Migranti. Nasce il comitato Infosol, per una narrazione corretta sui soccorsi in mare e sui processi

Parla Fulvio Vassallo Paleologo (Adif): “Ci siamo accorti sempre di più che stiamo assistendo ad un completo sovvertimento delle fonti giuridiche con il ribaltamento del rapporto tra realtà e falsità, e con il prevalere di una narrazione tossica che va smentita con fonti che attestino i fatti realmente accaduti”

Migranti. Nasce il comitato Infosol, per una narrazione corretta sui soccorsi in mare e sui processi

“Infosol” sta per Informiamo sulla Solidarietà ed è pronto a raccontare la verità sul tema dell'Immigrazione spesso alterata, resa in modo parziale o - ancora peggio - politicamente strumentalizzata. Nato nei giorni scorsi, ha già raccolto oltre che di parecchi cittadini, più di 70 adesioni da tutta Italia di associazioni, reti e movimenti antirazzisti; si tratta  di un comitato della società civile che vuole garantire una corretta informazione sui soccorsi in mare e sui processi alla solidarietà in tema di flussi delle persone migranti. A sottolineare l'importanza della realtà è Fulvio Vassallo Paleologo, dell'associazione Diritti e Frontiere (Adif).

Che cos'è Infosol?
E' principalmente un comitato di cittadini solidali e di reti che diffondono l'informazione in materia di immigrazione. Infosol (Informiamo sulla solidarietà), si impegna a promuovere iniziative e campagne di sostegno per tutte le attività di soccorso umanitario e a garantire, nello stesso tempo, una corretta informazione sui procedimenti penali ed amministrativi nei confronti delle organizzazioni non governative. Le Ong con le loro navi umanitarie sono testimoni 'scomodi' di tutto quello che avviene nel Mediterraneo che non si vuole raccontare.

Perché si è deciso di farlo nascere?
Insieme al Forum antirazzista di Palermo, alla Rete antirazzista catanese e alle altre realtà che a vario livello sono sempre state vicine al dramma che continuano a vivere le persone migranti, ci siamo accorti sempre di più che stiamo assistendo ad un completo sovvertimento delle fonti giuridiche con il ribaltamento del rapporto tra realtà e falsità, e con il prevalere di una narrazione tossica che va smentita con fonti che attestino i fatti realmente accaduti. E' purtroppo una narrazione che, ricorrendo spesso a dati ricostruiti approssimativamente, cerca di legittimare la prevalenza della  politica di 'difesa dei confini’ sul rispetto del diritto internazionale. Siamo contrari ad una narrazione distorta che, oltre ad alimentare il sospetto contro i migranti, se accolti a terra, ritenendoli a torto un pericolo per la salute pubblica, criminalizza gli interventi di soccorso in mare, a scapito del principio di legalità, della salvaguardia della vita umana e della dignità della persona, da riconoscere quale che sia lo stato giuridico e il luogo in cui si trovi. Informeremo, quindi, attraverso i canali social che sono diventati sempre più potenti e in cui si gioca una brutta partita per la conquista del consenso, trasmettendo notizie che ristabiliscano la dinamica dei fatti e l’ordine gerarchico delle fonti normative.

Che cosa sta succedendo alle Ong?
Si stanno rilanciando proprio in queste ultime settimane diverse iniziative giudiziarie - in particolare a Trapani sul caso Iuventa, e a Ragusa per quanto riguarda le Ong Open Arms e Mediterranea - nei confronti delle Ong, ritenute 'colpevoli' forse di avere soccorso troppi naufraghi in mare, salvando vite che l’assenza di mezzi statali avrebbe sicuramente sacrificato. Su questa si è scatenata una campagna mediatica che sta cercando di utilizzare i processi alla solidarietà per infangare gli operatori umanitari e coprire le responsabilità dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, che deve difendersi nei tribunali sui casi Gregoretti e Open Arms. L’ingresso per ragioni di soccorso non è un ingresso clandestino, avviene con il concorso delle autorità marittime e non è riconducibile alle attività degli scafisti. Tutte le Ong operano sulla base di contributi privati, e i fini che perseguono sono umanitari, non di profitto.

