Romania: la quarta ondata travolge il Paese. Gli aiuti internazionali non bastano più
Sistema sanitario sotto pressione, poche vaccinazioni, lockdown: a Bucarest e in tutta la nazione si moltiplicano i contagi e le vittime. La testimonianza del vescovo Robu al Sir dopo la guarigione: “Ho visto con i miei occhi che il nostro Paese ha negli ospedali un tesoro in continuo movimento, gente di cuore che offre servizio medico con dedizione e gioia”. Ma questo non basta...
Dopo alcuni raggi di sole spuntati per qualche giorno, la Romania sembra ritornare nell’ombra della sofferenza procurata dalla pandemia Covid-19. L’aiuto internazionale e le restrizioni introdotte dalle autorità romene per far fronte alla crisi sanitaria che ha procurato, di recente, un decesso ogni tre minuti, non sono sufficienti. Sono in calo i numeri delle vaccinazioni e dei test, e sale ogni giorno il dato dei nuovi contagi e dei morti.
Un letto libero. Sì, soltanto un letto era libero ieri in terapia intensiva in tutta la Romania. Un letto diventato segno di speranza per il paziente che l’avrà già occupato, a quest’ora, e per i suoi famigliari che lo aspettano a casa sano e salvo. Ma per lo Stato romeno e per il sistema sanitario del Paese è segno di fallimento, perché, il più delle volte, quel letto libero vuol dire un morto in più.
Purtroppo, sono pochi i pazienti affetti da Covid che, dopo settimane in terapia intensiva, escono dall’ospedale vivi.
Per la maggioranza, la terapia intensiva è un’anticamera alla vita eterna. Sono troppi i contagiati, e arrivano piuttosto tardi in ospedale, con forme già gravi di malattia. Il personale medico è insufficiente ed esausto. Però, instancabile, come ricorda mons. Ioan Robu, arcivescovo emerito di Bucarest, ricoverato per riabilitazione respiratoria, dopo la guarigione dal Covid: “ho visto con i miei occhi – racconta al Sir – che il nostro Paese ha negli ospedali un tesoro in continuo movimento, gente di cuore che offre servizio medico con dedizione e gioia”.
L’aiuto internazionale alla Romania – medicine, concentratori di ossigeno, anticorpi monoclonali, ventilatori e trasferimento di pazienti all’estero –, offerto da Italia, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca, Ungheria, attraverso il meccanismo di protezione civile dell’Ue, è stato tempestivo, ma rappresenta solo una soluzione temporanea. Da qualche settimana è a Bucarest anche Heather Papowitz, delegata dell’Organizzazione mondiale della salute, che offre il suo appoggio alle autorità romene. Purtroppo, la Romania, dicono gli specialisti, ha accolto impreparata la quarta ondata della pandemia. E nonostante l’aiuto internazionale, il Paese è lontano dall’uscire dalla crisi sanitaria.
Dopo un leggero calo nello scorso fine settimana, il numero dei nuovi contagiati e dei decessi a causa del Covid è salito di nuovo:
più di 6mila nuovi contagi al giorno e circa 500 decessi. Il quotidiano romeno “Libertatea” ha fatto un calcolo: ogni settimana, in Romania muore l’equivalente di un piccolo villaggio, circa 3mila persone. E le autorità locali di Iași – città nel nordest del Paese – hanno comunicato che dai tempi della prima guerra mondiale non si era registrato un numero così grande di decessi: circa mille, nel mese di ottobre.
Il governo dimesso e la scena politica insicura non fanno che peggiorare la crisi che sta attraversando il paese. Alcune ong, con una lettera aperta, hanno chiesto al presidente romeno Klaus Iohannis di depoliticizzare le decisioni in materia di sicurezza sanitaria e di avvalersi di esperti per gestire la crisi sanitaria. Le autorità romene hanno prolungato di recente il lockdown parziale, limitando la circolazione durante la notte e introducendo l’obbligo del green pass per l’accesso in alcuni ambiti. Dopo due settimane di vacanze imposte dai contagi, questa settimana sono tornati nelle aule scolastiche soltanto gli insegnanti vaccinati, e le lezioni continuano online nelle località delle zone rosse. Questa misura è inefficiente, considerano gli specialisti. Răzvan Cherecheș, professore di politiche sanitarie presso l’Università Babeș Bolyai di Cluj-Napoca, in un commento sulle reti sociali, afferma che la didattica in presenza “può essere ripresa solo con la vaccinazione obbligatoria” per il personale didattico, “test settimanale del personale e degli alunni, corretta ventilazione degli ambienti scolastici, l’uso corretto della mascherina e distanziamento di minimo due metri durante le attività”.
Con una campagna di vaccinazione fallita e con il 45% della popolazione immunizzata contro il coronavirus, la Romania dovrà far fronte al numero sempre alto di nuovi contagi e decessi. Dopo un picco di 150mila vaccinazioni il 27 ottobre scorso, il numero di vaccini amministrati cala ogni giorno, e l’apertura delle scuole porterà a nuovi contagi. La quarta ondata non è finita, affermano gli specialisti. Anzi, “preparatevi, perché si tornerà daccapo”, avverte l’epidemiologo Octavian Jurma.
Cristina Grigore da Bucarest