Servizi prima infanzia, "ampio il divario Nord-Sud" in Italia
Report Istat: in Italia i bambini sotto i 3 anni che frequentano una qualsiasi struttura educativa sono il 26,3% nel 2019, rispetto a una media europea del 35,3%. Pesa la forbice territoriale, ma Sud e Isole registrano ’incremento più significativo di posti
In Italia i bambini sotto i 3 anni che frequentano una qualsiasi struttura educativa sono il 26,3% nel 2019, rispetto a una media europea del 35,3%, mentre tassi di frequenza ben superiori si registrano in altri paesi come ad esempio Spagna 57,4% e Francia 50,8%. Lo rileva Istat che oggi ha diffuso il report “Nidi e servizi integrativi per la prima infanzia” relativi all’anno educativo 2019-2020. Il dato, spiega l’istituto si riferisce alla frequenza di qualsiasi servizio educativo, inclusi gli “anticipatari” alla scuola d’infanzia, che in Italia rappresentano il 5,1% dei bambini sotto i 3 anni. Al netto degli anticipatari e dei beneficiari dell’offerta comunale (14,7%), si stima intorno al 6,5% la quota di bambini iscritti nei nidi privati non finanziati dai comuni.
“Tra i fattori che influiscono sulle scelte delle famiglie vi sono i costi del servizio, soprattutto per l’accesso ai nidi privati, e la scarsa diffusione dei servizi, che penalizza soprattutto i residenti in alcune aree del Paese. si legge nel report - I criteri di selezione delle domande da parte dei comuni per l’accesso ai nidi pubblici tendono inoltre a favorire le famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, per sostenere la conciliazione degli impegni lavorativi e di cura. I servizi per la prima infanzia hanno però anche una funzione educativa e concorrono all’inclusione sociale e al riequilibrio delle distanze socio-economiche (come sancito dal Decreto legislativo n. 65 del 2017) e si configurano quindi come un diritto per i bambini, per cui occorre monitorare i divari di utilizzo e accessibilità in base alle condizioni socio-economiche delle famiglie di appartenenza”.
Un peso determinante per l’accesso ai nidi è la condizione lavorativa della madre: le famiglie in cui la madre lavora usufruiscono per il 32,4% del nido, contro il 15,1% delle famiglie in cui solo il padre lavora; tale differenza non si riscontra se si considera la condizione lavorativa del padre. Le famiglie in cui lavora un solo genitore possono avere difficoltà ad accedere ai nidi privati, per l’onerosità delle rette, e ai nidi pubblici per i criteri di accesso applicati dai comuni. Le famiglie con due redditi, invece, hanno maggiore probabilità di iscrivere i bambini al nido. Infatti, il reddito netto annuo equivalente delle famiglie con bambini che usufruiscono del nido è mediamente più alto (24.213 euro) di quello delle famiglie che non ne usufruiscono (17.706 euro) e i tassi di frequenza aumentano all’aumentare della fascia di reddito delle famiglie (dal 19,3% del primo quinto di reddito si passa al 34,3% dell’ultimo quinto). Il titolo di studio dei genitori si conferma una discriminante della scelta del nido. Prendendo in considerazione il titolo di studio più alto in famiglia, il possesso di laurea o titolo più alto è associato al 33,4% di frequenza del nido, che scende al 18,9% per i genitori con al massimo il diploma superiore.
"Ampio il divario Nord-Sud"
Sia il Nord-est che il Centro Italia consolidano la copertura sopra il target europeo del 33% di copertura dei posti rispetto ai bambini -da raggiungere entro il 2010-(rispettivamente 34,5% e 35,3%); il Nord-ovest è sotto ma non lontano dall’obiettivo (31,4%) mentre il Sud (14,5 %) e le Isole (15,7%), pur in miglioramento, risultano ancora distanti dal target. A livello regionale i livelli di copertura più alti si registrano in Valle D’Aosta (43,9%), seguita da diverse regioni del Centro-nord, tutte sopra il target europeo. Dal 2019 anche il Lazio e il Friuli-Venezia Giulia superano il 33% (rispettivamente 34,3% e 33,7%). Sul versante opposto Campania e Calabria sono ancora sotto l’11%. I capoluoghi di provincia hanno raggiunto nel loro insieme una media del 34,8% di copertura. Tutti gli altri comuni si attestano in media a 23,7 posti per 100 residenti sotto i 3 anni. Tra i comuni centro delle aree metropolitane del Centro-nord, le città di Firenze, Bologna e Roma si collocano sopra il 45% di copertura, seguite a poca distanza da altre città metropolitane e, in netto distacco, da quelle del Sud e delle Isole, dove la copertura non raggiunge il 20% (a eccezione di Cagliari). Alcune aree metropolitane riescono a garantire un buon livello di copertura anche nei comuni periferici: è il caso di Bologna, Firenze, Milano e Genova. I comuni periferici dell’area metropolitana di Roma, invece, si differenziano notevolmente dal centro dell’area, con una copertura del 23,6%.
Nel Mezzogiorno la crescita maggiore di posti
Nonostante lo scarto dal Centro-nord, nel Sud e nelle Isole si registra l’incremento più significativo di posti nei servizi educativi, rispettivamente +4,9% e +9,1%, contro +1,5% nazionale, segnala Istat. I posti aumentano principalmente nel settore privato (da 9.806 a 12.031) e nelle sezioni primavera (da 2.161 a 4.606). "L’incremento nel Mezzogiorno è il risultato delle misure statali adottate nel corso degli anni a sostegno del riequilibrio dei divari territoriali. - si legge - I servizi educativi per la prima infanzia sono tra i settori prioritari di intervento dei PAC (Piani di azione per la coesione) avviati dal 2012 dal Ministero per lo sviluppo e la coesione, d’intesa con la Commissione europea. Il successivo Piano di azione nazionale per il Sistema integrato di educazione e istruzione da 0 a 6 anni (D. lgs. 65/2017) ha stanziato ulteriori risorse a sostegno dei servizi per la prima infanzia, destinate soprattutto alle regioni del Mezzogiorno (a eccezione della Sardegna) sulla base di criteri di perequazione".