Migranti, “i rimpatri volontari rischiano di diventare un eufemismo per le espulsioni”
È la denuncia del Cese, il Comitato economico e sociale europeo, che teme che, in assenza di adeguate garanzie e di forti misure di reintegrazione nei paesi di origine, il rimpatrio volontario possa comportare una violazione dei diritti umani fondamentali dei migranti
“I rimpatri volontari rischiano di diventare un eufemismo per le espulsioni”. Non usa mezzi termini il Cese, il Comitato economico e sociale europeo, che accoglie con favore gli sforzi della Commissione europea per armonizzare le misure che disciplinano il rimpatrio volontario dei migranti e il loro reinserimento nei paesi di origine, ma esprime dubbi sulla fattibilità di alcune delle proposte. “La maggior parte dei rimpatri volontari non funziona correttamente perché i paesi di origine non sono sufficientemente coinvolti, e perché i migranti in situazione irregolare sono spesso restii a rimpatriare”, scrive il Cese.
Il rimpatrio volontario è considerato lo strumento che permette il ritorno nel paese di origine delle persone migranti che si trovano nel territorio dell'Unione Europea in situazione irregolare. I migranti devono decidere volontariamente di tornare: la procedura nasce per agevolare il loro rimpatrio, favorendo un reinserimento nella società di origine, in maniera migliore rispetto alle procedure di rimpatrio forzato.
“Questi rimpatri accelerati sono realmente volontari o sono espulsioni? – si chiede José Antonio Moreno Díaz del Cese –. Il Comitato teme che il rimpatrio volontario possa costituire un eufemismo per designare operazioni che siano di fatto espulsioni o compensazioni economiche per i paesi di destinazione che accolgono le persone rimpatriate, senza tenere in considerazione i desideri di queste persone, né – cosa ancora più inquietante – i loro diritti. Un rimpatrio volontario per evitare un'espulsione forzata non può essere considerato un'azione libera da condizionamenti”.
Il punto di vista del Cese è stato presentato nel parere “Strategia sui rimpatri volontari e la reintegrazione sostenibili”, in cui il Comitato ha esaminato da vicino la strategia che è uno degli obiettivi chiave del nuovo patto sulla migrazione e l'asilo, presentato dalla Commissione nel settembre 2020. La strategia nasce per migliorare il coordinamento e la solidarietà tra gli Stati membri, con l’obiettivo di stabilire un approccio comune nell’attuazione dei programmi di rimpatrio volontario assistito e di reintegrazione. Prevede inoltre una migliore cooperazione con i paesi terzi, per contribuire al reinserimento dei migranti rimpatriati.
“Vi sono due problemi fondamentali relativi ai rimpatri falliti – continua Moreno –. A volte i paesi di origine non li facilitano e in alcuni casi i migranti rimpatriati non vogliono tornare indietro dopo un viaggio irto di difficoltà, quindi cercheranno nuovamente di entrare nell'Unione. Ci si concentra quasi esclusivamente sulla lotta alle situazioni irregolari, alle frontiere o attraverso i rimpatri volontari e forzati, senza offrire nel contempo un approccio globale alla gestione della migrazione, promuovendo una mobilità legale e sicura. Riteniamo che si tratti di una debolezza strategica della politica dell'Ue in materia di migrazione e asilo: dobbiamo gestire le irregolarità prima che si verifichino. Ciò significa che dobbiamo garantire modalità sicure ed efficaci di ingresso nell'Ue. Se ci riuscissimo, potremmo assistere a una riduzione degli arrivi irregolari”.
L'incoraggiamento dei rimpatri volontari, insomma, dovrebbe andare di pari passo con il reinserimento dei migranti nei paesi di origine, e dovrebbe esistere una serie di misure tese a sostenerli nel processo di reintegrazione. Tuttavia, c'è il rischio che gli incentivi attualmente offerti ai paesi di origine li dissuadano dal tentare di ridurre i flussi di migranti, poiché tali incentivi fanno parte di programmi basati sull’esistenza di persone in situazione irregolare. Secondo il Cese, sarebbe importante migliorare la raccolta dei dati, dal momento che le informazioni attuali sul numero di migranti che sono stati rimpatriati volontariamente e sul successo del loro reinserimento rimangono vaghe. La preoccupazione nasce anche per il futuro ruolo di Frontex, in particolare alla luce della relazione pubblicata dal Parlamento europeo in merito alle presunte violazioni di diritti da parte dell’agenzia europea. “Chiediamo che il ruolo e le attività di Frontex siano sottoposti a controlli, in modo da garantire che siano conformi al rispetto dei diritti umani”, concludono dal Cese.
Alice Facchini