Migranti, "la paura dello straniero perché porta malattie è una delle più antiche"
Prima gli albanesi, poi i musulmani, i romeni e i rom. Oggi i cinesi. È un ciclo che si ripete, spiega Maurizio Ambrosini, sociologo e autore de "L'invasione immaginaria" in libreria da giovedì
MILANO - Negli anni '90 gli albanesi, nel 2001 i musulmani, nel 2007 i romeni, poi i rom, in queste settimane i cinesi. Ogni epoca ha l'immigrato cattivo o pericoloso. "L'immigrazione fa sempre discutere, ma l'attenzione sale quando si verificano episodi negativi che mettono in cattiva luce una categoria di immigrati", afferma Maurizio Ambrosini, sociologo dell'Università Statale di Milano. Da giovedì sarà in libreria il suo nuovo libro, "L'invasione immaginaria" (Editori Laterza), un viaggio tra pregiudizi, fake news e stereotipi dell'immigrazione in Italia che Ambrosini smonta pezzo per pezzo. "La paura dello straniero perché porta malattie è una delle più antiche – aggiunge - . Credo che sia tipico di un atteggiamento ansiogeno verso gli immigrati per cui bisogna tenerli sempre sotto controllo. Il timore è che possano creare problemi alla pacifica comunità dei residenti. Ed è quello che sta succedendo ora con i cinesi, visti come altro da noi anche se questa comunità è in Italia da oltre 100 anni".
Ambrosini nel suo libro smentisce, dati alla mano, che sia in corso un'invasione dell'Italia da parte degli immigrati. "Gli ultimi dati resi noti documentano la sostanziale stabilizzazione della popolazione immigrata da cinque anni a questa parte. L'opinione pubblica è stata fuorviata dalla visibilità degli sbarchi e dei dispositivi di accoglienza sul territorio di un numero in sé contenuto di richiedenti asilo". Gli sbarchi riguardano una minoranza di stranieri, rispetto alla stragrande maggioranza che ormai vive in Italia da anni, lavora, paga le tasse e ha una famiglia. L'invasione solo temuta e immaginata ha però ripercussioni sulla mentalità delle persone, condiziona le scelte politiche, polarizza il dibattito pubblico tra chi è a favore e chi è contro, tra chi dice "aiutiamoli a casa loro" e chi ritiene che l'immigrato va accolto perché povero e sfruttato.
In realtà, ci fa capire Ambrosini, il fenomeno è molto più complesso e, soprattutto, andrebbe affrontato con interventi razionali, basati sui numeri e finalizzati alle diverse situazioni in cui si trovano gli immigrati. Non sono tutti uguali, non hanno tutti le stesse esigenze, non hanno tutti la stessa storia. "Chi dice accogliamoli perché sono poveri e l'Africa è sfruttata dall'Occidente, anche se mosso da buone intenzioni, collude con la posizione leghista", aggiunge Ambrosini, che nel libro scrive: "Il nesso diretto e semplicistico tra povertà e migrazioni produce presunte risposte che vorrebbero tenere lontani migranti e rifugiati ammantandosi di preoccupazioni etiche e di razionalità politica, come sembra suggerire lo slogan 'aiutiamoli a casa loro'". L'immigrazione ha meccanismi diversi, in realtà, ed è selettiva: emigra chi ne ha la capacità, la forza, anche economica, e ha una buona dose di ambizione e coraggio. (dp)