"Sound of Metal", il film di Darius Marder candidato a sei premi Oscar
Una pellicola intensa e toccante sul trauma della perdita e le fatiche della rinascita. E allo stesso tempo una finestra ancora inedita, nel piccolo e grande schermo, sulla comparsa della sordità in età adulta
Nascosta tra le pieghe del catalogo di Amazon Prime Video, “Sound of metal”, film d’esordio dello sceneggiatore statunitense Darius Marder, è una pellicola intensa e toccante sul trauma della perdita e le fatiche della rinascita. E allo stesso tempo una finestra ancora inedita, nel piccolo e grande schermo, sulla comparsa della sordità in età adulta. L'uscita del film, prevista per l'estate 2020 negli Stati Uniti e nel mondo, è stata annullata a causa dell'emergenza sanitaria legata al coronavirus e dunque, al di là della visione in streaming, la pellicola ha avuto un circuito limitato. Tuttavia ha collezionato diverse nomination nei premi cinematografici (Golden Globes e Bafta solo per citarne alcuni) e ottenuto ben 6 candidature all'Oscar per il 2021 (miglior film; miglior attore a Riz Ahmed; miglior attore non protagonista a Paul Raci; migliore sceneggiatura originale; miglior montaggio e miglior sonoro).
Quando Ruben (Riz Ahmed) precipita da un momento all’altro nel silenzio quasi assoluto, la sua vita non va poi così male. Insieme alla compagna Lou, con cui ha formato il duo heavy metal Blackgammon, percorre le strade d’America spostandosi di palcoscenico in palcoscenico. Ruben e Lou sono legati da una profonda sintonia artistica e affettiva, che ha permesso a entrambi di trovare riparo rispetto alle intemperie del passato.
Ma Ruben è un batterista e la sordità equivale per lui all’azzeramento totale della sua esistenza precedente. Una volta compreso che non si tratta di una condizione transitoria e che non resta che mettere in salvo la piccola capacità residua di sentire, il batterista troverà accoglienza in una comunità per non udenti guidata da Joe, un veterano del Vietnam divenuto sordo in seguito all’esplosione di una bomba. È lì che Ruben imparerà a vivere da sordo, riuscendo a stabilire con i membri della comunità un rapporto di collaborativa empatia, che lo condurrà a insegnare le percussioni ai bambini sordi della vicina scuola locale.
Tutto è bene quel che finisce bene allora? Neanche per idea, perché Ruben è ancora troppo legato all’idea della sua vita precedente per accogliere le opportunità che l’incontro con la comunità di Joe sembrerebbe offrirgli su un piatto d’argento. In contrapposizione con alcune narrazioni troppo semplici del percorso di caduta e di rinascita che accompagna l’irrompere della disabilità, Sound of metal ci ricorda come i percorsi di guarigione non siano lineari e quanto sia faticoso arrendersi a una nuova visione di sé. Nel film, però, la rappresentazione della sordità è anche percettiva. Grazie a un mirabile lavoro di sound design, a tratti lo spettatore si immerge nel mondo sonoro di Ruben, vivendo da dentro l’angoscia di muoversi in un universo senza punti di riferimento, dove ogni cosa diventa indecifrabile.
(La recensione è tratta dal numero di SuperAbile INAIL di marzo, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità)
Antonella Patete