Tokyo 2020: il sogno di Dania, nuotatrice palestinese ai Giochi Olimpici
Dania Nour, 17 anni, palestinese di Beit Jala (Betlemme), è una delle due nuotatrici della squadra olimpica palestinese in gara nelle Olimpiadi di Tokyo. Dania è stata la portabandiera, insieme al sollevatore di pesi, Mohammad Hamadail, alla sfilata inaugurale. Al Sir racconta le sue emozioni e ripercorre i sacrifici compiuti per regalare al suo Paese "trenta secondi di gloria". L'atleta sarà in gara nei 50 mt. stile libero venerdì 30, in terza batteria di qualificazione
“Tenere in mano la bandiera della Palestina durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Tokyo è stata una sensazione così bella che non la dimenticherò mai. Mi ha dato la determinazione e la tenacia per raggiungere i miei obiettivi nonostante le difficoltà”.
Esordisce così Dania Nour, 17 anni, palestinese di Beit Jala (Betlemme), nuotatrice della squadra olimpica palestinese, composta da altri 4 atleti: la velocista Hanna Barakat, la judoka Wesam Abu Rmilah, il sollevatore di pesi originario della Striscia di Gaza, Mohammad Hamadail, e la nuotatrice Yazan al-Bawwab. L’emozione nel volto di Dania era evidente mentre sventolava la bandiera del suo Paese, martoriato da tensioni, conflitti e divisioni politiche. La partecipazione della Palestina alle Olimpiadi è un fatto relativamente recente: la prima apparizione risale ai Giochi di Atlanta (Usa) del 1996, in seguito alla creazione dell’Autorità nazionale palestinese, nel 1994, nell’ambito degli Accordi di Oslo tra Israele e l’Olp, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina.
Dania, racconta al Sir da Tokyo, scenderà “in vasca venerdì 30 luglio nella terza batteria dei 50 metri stile libero”. Con la forza e la sfrontataggine dei suoi 17 anni, l’atleta cercherà di migliorare il suo tempo – oggi 30.46 – per sperare di entrare tra le 16 semifinaliste che si contenderanno la finale. Poco importa, dice, se “non sono riuscita a prepararmi bene durante l’ultimo anno a causa della pandemia. Questa è una Olimpiade dura per tutti gli atleti. Il mio obiettivo è ottenere un buon risultato per la Palestina”. Saranno, comunque vada, trenta secondi di gloria.
Tokyo è anche il tempo per riavvolgere il nastro di tanti sacrifici: “Ho cominciato a nuotare all’età di 6 anni. All’epoca mia madre volle iscrivermi ad un corso estivo di nuoto. Così sono scesa in acqua la prima volta. Mi serviva anche a perdere peso. A 11 anni è scoppiata una vera e propria passione complice anche una partecipazione ad un campionato in Qatar dove ho vinto 3 medaglie, 2 argenti e un bronzo. Così ho cominciato ad allenarmi molto duramente per ottenere nuovi record nazionali”. Si faceva strada il sogno olimpico, inseguito con tenacia e volontà. Nemmeno la pandemia ha potuto impedire a Dania di realizzarlo. “I lockdown provocati dal Covid-19 in tutto il mondo, infatti, non mi hanno permesso di partire per raggiungere la scuola Bolles, in Florida (Usa), una vera e propria fucina di campioni anche olimpici, dove ero riuscita ad entrare. In quel momento – dichiara senza troppi giri di parole – ho capito chec oronare questo sogno dipendeva solo ed esclusivamente dalla mia volontà e passione. Ero consapevole che per me, ragazza palestinese, sarebbe stato tutto ancora più difficile ma
ho deciso di non arrendermi, di pensare positivo e di non lasciare che la mia passione morisse.
Ho cominciato ad allenarmi in una piscina di 25 metri, con il mio coach Mohammad Halman, 8 volte a settimana prima e dopo scuola. Purtroppo in inverno la piscina è chiusa e sono stata costretta a cercarne altre. Inoltre, durante la pandemia sono stata ferma per oltre un anno e questo ha influito negativamente sulle mie prestazioni. Dopo un periodo di training in una vasca da 17 metri, mi sono trasferita a Berlino per un mese di allenamento prima di Tokyo. È stata una emozione perché in Palestina non abbiamo piscine da 50 metri con i blocchi di partenza, non abbiamo allenatori esperti. Per la prima volta a Berlino, mi sono allenata in una piscina olimpionica, con il coach Sven Spannekrebs.
A pochi giorni dalla gara, Dania sente di dover ringraziare i suoi genitori: “mi hanno sempre sostenuto nonostante tutte le difficoltà che affrontiamo nel nostro Paese a causa anche della mancanza di strutture sportive. Li ringrazio perché mi hanno dato piena fiducia permettendomi di partecipare a molti campionati internazionali. Su tutti i campionati del Mondo in Corea del Sud del 2019 e i Giochi Asiatici del 2018 in Indonesia. Ora le Olimpiadi.
“Una responsabilità pesante” che non spaventa l’atleta seguitissima dai suoi parenti, amici e tifosi attraverso i social. I suoi profili sono invasi da auguri, incitamenti, esortazioni e saluti. “Sono molto orgogliosa di fare parte della squadra palestinese.
Tokyo è una vetrina che ci offre la possibilità di mostrare al mondo chi siamo. Possiamo avere atleti forti e ambiziosi anche se non abbiamo impianti sportivi all’altezza di altri paesi”.
In attesa di scendere in vasca, Dania trascorre il suo tempo libero dagli allenamenti, nel Villaggio Olimpico conoscendo atleti di altri Paesi. “Siamo tutti concentrati sui nostri obiettivi – racconta – ma questo non ci impedisce di dialogare e scambiare esperienze. Su un punto siamo tutti d’accordo:
l’assenza del pubblico nelle tribune rende questi Giochi piuttosto tristi”.
Il sogno di Dania non si ferma in Giappone, la giovane atleta sa bene, infatti, che il tempo è dalla sua parte e che ci saranno altre Olimpiadi. Il suo pensiero corre lontano: “mi sono diplomata da poco. Dopo Tokyo vorrei iscrivermi in un’università negli Usa che abbia una squadra di nuoto. Voglio studiare e allenarmi per nuovi e importanti traguardi”. Il sogno continua sui blocchi partenza di una piscina olimpica.