"Non cavalco più, ora però alleno": la storia di Marinella Arienti
Nata e cresciuta tra paglia, fieno e l’Ippodromo di Milano, è stata una dei primi fantini donna in Italia. Poi un incidente le ha cambiato la vita, ma lei non ha abbandonato il suo mondo. Oggi è titolare della scuderia in cui lavorano anche il figlio e il marito
Il rumore sordo degli zoccoli sulla pista, i muscoli tesi dei cavalli lanciati al galoppo, le criniere al vento, l’agilità dei fantini. E poi l’odore di paglia delle scuderie, i grandi occhi scuri di questi quadrupedi, le sfumature del loro manto. Ha un fascino indiscutibile l’Ippodromo di San Siro a Milano, con l’architettura delle scuderie che ricorda i cottage inglesi, con gli alti tetti spioventi, i fienili al primo piano e i box per i cavalli al piano terra. C’è poi la passione che sprizza dalle donne e dagli uomini che lo animano, con ruoli e mansioni dai nomi che sembrano d’altri tempi: gli artieri (coloro che curano ogni giorno il cavallo nutrendolo, spazzolandolo, pulendo il box), le amazzoni e i gentleman (chi ogni giorno cavalca i cavalli per tenerli in forma), i maniscalchi (con il loro pesante grembiule in pelle), i fantini (piccoli e leggeri) e gli allenatori. Marinella Arienti in questo mondo ci è nata e cresciuta. Il suo papà, Luigi, era un allenatore di cavalli da corsa.
E lei che strada ha intrapreso?
Sono diventata fantina a 18 anni, nel 1982. Prima di me solo altre tre donne avevano intrapreso questa strada, conseguendo la licenza che viene rilasciata dal ministero per le Politiche agricole. Fino al 2006 ho corso e vinto, sia come fantina che come proprietaria di cavalli.
Poi cos’è successo?
C’è stato l’incidente che mi ha cambiato la vita: il portellone ribaltabile del rimorchio su cui trasportavo un mio cavallo mi è caduto addosso, fratturandomi una vertebra con lesione del midollo. Sono iniziati per me due anni di sofferenze, dolori, ricoveri in ospedali e operazioni chirurgiche. Ci sono stati momenti in cui volevo farla finita.
Ma ha deciso di tornare nel mondo dell’ippica...
Ho fatto il corso per diventare allenatrice di cavalli. La prima donna disabile in Italia e in Europa a ottenere la licenza. Al ministero per le Politiche agricole all’inizio avevano qualche dubbio sul fatto che potessi allenare un cavallo: più che altro obiettavano che non ero in grado di sellarlo, ma il problema è stato presto superato perché la sellatura è anche un compito dell’artiere. L’abilità dell’allenatore, del resto, è più di testa che fisica: l’allenatore è quello che programma e dirige la crescita tecnica di un cavallo da corsa. Nelle scuderie i cavalli entrano puledri e ne escono potenziali campioni. C’è la fase iniziale della ‘doma’, in cui il puledro si abitua alla sella e a essere cavalcato da un uomo, e poi c’è la fase in cui deve sviluppare muscolatura e fiato. Un lavoro delicato: il cavallo non deve mai essere indotto a fare sforzi maggiori delle sue capacità. Nel nostro ambiente si dice che ci vogliono mesi per fare un campione e un attimo per rovinare tutto.
Oggi chi è Marinella Arienti?
Sono un’imprenditrice. Nella scuderia Arienti lavorano una decina di persone, mio figlio e mio marito compresi: gestiamo una decina di cavalli. Tutto questo mi ha salvata. È un ambiente molto competitivo, ma anche per questo mi piace. È anche un luogo molto bello, con tanto verde e tanti animali, tra cui fagiani, scoiattoli, lepri.
Qual è la sua giornata tipo?
Ogni giorno arrivo in scuderia alle sette del mattino. La giornata vola, tra gli allenamenti e i contatti con i fornitori. E poi devo continuamente tenere i rapporti con i proprietari dei cavalli: hanno investito un bel po’ di soldi e un po’ scalpitano anche loro perché i loro campioni partecipino alle gare. Ma spetta a me decidere quando sono in grado di farlo.
Progetti per il futuro?
Andare avanti, anche se il futuro è un po’ incerto. Nell’ottobre scorso, dopo mesi di trattativa e tensioni, le 38 scuderie dell’Ippodromo di San Siro hanno firmato il nuovo contratto di affitto con la proprietà dell’area e degli impianti, la Snaitech. Un contratto triennale, nel quale la società ha la facoltà di recesso se si verifica un cambio di destinazione d’uso degli immobili o dei terreni per l’allenamento. Anche se sull’Ippodromo, sulle scuderie e sulle piste di allenamento c’è un vincolo della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Lombardia, il timore è che prima o poi venga smantellato tutto perché l’area è molto appetibile. La Snaitech, però, ha sempre assicurato che non vuole fare speculazioni immobiliari. C’è tanta storia in queste scuderie. E la mia speranza è che questa storia continui
L’intervista è tratta dal numero di SuperAbile INAIL di marzo, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità