Reddito di cittadinanza, l'impennata delle revoche
A gennaio di quest'anno sono state oltre 15 mila, contro le 20 mila di tutto il 2020. Le verifiche dei requisiti, che avvengono dopo l'erogazione del contributo, stanno facendo emergere migliaia di domande irregolari. Ora c'è il problema di oltre 35 mila procedimenti penali da avviare e il recupero delle somme indebitamente percepite
Le revoche del reddito o della pensione di cittadinanza nel 2020 sono state 20.036. Nel mese di gennaio del nuovo anno già 15.225. Nuclei familiari ai quali l'Inps ha bloccato il contributo mensile perché le verifiche sull'esistenza effettiva dei requisiti per ottenerlo sono risultate negative. C'è chi non aveva i 10 di residenza in Italia (di cui gli ultimi due consecutivi), chi è risultato residente con familiari in possesso di redditi o proprietà oppure perché percepiva già altri sostegni pubblici incompatibili. Sono famiglie che per diversi mesi hanno percepito il reddito di cittadinanza, ma di cui solo ora ci si accorge che non ne avevano diritto. Questo perché l'erogazione del reddito di cittadinanza deve avvenire, come previsto dal decreto legge che l'ha istituito (il n. 4 del 2019) entro il mese successivo alla domanda e i “requisiti si considerano posseduti sino a quando non intervenga comunicazione contraria da parte delle amministrazioni competenti alla verifica degli stessi”. In particolare, ad esempio, sono i Comuni che devono verificare il requisito della residenza. Quindi l'Inps paga e poi si verifica. E ora stanno per venire a galla tutte le situazioni di irregolarità, con un crescendo di casi di cui in queste settimane si stanno rendendo chi per esempio gestisce gli sportelli per i migranti.
I nuclei familiari a cui è stato revocato il reddito o la pensione di cittadinanza rischiano un procedimento penale con condanna prevista da 2 a 6 anni di reclusione per aver reso “dichiarazioni o documenti falsi” e sono tenute “alla restituzione di quanto indebitamente percepito”. Sarà arduo per l'Inps recuperare quanto erogato da famiglie o persone con redditi comunque bassi.
Complessivamente nel 2020 hanno percepito il reddito o la pensione di cittadinanza oltre 1,5 milioni di famiglie. Le revoche (20 mila) riguardano quindi una minoranza. “Non dobbiamo pensare che si tratti solo e sempre di furbetti - spiega un avvocato che sta seguendo una decina di casi -. Per esempio, sul requisito dei dieci anni di residenza non è sempre facile fare un calcolo esatto”. Preoccupa comunque l'aumento esponenziale delle revoche, con tutte le conseguenze, anche sugli uffici giudiziari, visto che tra il 2020 e gennaio 2021 sono almeno 35mila i procedimenti penali da avviare.
Sul requisito dei dieci anni di residenza, inoltre, un gruppo di associazioni (Asgi, Avvocati per Niente, Naga e “L’Altro diritto”) hanno depositato il 19 novembre una denuncia alla Commissione Europea chiedendo che Bruxelles apra una procedura di infrazione contro l’Italia perché “continua a escludere un gran numero di cittadini stranieri e – paradossalmente – anche di emigrati italiani 'di ritorno'”, sostengono. Dieci anni, insomma sono troppi. “La situazione italiana è unica in tutta Europa - aggiungono - perché nessuno degli Stati europei che hanno istituito una prestazione di contrasto alla povertà ha introdotto requisiti di lungo residenza di questa ampiezza”. Dai dati Inps, i nuclei familiari extra comunitari che hanno percepito il reddito di cittadinanza sono stati effettivamente una minoranza: 108.656.