Servizio civile universale, “la riforma esalta il protagonismo dei giovani”
Nei giorni scorsi si è svolta l’Assemblea nazionale dei Rappresentanti degli Operatori volontari. Il bilancio di Feliciana Farnese, al termine del suo mandato per la Macro Area del Sud e Giovanni Rende, ancora in carica per quella del Centro
Nei giorni scorsi si è svolta online la XXI Assemblea nazionale dei Rappresentanti degli Operatori volontari del Servizio civile Universale (Scu), che ha concluso un iter elettorale avviato lo scorso luglio e complicato dalla pandemia. Anche per questo abbiamo chiesto a Feliciana Farnese, al termine del suo mandato di Rappresentante nazionale per la Macro Area del Sud, e a Giovanni Rende, ancora in carica come Rappresentante per quella del Centro, di fare un bilancio della loro esperienza nell’ambito del Scu.
Questi ultimi anni sono stati molto importanti per il Scu, perchè hanno segnato (e segnano ancora) l'attuazione della riforma in chiave "universale". Quali sono stati secondo voi i passaggi più significativi a riguardo dei giovani e quali quelli che ancora si potrebbero fare?
Giovanni Rende: I passaggi più significativi per raggiungere l'universalità di questo istituto sono stati sostanzialmente tre: primo, ancor prima della riforma, l'apertura del Scu agli stranieri regolarmente residenti (sebbene si sia arrivati a questo per via giurisdizionale); secondo, l’apertura sistematica del Scu ai cittadini europei anche non residenti in Italia; terzo, l’aumento sostanziale dei fondi, che questo anno saranno di 300 milioni.
Feliciana Farnese: La riforma del Servizio Civile Universale ha avuto la straordinaria capacità di riuscire a portare con sé non solo tutto il suo sistema valoriale in riferimento alla nostra Costituzione ma anche la capacità di rispondere ai bisogni dei territori del nostro Paese e dei giovani in modo aggiornato: penso ad una programmazione triennale degli interventi che coinvolgono i volontari in una cornice più ampia di un programma che agisce in uno specifico ambito di azione e concorre al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030; alle misure aggiuntive introdotte, la riduzione dell’orario di servizio che è passato da 30/36 a 25 ore settimanali, al riconoscimento – finalmente aggiungo – di uno status giuridico definito di operatore volontario; alla considerazione degli assegni percepiti per lo svolgimento del servizio civile equiparati a redditi esenti (quindi non imponibili ai fini Irpef) e tale esenzione comporta che la somma percepita non può essere computata ai fini della soglia limite di reddito per essere considerati come famigliari fiscalmente a carico; penso all’aumento già in legge di stabilità dei fondi destinati al servizio civile cosa che non accadeva da oltre quattordici anni e che aveva visto consolidarsi come prassi quella di risorse istillate goccia a goccia. Cosa resta da fare? Sicuramente vigilare sullo stanziamento dei fondi in quanto per il 2023 si rileva un passo a gambero nello stanziamento dei fondi e nel numero di volontari attivabili, lavorare alla messa in opera dei progetti contenuti nel Pnrr con riferimento al processo di valorizzazione e certificazione delle competenze contenuto anche nelle intenzioni della norma, impegnarsi per un riordino normativo del D.lgs. n.40/2017 al fine di superare le criticità emerse già nelle prime applicazioni ed affiancare ad una programmazione degli interventi una programmazione finanziaria.
La partecipazione dei giovani al voto per la Rappresentanza dimostra sempre una certa disaffezione e poco interesse. Cosa si può fare per migliorare su questo aspetto, quali le proposte avanzate?
Giovanni Rende: Le elezioni del 2018 registrarono un magro 7,5% di affluenza, dando vita a una robusta campagna di comunicazione per coinvolgerli nella vita democratica del Scu e aumentare la partecipazione alle elezioni seguenti, che hanno invece segnato persino un calo di affluenza, fermandosi al 7%. Questa è una chiara dimostrazione di come le politiche dall’alto funzionino poco. Va anche detto che, al di là degli sforzi, l’affluenza sarà probabilmente sempre bassa, dal momento che una volta entrati nel sistema Scu i volontari tendono a disinteressarsi dell’istituto in sè, non avendo più possibilità di ricandidarsi ed avendo già usufruito di questa opportunità. La chiave di volta è comunque il coinvolgimento dal basso, qualcosa che sarà possibile ottenere solo grazie a uno sforzo da parte dei delegati regionali, gli unici in grado di essere a contatto diretto con i volontari. L’assemblea ha dato molti segnali positivi in questo senso.
La tua permanenza come Rappresentante nazionale si è protratta più del previsto, ma ha consentito anche l'arrivo per la prima volta alla Presidenza della Consulta. Cosa ti lascia questa esperienza, come l'hai vissuta e quali suggerimenti lasci a chi verrà dopo?
Feliciana Farnese: Dopo oltre 5 anni sta per terminare il mio mandato come Rappresentante dei volontari più volte prorogato a causa dell’entrata in vigore del D.lgs. n.40/2017 prima e del D.lgs. correttivo n.43/2018. Lo scorso 29 luglio i componenti della Consulta Nazionale mi hanno affidato la presidenza, per la prima volta ad una Rappresentante dei Volontari aderendo in pieno al sentimento della riforma che esalta il protagonismo dei giovani. Una palestra straordinaria per me in termini di crescita umana e professionale dove il percorso di rappresentanza ha rappresentato un’educazione all’esperienza di partecipazione attiva e responsabile alla vita istituzionale del Paese. Il Capo Dipartimento, consigliere Marco De Giorgi, nel suo discorso mi ha ricordato che non saranno importanti i passi che ho fatto nel mio cammino ma le impronte che ho saputo lasciare. Gli sono grata per queste parole. Il mio augurio - più che un suggerimento - che posso lasciare ai miei colleghi e colleghe che succederanno è di non perdere mai la motivazione che è qualcosa che è dentro di noi e non fuori e che occorre in tutto quello che facciamo.
Questa stessa Assemblea ha dovuto fare i conti con la pandemia, nonostante questo la presenza dei giovani si fa sempre sentire e ha portato anche a risultati significativi, sia sul campo che in termini di maggior investimento e considerazione del Scu. Lo stesso ruolo della Rappresentanza pensate possa ulteriormente cambiare alla luce di questa esperienza, e se sì, in che senso?
Giovanni Rende: Dal momento che la rappresentanza è un ruolo che si svolge a titolo onorifico, è normale che i rappresentanti stessi, una volta terminato il proprio Servizio, siano impegnati in altre attività. La “digitalizzazione forzata” che il Paese sta vivendo e che ha naturalmente coinvolto anche il sistema del Scu ci ha permesso e ci permetterà di svolgere più efficacemente il nostro ruolo. Basti pensare che da quando la pandemia è iniziata si sono moltiplicate le richieste di partecipazione alle sessioni di formazione generale sulla rappresentanza, permettendoci di incontrare, seppur virtualmente, un numero di volontari superiore alla somma di quelli incontrati in presenza nei 3-4 anni precedenti.
Francesco Spagnolo