Nigeria: ragazze rapite, ancora una prova che il Paese rischia la deriva
La scuola presa di mira oggi è la Government Girls Science Secondary School di Jangebe. Unicef e missionari denunciano una situazione insostenibile nel Paese tra povertà, violenza e conflitti locali. Solo alcuni giorni fa si erano pronunciati i vescovi. Nelle regioni insicure, soggette a continui attacchi, “garantire ai ragazzi un ambiente sano dove studiare è una priorità”, dice padre Augustine Okeke, direttore del Child Protection Center di Lagos.
È il secondo rapimento di massa in una settimana in Nigeria. Ben 327 ragazze stamattina sono state portate via con la forza da un edificio scolastico di Jangebe, nella regione di Zamfara, nella Nigeria nord-occidentale. Pochi giorni fa si era verificato un episodio simile nel Niger State, la regione più vasta del Paese, dove sono state rapite 42 persone, compresi 27 studenti. Gli ostaggi sono ancora nelle mani dei rapitori.
La scuola presa di mira oggi è la Government Girls Science Secondary School di Jangebe. “Serve un’azione urgente per proteggere il futuro dei bambini e dei giovani coinvolti in situazioni di conflitto – ha scritto Unicef Nigeria poche ore fa in un tweet –. Gli attacchi mirati e indiscriminati contro gli studenti, gli insegnanti, gli accademici, il personale scolastico e le scuole sono inaccettabili”.
Con l’hashtag protect school (proteggiamo la scuola) l’Unicef denuncia una violenza che si ripete ciclicamente.
I nostri missionari che vivono e operano in Nigeria hanno sempre messo in guardia circa la pericolosità di alcune regioni, soprattutto al Nord. I salesiani di stanza a Bagudo, Stato di Kebbi, area a prevalenza musulmana, ai confini con il Benin, dove i cristiani rappresentano una minoranza, parlano di “fanatismo religioso di Boko Haram, che si manifesta con regolare e drammatica puntualità”. In questo contesto sorge la parrocchia St. Peter gestita dal Centro Don Bosco. Nelle regioni insicure, soggette a continui attacchi “garantire ai ragazzi un ambiente sano, dove studiare è una priorità”, dice padre Augustine Okeke, direttore del Child Protection Center di Lagos. Qui sorge un altro Centro salesiano per la Protezione dei minori (Don Bosco Child Protection Centre), finanziato dalla Procura missionaria salesiana di New Rochelle, negli Stati Uniti. “Noi li ospitiamo e diamo loro un’educazione, forniamo competenze. Lagos è una mega city e i ragazzi di strada sono ovunque”, spiega Okeke.
Il centro recupera ragazzi e ragazze dai 7 ai 15 anni che vivono per strada, hanno subito abusi fisici in casa o sono stati salvati dal traffico di esseri umani. Sotto accusa è sempre il gruppo islamista Boko Haram che imperversa in Nigeria da diversi anni e che nel 2014 aveva rapito 276 ragazze dalla scuola femminile di Chibok. Nonostante la mobilitazione internazionale, solo alcune di quelle ragazze avevano fatto ritorno a casa. Il presidente nigeriano Buhari nel 2019 ha ratificato una dichiarazione che impegna giuridicamente il Paese a far di tutto “per prevenire gli attacchi contro gli edifici scolastici, i rapimenti e a punire le violazioni in tal senso”.
Il Paese sta attraversando l’ennesima crisi economica e sociale, mentre gruppi armati seminano terrore e violenza.
“Il fallimento da parte delle autorità federali e dei singoli Stati di garantire la sicurezza – si legge sull’agenzia Fides – sta facendo aumentare il numero delle forze di autodifesa promosse dalle comunità locali. Un fenomeno che contribuisce a indebolire l’unità nazionale, come denunciato di recente dai Vescovi nigeriani, e le spinte all’autodifesa stanno rapidamente guadagnando terreno. Molti gruppi etnici stanno suonando rumorosamente i tamburi di guerra, chiedendo non solo una maggiore autonomia, ma anche la rinuncia definitiva a una nazione in cui hanno perso ogni fiducia e senso di appartenenza”.
Ilaria De Bonis*
*redazione Popoli e Missione