Nido alla Dozza, i garanti: “Scelta anacronistica, la soluzione sono le case famiglia”

Marighelli, garante detenuti e Garavini, garante infanzia e adolescenza, bocciano la scelta di aprire un nido nella sezione femminile del carcere bolognese: “Camere detentive incompatibili con la vita dei bambini. La normativa c’è, si applichi”

Nido alla Dozza, i garanti: “Scelta anacronistica, la soluzione sono le case famiglia”

“Non è stata una sorpresa: il nido nei reparti femminili è una misura prevista dal 1975. La scelta di realizzarlo oggi appare tardiva se non anacronistica. La legge 62 del 2011 già riconosceva la fondamentale importanza della casa famiglia protetta, snodo fondamentale per garantire un riferimento abitativo alle madri con provvedimento di custodia cautelare o esecuzione della pena con i propri bambini”. Marcello Marighelli, garante regionale delle persone private della libertà personale, commenta così la notizia dell’imminente apertura del nido nella sezione femminile dell’Istituto penitenziario Rocco d’Amato di Bologna. “La preferenza va data alle case famiglie protette, per la tutela degli interessi dei minori. Una camera detentiva è incompatibile con la vita di un bambino. Abbiamo espresso perplessità in varie occasioni: peraltro, in quell’edificio c’è anche una piccola articolazione che riguarda la salute mentale. La situazione rischia di diventare ancora più complessa. Purtroppo c’è ancora una prassi dell’amministrazione penitenziaria che mette al centro dell’esecuzione penale il carcere e non il territorio”.

Casa famiglia protetta come proposta risocializzante e rieducativa, anche più di una detenzione domiciliare. “Troppo spesso mi è capitato di vedere come le autrici di reato, in realtà, fossero in primis vittime”, sottolinea con amarezza Marighelli che mette in luce anche un altro aspetto: “La casa famiglia protetta si deve realizzare in convenzione tra amministrazioni locali e amministrazione penitenziaria. Onestamente, non mi pare che le amministrazioni locali abbiano sollecitato molto. E dunque mi interrogo: che valore ha, allora, quella legge? Nessuna legge sociale funziona, se il territorio non è accogliente, empatico e propositivo”.
La legge n. 178 del 30 dicembre 2020 (legge di bilancio 2021) prevede 4,5 milioni di euro per accogliere i genitori detenuti con bambini in case famiglia protette e in case alloggio. Entro lo scorso febbraio, ministero della Giustizia e ministero dell’Economia avrebbero dovuto adottare un decreto per poter utilizzare a tale scopo 1,5 milioni di euro per ogni annualità fino al 2023. Ma ancora non è arrivato: “Abbiamo scritto al ministero, entro il 28 febbraio avrebbero dovuto comunicare la ripartizione dei fondi tra le Regioni. Non sappiamo nulla: è mortificante”.

Nel 2019 sono stati 15 i bambini entrati nelle carceri emiliano-romagnole (soprattutto Bologna e Ferrara), nel 2020 sono stati 11, quest’anno già 4. “Sappiamo che tutto il personale degli istituti si è sempre speso al massimo per rendere il più possibile accettabile la permanenza dei piccoli in carcere – sottolinea il garante –. Se devo trovare un lato positivo all’apertura del nido, spero almeno che gli agenti penitenziari saranno sollevati da alcune incombenze, visto che dovevano anche occuparsi dei bambini, pur non essendo formati né attrezzati per queste situazioni”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Clede Maria Garavini, garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza. “I bambini non possono stare all’interno di un carcere, non possono vivere in quegli spazi e con quel funzionamento. Non lo possiamo tollerare. L’apertura di un nido appare come un lenitivo a una situazione che richiede ben altro
Noi sottolineiamo la necessità assoluta di procedere verso l’apertura di una struttura con un progetto qualificato, un solido impianto educativo, la possibilità di vivere la quotidianità nella sua dimensione più ricca. 
Gli spazi possono pure essere abbelliti, ma i bambini devono vivere in altre condizioni. È innegabile: i diritti sanciti dalla convenzione Onu non sono rispettati. Abbiamo precisi riferimenti legislativi frutto di ricerche, analisi, studi: mettiamoli a frutto”. “Sì, abbiamo tanta normativa che però rimane lettera morta – constata Garavini –.
Il decreto Severino dell’8 marzo 2013 precisa già i Requisiti delle case famiglia protette e chiede di evitare, in toto, l’ingresso di bambini nelle strutture penitenziarie. Tutto enunciato, nella pratica non si fa nulla”.

L’inaugurazione del nido è prevista venerdì 9 luglio. “Ci hanno invitato – annunciano i garanti –. Se andremo? Non abbiamo ancora deciso. Le nostre posizioni sono ben note a tutti. Faremo ciò che riterremo migliore perché, ancora una volta, vengano affermate”.

Ambra Notari

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)