Rivolte “verdi” di fronte al futuro incerto. Dopo le proteste degli agricoltori a Bruxelles, altre manifestazioni hanno toccato ancora l’Europa

In uno degli ultimi incontri con la stampa, la Commissione Ue ha fatto sapere che si sta lavorando ad un pacchetto di proposte che avranno l’obiettivo di alleggerire il carico di lavoro burocratico sulle imprese

Rivolte “verdi” di fronte al futuro incerto. Dopo le proteste degli agricoltori a Bruxelles, altre manifestazioni hanno toccato ancora l’Europa

Uniti contro l’Europa ma divisi al proprio interno. A guardare le cronache delle proteste agricole di questi giorni parrebbe davvero così. Gli agricoltori di buona parte dei paesi dell’Ue hanno mosso i loro trattori verso Bruxelles spinti da un sentimento: “Questa non è l’Europa che vogliamo, questa non è la politica agricola che vogliamo”. In realtà, le motivazioni dietro le proteste (che in alcuni paesi del nord erano già iniziate anche violentemente nei giorni precedenti il 1 febbraio 2024), appaiono essere diversificate a seconda delle agricolture e quindi degli Stati. Uno solo il denominatore comune: una magma incandescente che rischia di travolgere non solo alcuni pilastri della Politica agricola comune (Pac), ma che, in alcuni casi, vorrebbe mettere in discussione il sistema stesso della rappresentanza agricola.
Per capire la situazione, occorre da un lato guardare alla cronaca e, dall’altro, alle motivazioni e alle concessioni che già sono state elargite dall’Ue.
Sul fronte dei fatti, dopo la manifestazione di Bruxelles con centinaia di trattori e importanti danneggiamenti alla città, le proteste sono proseguite in Belgio, nelle Fiandre in particolare, si sono diluite in Francia e in Germania, così come in Grecia; ma sono proseguite anche in Italia. Nello Stivale, da nord a sud, nuclei di trattori hanno bloccato alcuni caselli autostradali e altri svincoli cruciali come a Orvieto, in Val di Sangro e Val di Chiana, Melegnano alle porte di Milano, e poi più a sud a Santa Maria Capua Vetere nel casertano. Gruppi estemporanei di coltivatori riuniti in sigle comparse recentemente come quella dei “Comitati riuniti agricoli” che in alcuni casi si sono definiti “agricoltori traditi”. Obiettivo dichiarato: arrivare fino a Roma, sotto Palazzo Chigi. Più caute le organizzazioni agricole strutturate, che, come Coldiretti, rivendicano già qualche risultato. Ettore Prandini, a capo dell’organizzazione dei coltivatori diretti, in una intervista ad Avvenire, nelle ore della manifestazione di Bruxelles ha dichiarato: “Da subito ho detto che ci saremmo mossi, cosa che stiamo facendo e continueremo a fare, finché l’Europa non darà le risposte che il mondo agricolo merita. Ci servono più fondi, non tagli come è successo in Germania dove hanno tagliato tre miliardi per gli agricoltori. I problemi ci sono anche da noi e ci lavoriamo sodo, come sempre, cercando di raggiungere obiettivi concreti”. Lo stesso Prandini, in una nota successiva e guardando al dopo-elezioni europee, ha aggiunto: “Chiediamo alle future istituzioni Ue di iniziare fin da subito a riflettere su come adattare la futura Pac alle rinnovate esigenze di redditività e competitività delle imprese agricole nel nuovo scenario internazionale che richiede all’Unione Europea di sostenere la propria capacità produttiva nell’agroalimentare”.
Qualcosa, in effetti, è già stato ottenuto. In uno degli ultimi incontri con la stampa, la Commissione Ue ha fatto sapere che si sta lavorando ad un pacchetto di proposte che avranno l’obiettivo di alleggerire il carico di lavoro burocratico sulle imprese. La stessa Commissione ha però in un certo modo scaricato il dovere di muoversi anche sui governi nazionali: nella nuova politica agricola da qui al 2027 ai singoli Stati è infatti affidato il compito di “disegnare schemi e programmi che funzionino per i nostri agricoltori, per la nostra sicurezza alimentare, per gli obiettivi climatici e di sostenibilità”. Oltre alle grandi strategie, d’altra parte, la stessa Commissione ha già proposto una deroga al blocco delle coltivazioni dei terreni: uno dei motivi che aveva scatenato la rivolta agricola. Dal canto suo, il governo italiano ha ricordato di essere stato molto attento alle esigenze del settore portando le risorse del Pnrr dedicate ai campi da 5 a 8 miliardi di euro. Situazioni composite, invece, in altri paesi Ue, in cui tra concessioni e proroghe, comunque, qualcosa per allentare la tensione è stato fatto. Sulla lista della spesa degli agricoltori ci sono temi come l’attenzione ai giovani, la correzione del cosiddetto green deal, la questione delle etichette e della protezione dalle imitazioni. Senza dire del grande tema della protezione nei confronti dei prodotti extraurbane che, proprio nelle ore della protesta a Bruxelles, ha fatto segnare un punto a favore dei produttori agricoli: il blocco dell’intesa tra Ue e area Mercosur (che comprende Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay), un fermo che, probabilmente, sarà solo temporaneo però visti i grandi interessi in gioco sull’accordo.
Cosa accadrà a questo punto? Difficile fare previsioni sicure, più facile prevedere che l’Europa arriverà ad un compromesso ampio che possa far superare le proteste, contemperando esigenze dei produttori con quelli di bilancio, senza dimenticare la necessità degli equilibri internazionali e di quelli ambientali.

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Fonte: Sir