Taglio dell'assegno per invalidità civile parziale, Anmic annuncia proteste
Per il presidente Pagano, “un assurdo logico, giuridico ma anzitutto sociale, che colpisce chi è disoccupato o inoccupato, ma svolge una piccola attività lavorativa percependo un reddito bassissimo: parliamo di un assegno di soli 287 euro al mese”. Anmic chiama a raccolta associazioni e sindacati per “esercitare una pressione comune e congiunta”
“Un'ingiustizia sociale”, perfino “una beffa”: è dura e ferma la condanna di Anmic nei confronti della novità annunciata da Inps con il messaggio del 14 ottobre scorso (n. 3495/2021), che esclude dall'assegno mensile (287 euro al mese) quegli invalidi civili parziali (tra 74% e 99%) che svolgano attività anche una piccola attività lavorativa precaria o parziale. Questi non avranno più diritto al beneficio, anche qualora il reddito sia inferiore a quello che è previsto (euro 4.931,29 l’anno) per ottenere la prestazione assistenziale.
“Si tratta di un assurdo logico, giuridico ma anzitutto sociale – denuncia il presidente nazionale Anmic Nazaro Pagano - che preclude a chi è disoccupato o inoccupato, ma svolge una piccola attività lavorativa percependo un reddito bassissimo, la possibilità di percepire una prestazione economica istituita proprio per sostenere la persona disabile che è in cerca di un lavoro stabile e risulta completamente privo di reddito. Parliamo in realtà di un piccolo sostegno, di un assegno di soli 287 euro al mese. Si punisce chi svolge attività occasionali, precarie con un reddito inferiore a quello già previsto per la percezione dell’assegno di invalidità civile. Il contenuto del messaggio, oltre che illogico, risulta perciò anche socialmente iniquo – spiega Pagano - perché creerà disparità di trattamento. La persona disabile che ha un reddito ad esempio proveniente dalla locazione di un appartamento, e che non raggiunge la soglia di accessibilità al beneficio dell’assegno mensile, ha diritto ad ottenerlo. Mentre chi ha un reddito da lavoro, seppur basso, e che non raggiunge il limite previsto dalla legge invece non ne avrà diritto. Inoltre avrà conseguenze negative sulle possibilità dei giovani disabili di intraprendere un percorso di inclusione sociale grazie a brevi occasioni di lavoro. In pratica, a migliaia di ragazzi verrà impedito di svolgere quei minimi lavoretti, anche se precari e poco pagati, che preludono magari ad un’occupazione stabile e compiutamente remunerata che consentirebbe loro di rinunciare all’assegno di invalidità e di avviare una reale integrazione. Non possiamo lasciare alla giurisprudenza ed a chi se ne fa scudo il potere di modificare il contenuto sociale di norme che hanno grande valore per la dignità dei disabili.”
“Pressione comune e congiunta”: appello di Anmic
Per Anmic “un paradosso inaccettabile”,: “Chiediamo quali motivazioni abbiano oggi spinto l’Inps ad emanare il messaggio in questione, dopo ben 13 anni contrassegnati da tre messaggi interpretativi dell’art. 13 della legge 118/71( come modificato dall’art. 1, comma 35 della legge 247/2007), in cui il 'non svolgimento dell’attività lavorativa' rilevava solo se non produceva reddito superiore a quello previsto per l’accesso al beneficio dell’assegno mensile - commenta l'associazione - Perché non consultare prima il Tavolo di confronto Inps e associazioni dei disabili?”.
Il presidente Pagano denuncia inoltre il comportamento non lineare dell’Inps che, “dopo aver sottoscritto un protocollo d’intesa con Anmic, Ens, Uici e Anffas, obbligandosi a consultare le parti prima di emanare disposizioni in ordine alle provvidenze economiche e alle politiche in favore dei disabili, è ora intervenuto unilateralmente a dettare regole in una materia riservata alla legge e non ad atti amministrativi meramente interni”.
Per Anmic, si tratta di “un comportamento di discriminazione indiretta nei confronti di chi rappresenta e tutela per legge la categoria degli invalidi civili, che sarà oggetto di azioni a tutela dei disabili che l’associazione intenderà perseguire, non tralasciando la richiesta al Governo e al Parlamento dell’approvazione di una norma interpretativa che ponga fine ad un comportamento illegittimo. Chiamiamo perciò a raccolta – conclude la Anmic - tutte le forze sociali, associazionistiche e sindacali per esercitare una pressione comune e congiunta”.
Chiara Ludovisi