Salmo 51. Il Miserere per noi è una richiesta di perdono che da individuale diviene comunitaria

Vivere questa ammissione di colpa reciproca, invocando lo Spirito per superare le resistenze reciproche nel nucleo famigliare potrebbe essere un appuntamento da viversi con frequenza.

Salmo 51. Il Miserere per noi è una richiesta di perdono che da individuale diviene comunitaria

“Dio è più grande del nostro peccato!” è la sintesi gioiosa di Papa Francesco commentando il salmo 51, in un’udienza generale del 30 marzo 2016. Oggi gli esegeti contestano che si tratti direttamente delle parole di Davide quando il profeta Natan gli fa riconoscere il peccato di adulterio con Betsabea e l’aver fatto uccidere in battaglia il marito Uria, ma, se rimane viva questa suggestione, il Miserere per noi è una richiesta di perdono che da individuale diviene comunitaria e quindi anche famigliare. “Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità” (v. 1) Chi si rivolge a Dio non cerca giustificazioni ipocrite, ma subito ammette la sua colpa e chiede l’intervento risanatore del Signore, come quello di un chirurgo per una ferita mortale: “Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro” (v. 4), e ancora: “aspergimi con rami d’issòpo (un’erba medica) e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve (v.9). La guarigione, però, necessita di una ed una sola condizione: riconoscere di aver sbagliato: “Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi” (v. 5). Non è dietro le spalle quello che ho fatto, non sto cercando di dimenticarlo, ma è presente e lacera il mio cuore. “Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” (v.6), Non solo sono consapevole di aver fatto male a qualcuno, ma so che ferire il fratello significa addolorare Dio stesso. Espressioni non scontate che descrivono il rapporto fra l’uomo, Dio e i fratelli, andando già oltre la legge del taglione, molto prima del compimento che porterà Gesù. Vivere questa ammissione di colpa reciproca, invocando lo Spirito per superare le resistenze reciproche nel nucleo famigliare potrebbe essere un appuntamento da viversi con frequenza, come un passaggio in un’oasi di purificazione fra i tanti giorni ordinari di deserto. “Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (v. 9), un realismo che, come all’inizio della Genesi, evidenzia l’inclinazione a cadere dell’uomo, “ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza” (v. 8). “Fammi sentire gioia e letizia: esulteranno le ossa che hai spezzato” (v.10). C’è speranza perché è di Dio l’iniziativa, a ciascuno è chiesto (solo) di mettersi a nudo di fronte al Creatore e lasciare che il bene presente riemerga fino a riportare gioia e a unificare le ossa spezzate, cioè a riportarci alla nostra originaria unità non dilaniata dal male del Divisore. Prima il salmista era quasi morto, ora dice: “Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo” (v. 12). Ristabilito, l’uomo chiede di rimanere fedele alla rinnovata vicinanza con lo spirito di Dio (cfr. 13-14) e si impegna ad allargare il beneficio della guarigione ottenuta ai fratelli: “Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno” (v. 15). Ecco la dimensione comunitaria della correzione fraterna a cui, con un salto temporale e spirituale, possiamo riferire il grande uso di questo salmo nella tradizione cristiana. Sia nelle lodi del venerdì mattina, sia in tutte le occasioni in cui la Liturgia ricorda il “passaggio purificatore” della passione e morte di Gesù, il Salmo 51 è un baluardo che invita alla conversione del cuore, il centro più profondo della persona. Il salmista chiede ancora con forza che Dio lo liberi dallo scrupolo del male compiuto e dalle punizioni che gli spetterebbero (Liberami dal sangue” v 16) e invece desidera esaltare il Signore per la sovrabbondanza della sua misericordia: “Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode” (v. 17). “Tu non gradisci il sacrificio (v. 18) “Uno spirito contrito è sacrificio a Dio; un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi” (v. 19). Il Miserere può sorseggiarsi come una medicina nel proprio intimo, ma può anche essere proclamato come davanti ad un grande lavatoio in cui reciprocamente si diffonde la gioia per un Padre che ci asperge senza più distinzioni, non ha bisogno di luoghi e riti particolari per perdonarci, ma guarda solo alla purezza del cuore e questa è la buona notizia che Gesù predicherà per tutta la sua vita.

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Fonte: Sir