento fiduciario, spiegano, ha permesso di "fotografare in maniera più chiara la situazione delle persone che arrivano dalla rotta e che negli anni precedenti tendevano a non fermarsi a Trieste nel sistema di accoglienza". Emerge così che se il Pakistan è la nazionalità più rappresentata (così come nel sistema di accoglienza), circa il 34% delle 2034 persone è di nazionalità afghana (che invece rappresenta meno del 10% delle persone in accoglienza). Vi è anche una buona rappresentanza di cittadini iraniani e siriani, quasi del tutto assenti nel sistema di accoglienza. Le persone in isolamento sono anche mediamente più giovani (con più del 50% delle persone che sono nella fascia 18-25 contro il 32% in accoglienza). "Permane elevata la preoccupazione per la condizioni psico-fisiche delle persone che attraversano la rotta balcanica e per le violenze fisiche, anche efferate, e psicologiche, - spiegano - che subiscono durante l’attraversamento di molti paesi e il viaggio e nelle “riammissioni a catena” fino alla Bosnia dove finiscono coloro cui è stata negato l’accesso alla protezione nella Ue trovandosi in campi in condizioni inumani e degradanti o rimanendo persino fuori dai campi stessi senza alcuna assistenza".
Under35 circa l’85% delle persone accolte
Tra le nuove accoglienze il report segnala anche 15 nuovi nati e 39 inserimenti di ex minori stranieri non accompagnata. "Le nuove nascite - commentano gli osservatori - possono essere sicuramente considerati indicatori di una tendenza alla stanzialità da parte dei nuclei familiari presenti (che rappresentano circa un terzo delle persone in accoglienza a Trieste), che potrebbe venir rafforzata da specifiche politiche rivolte alle famiglie". Inoltre circa l’85% delle persone accolte a Trieste è under35 (e approssimativamente il 60% è nella fascia 18-35). Discorso a parte meritano gli ex Msna che partono generalmente con un percorso di integrazione già almeno in parte avviato nelle comunità per minori e quindi, in prospettiva, potranno avere un percorso in parte facilitato e più agevolmente rimanere sul territorio.