Sfratti, "il disagio abitativo è in provincia"
Nel 2018 oltre 56 mila sentenze di sfratto, oltre 30 mila gli sfratti eseguiti con forza pubblica.Il leader dell'Unione Inquilini, Massimo Pasquini, commenta i dati del Viminale: “100 famiglie ogni giorno, si affronta il problema solo con l'ordine pubblico”
MILANO – A Bergamo 73 sfratti in città e 577 sul resto della provincia. Ad Alessandria il rapporto è 194 a 304. A Macerata 38 nel capoluogo di provincia contro le 145 nuove sentenze dell'area urbana. Sono i dati degli “sfratti per morosità”, rilasciati dal ministero dell'Interno e aggiornati al 2018, a fotografare l'Italia del disagio abitativo e l'impossibilità di sostenere un affitto. Dove a pagare per tutti è la provincia italiana con qualche, rarissima, eccezione dove il rapporto si capovolge. Come accade a Terni, La Spezia o Piacenza o in alcuni grandi centri urbani che vivono di dinamiche proprie come Roma (4.457 sentenze di sfratto per morosità nella capitale e 1.157 sulla provincia) o Torino (1.991 sul capoluogo piemontese e 1.333 sull'area metropolitana).
La fotografia annuale del Viminale su dati delle prefetture – incompleti quelli di Imperia, Rimini, Prato, Cosenza e Barletta-Andria-Trani – segnala che nel mercato privato degli affitti il 2018 ha visto oltre 56 mila sentenze di sfratto emesse a livello nazionale, più di 118 mila le richieste di esecuzione presentate da ufficiali giudiziari e oltre 30 mila gli sfratti eseguiti con forza pubblica. Numeri che non tengono conto, fa sapere l'Ufficio centrale statistica del Viminale, degli sfratti riferiti alla perdita della proprietà per debiti – sopratutto mutui verso le banche – e per i quali è prevista una procedura più rapida introdotta dal Governo Renzi senza l'intervento dell'Ufficiale giudiziario.
Il dato nazionale parla di una flessione rispetto all'anno precedente: meno 6,1% sulle sentenze emesse e meno 5,6% sugli sfratti fisicamente eseguiti da forze dell'ordine, ai quali andrebbe aggiunto il dato sugli allontanamenti volontari. Una flessione a macchia di leopardo, perché a Milano si assiste all'esplosione degli sfratti eseguiti in un anno (+594%) nonostante vi siano meno convalide rispetto al passato. Si tratta dell'incremento più importante d'Italia, in parte dovuto a una maggiore capacità di registrare il fenomeno, in parte allo “shift” temporale che è sempre presente fra nuove sentenze e sfratti eseguiti e in parte al fatto che nel 2017 erano stati eseguiti “soli” 410 sfratti nel mercato privato a fronte di 23 mila richieste di esecuzione e oltre 3 mila nuovi provvedimenti emessi. Un contesto, quello milanese, che il segretario nazionale dell'Unione Inquilini, Massimo Pasquini, immortala nello slogan “meno sfratti e più sfrattati”. Equivale a dire che il fenomeno si sta affrontando “dal punto di vista dell'ordine pubblico e non socialmente”
Di fronte al dato nazionale parla invece di una “stabilizzazione del disagio abitativo” il leader della sigla sindacale costola della Cub. Per lui “la questione focale rimane quella degli affitti cari e di un mercato che non si fa mercato, perché richiede il massimo della redditività scontando per 56 mila casi l'anno il fatto di prendere zero euro”. Mentre “i canoni agevolati figli degli accordi territoriali fra sindacati e proprietari fungono al massimo da riduzione del danno e si applicano solo negli 800 comuni d'Italia considerati ad alta tensione abitativa”.
I 30.127 sfratti eseguiti lo scorso anno (a cui mancano espropri, sgomberi da case popolari e non per occupazione) sono “quasi 100 famiglie che ogni giorno, inclusi i festivi, finiscono in strada con l'intervento di forza pubblica. Come se dieci palazzine da dieci appartamenti ciascuna fossero sgomberate al giorno”. “Eppure noi ci focalizziamo su singoli sgomberi e grandi occupazioni nelle aree urbane - dice Pasquini -. Il Ministero dell'Interno non lo fa nelle sue tabelle, ma il rapporto fra sentenze e il numero di residenti in affitto mostra che il disagio abitativo non è di Roma o di Milano, ma di Bergamo, Modena, della provincia italiana dove si dissolve il tessuto delle piccole e medie imprese”. “Proprio su Bergamo la nostra sezione locale spiega che i 577 sfratti in provincia contro i 73 del capoluogo si verificano nelle aree dove abitano gli immigrati regolari e lavoratori che con la crisi hanno perso il posto”. “Soltanto un cieco non lo vedrebbe – chiude il sindacalista – e i numeri sono perfettamente conosciuti da Regioni, Comuni e Governo eppure non portano ad alcuna inversione di tendenza sulle politiche abitative, già carenti, e che inoltre si concentrano solo sulle grandi aree urbane per inseguire i valori e la rendita immobiliare”.