Cosa farete nello specifico?
Seguiremo tutti i procedimenti penali e amministrativi relativi ad attività di soccorso in mare. Crediamo che tutta la società civile debba indignarsi e nello stesso tempo reagire ad un clima di odio sociale e di mistificazione dei fatti, in difesa dei principi costituzionali della solidarietà, delle Convenzioni internazionali, del diritto di asilo, della libertà personale, della libertà di informazione, del diritto alla salute. Si tratta di diritti e libertà che corrispondono a valori indivisibili, che se vengono negati ad un gruppo di persone, possono essere negati a tutti i cittadini. Su questi diritti si gioca la democrazia di un Paese.

Che cosa chiedete al Governo Draghi e alla ministra Lamorgese? Prima di tutto dobbiamo chiedere l'abrogazione del decreto interministeriale del 7 aprile del 2020 che permette ancora oggi di fermare o ritardare lo sbarco delle persone soccorse in mare e richiama al rispetto degli accordi con i libici. Ricordiamoci sempre che in Libia, che non è un porto sicuro di sbarco, la situazione dei migranti rimane disperata, tale da configurare per tutti loro uno stato di pericolo generalizzato. Parliamo di persone (donne, uomini e minori), in balia di estorsioni e violenze, che sono intrappolate nei centri di detenzione di diverso tipo gestiti dalle milizie, variamente colluse con i gruppi criminali. Sappiamo che continuano ad avvenire i naufragi di imbarcazioni cariche di persone in fuga da quel paese. Secondo i criteri dell’Unhcr, neppure la Tunisia può essere definita un paese terzo sicuro, rispetto alle persone intercettate in mare. Nel Mediterraneo centrale, inoltre, gli Stati europei danno un contributo essenziale alle attività di intercettazione dei migranti della guardia costiera libica finanziata, assistita, mantenuta e coordinata con Frontex, dalle autorità europee. Soltanto negli ultimi giorni abbiamo avuto più di mille persone bloccate in mare che sono state riportate nei lager libici. Nel frattempo, continuano gli sbarchi autonomi a Lampedusa. E non dipendono certo dalle Ong che rimangono ancora bloccate, per la maggior parte da sequestri e da fermi amministrativi.

Che cosa fa l'Europa?
Purtroppo a livello europeo quello che avviene è solo un rafforzamento dei confini attraverso l’agenzia Ue Frontex, concentrata soltanto sui rimpatri e sui respingimenti dei migranti in collaborazione con le autorità libiche. Si ribadisce, quindi, la politica di esternalizzazione, cioè di affidamento ai paesi terzi dei compiti di bloccare le persone migranti prima che possano arrivare in Europa, anche se questi paesi non rispettano i diritti umani. E' chiaro che la situazione migratoria nel Mediterraneo non è un problema che riguarda solo l'Italia. Quando le persone sono in mare però, come dice anche il più recente decreto del ministro delle infrastrutture del 4 febbraio scorso, in coerenza con quanto prescritto dal Diritto internazionale, il salvataggio che comprende anche lo sbarco a terra deve avvenire senza ritardi e omissioni, prima del problema politico di come redistribuire le persone. Malta peraltro non offre da anni un porto di sbarco per i naufraghi soccorsi da imbarcazioni straniere perché non ha mai accettato gli emendamenti alla Convenzione SAR di Amburgo del 1979, che invece l’Italia ha recepito. E’ un problema che si può risolvere solo rivedendo la ripartizione delle zone di ricerca e salvataggio (SAR). Il Comitato Infosol nasce anche per segnalare tutto questo e per supportare quelle poche organizzazioni non governative che, malgrado tutto, continuano a svolgere attività di salvataggio nel Mediterraneo. Una attività dovuta, in adempimento di obblighi di ricerca e soccorso che gli Stati evadono.

Serena Termini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)