Tante divisioni in politica: servono coraggio e volontà
La polarizzazione emersa dalle urne (non solo in casa nostra e questo rende il fenomeno ancora più insidioso) non aiuta la politica a concentrarsi sui problemi della società italiana
Superato lo spartiacque della tornata elettorale, le questioni economico-finanziarie – con le loro proiezioni sociali – si ripresentano in tutta loro rilevanza sulla scena politica. I numeri in campo sono pesanti. Secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio nella prossima manovra di bilancio occorreranno 18-20 miliardi soltanto per confermare le misure già in vigore, a cominciare dal taglio del cuneo fiscale che da solo vale poco meno di 11 miliardi. In base al nuovo patto di stabilità europeo, inoltre, l’Italia dovrà operare una correzione dei conti pubblici pari a 13 miliardi all’anno per i prossimi sette anni. La comunicazione ufficiale della Commissione Ue arriverà in autunno, ma gli importi per rimediare al deficit eccessivo sono già sostanzialmente noti ai governi interessati perché gli interventi necessari non possono essere improvvisati all’ultimo momento e il nostro ministero dell’Economia è da tempo al lavoro per cercare una possibile quadratura finanziaria. La “quadra” alla fine si troverà perché si tratta di un’operazione non soltanto contabile ma dalle evidenti implicazioni politiche. E tuttavia i numeri hanno una loro irriducibilità e il governo dovrà essere molto attento se si vuole ritagliare la possibilità di fare comunque qualche mossa innovativa. Di sicuro i margini sono strettissimi e sono peraltro collegati alla capacità di concretizzare la fase finale del Pnrr sostenendo e possibilmente incrementando la crescita economica. L’1% di aumento del Pil previsto dall’esecutivo non è un obiettivo irraggiungibile, ma non è affatto scontato. L’Ufficio parlamentare di bilancio, per esempio, calcola un incremento dello 0,8% e ogni decimale in più o in meno può fare la differenza.
I segnali che arrivano dal Paese reale sono contrastanti. La nostra economia continua a dimostrare un’apprezzabile reattività eppure la situazione sociale è segnata profondamente da disuguaglianze sempre più strutturali, intrecciate come sono a una dinamica demografica di cui non si riesce a invertire la pluriennale tendenza negativa. Secondo i dati Istat la povertà è ai massimi storici e il recente report statistico della Caritas ha lanciato uno specifico allarme per le famiglie con figli tra 0 e 3 anni. Un bambino su sette è povero in termini assoluti.
La polarizzazione emersa dalle urne (non solo in casa nostra e questo rende il fenomeno ancora più insidioso) non aiuta la politica a concentrarsi sui problemi della società italiana. Anzi, produce disaffezione e rassegnazione. Persino il tema delicatissimo delle riforme istituzionali, che per definizione dovrebbe essere il terreno in cui praticare il dialogo e la ricerca di convergenze, è divenuto il campo di uno scontro campale in cui le forzature di una parte determinano reazioni a muso duro sull’altro versante. In teoria ci sarebbe ancora tempo per recuperare un minimo di confronto ragionevole nell’interesse della nostra democrazia. Il premierato è all’inizio del percorso, la separazione delle carriere dei magistrati deve ancora cominciarlo e anche sull’autonomia differenziata molto dipenderà da come verrà riempita di contenuti una legge essenzialmente procedurale, pur se fortemente criticabile. Ma servirebbe una coraggiosa e lungimirante volontà politica di cui purtroppo al momento non si vedono le avvisaglie.