Migranti, parla Andrea Franchi: “Sono tranquillo, continueremo a curare chi arriva dalla rotta balcanica”

Intervista al vicepresidente di Linea d’Ombra Odv, l’associazione di Trieste che aiuta i migranti in transito. Da ieri accusato di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare a scopo di lucro. “Immaginavo che primo o poi sarebbe successo, ma quello che facciamo è sotto gli occhi di tutti: curiamo chi ha bisogno”

Migranti, parla Andrea Franchi: “Sono tranquillo, continueremo a curare chi arriva dalla rotta balcanica”

“Immaginavo che prima o poi sarebbe successo, ma sono tranquillo. E da stasera, come sempre, torniamo in piazza ad aiutare le persone che arrivano dalla rotta balcanica”. Il carrettino verde, con garze e pomate, per medicare i piedi di chi ha tentato il game, è già pronto. Lo assicura Andrea Franchi, 84 anni, ex professore di filosofia e vicepresidente di Linea d’Ombra Odv, l’associazione fondata insieme alla moglie Lorena Fornasir, che aiuta i migranti in transito nella città di Trieste e nelle zone di confine. Redattore Sociale lo ha intervistato dopo che ieri la questura di Trieste ha fatto irruzione nella loro casa e sequestrato pc e telefono di Franchi. L’accusa è favoreggiamento dell’immigrazione irregolare a scopo di lucro.

Signor Franchi, come ha scritto lei stesso ieri sera sul suo profilo Facebook, l’accusa è solo a suo carico. Si aspettava di finire indagato?

Immaginavo che prima o poi sarebbe successo. Come associazione aiutiamo tutti, anche i migranti irregolari, tutto quello che facciamo, è quindi sul filo della legalità. Devo dire che l’irruzione alle 5 in casa non è stata piacevole, hanno preso il mio computer e il mio cellulare. Poi mi hanno portato in caserma, preso le impronte digitali e fatto le foto segnaletiche. Sono stato lì due ore. Ma sono tranquillo. Mi dispiace soprattutto che abbiano preso il pc, dove c’è tutto il mio materiale di studio. Io scrivo molto, ultimamente stavo ultimando degli scritti e pensando a un libro. Ecco, che mi abbiano tolto tutto questo mi secca molto. So che ci vorrà tempo prima che me lo restituiscano.

L’accusa è pesante: favoreggiamento dell’immigrazione irregolare a scopo di lucro.

Sì, ma è un'accusa fatta con un sistema di assemblaggio: hanno messo insieme più persone. Il fatto risale al luglio 2019 quando abbiano ospitato una famiglia curdo iraniana, con due bambini. Li abbiamo aiutati e, tra l'altro, li abbiamo portati all’Ics di Trieste per fargli fare la domanda d’asilo in Italia. Volevano, invece, raggiungere i parenti in Germania, come il 90% delle persone che arriva dalla rotta balcanica. Allora io li ho accompagnati alla stazione e a fare delle spese, la polizia mi ha fermato con una scusa, dicevano che somigliavo a una  persona scappata di casa. Ho capito che mi stavano controllando. Da quanto abbiamo ricostruito quella famiglia la sera prima era stata ospitata in un appartamento gestito da passeur, alla stazione hanno incontrato altri passeur per arrivare in Germania. Ecco: l’accusa mette insieme me e la rete di passeur, come se quella rete passasse anche da me. Mia moglie Lorena invece non ha accuse a suo carico. In ogni caso, quella famiglia ora è in Germania, so che i bambini vanno a scuola lì e sono riusciti a ricostruirsi una vita. A me dispiace solo dover gestire questa grana. 

E’ preoccupato?

No, guardi, io sono un iperteso ma ieri tornato a casa dalla caserma ho misurato la pressione: 115-70. Sono molto tranquillo. 

Tornerete in piazza a Trieste col vostro carrettino verde per medicare le ferite di chi arriva dai Balcani?

Certo che torneremo. Andiamo anche se non arriva nessuno, come abbiamo sempre fatto. L’altro ieri c’erano solo quattro persone, il flusso sta diminuendo: a novembre abbiamo incontrato 320 persone, a dicembre 30, in tutto gennaio 4 persone. Lo stesso a febbraio. Siamo stati di recente anche a Bihac a portare supporto alle persone bloccate alla frontiera: siamo ritornati 3 febbraio. Tutti sanno quello che facciamo, curiamo chi ha bisogno. Siamo in piazza da un anno senza che nessuno ci abbia mai detto niente. La polizia ci vede, la polizia ferroviaria ha un rapporto con noi, quando piove ci spostiamo sotto la tettoia della stazione. Normalmente siamo tollerati, perché svolgiamo un servizio che le istituzione non vogliono e non possono fare. Serviamo, insomma. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)