Migranti, con la pandemia sono cambiate le rotte verso l’Europa
Da Ceuta alla Romania, dalle Canarie alla Manica, si sono riaperti fronti ormai abbandonati da chi cerca di entrare nel continente europeo. Ma gli accordi tra gli Stati non bastano a contenere l’arrivo dei migranti. Cusumano (Università Ca’ Foscari): “Il modello ‘search and rescue’ delle ong nel Mediterraneo può essere esportato e praticato anche in altri contesti”
Le rotte migratorie verso l’Europa sono cambiate durante la pandemia, riaprendo fronti che sembravano ormai abbandonati da chi cerca di entrare nel nostro continente. Gli ultimi grandi eventi in ordine di tempo si sono avuti con lo sbarco a nuoto di migliaia di persone a Ceuta, l’enclave spagnola in Africa. Mentre dall’altra parte della frontiera europea, in Romania, Save the Children ha registrato “un aumento del 134% del numero di rifugiati e migranti arrivati nel Paese in un solo anno”. Una rotta battuta da chi vuole bypassare la frontiera con la Croazia. E anche le Canarie sono diventate un passaggio importante: nel 2020 si sono avuti oltre 20 mila ingressi, con tutto ciò che i grandi numeri comportano i termini di mancato rispetto della dignità e dei diritti umani di queste persone.
Cosa è cambiato. Eugenio Cusumano, ricercatore con il programma “Marie Curie” alla Ca’ Foscari di Venezia, dice a Osservatorio Diritti che “il contesto della pandemia ha peggiorato le condizioni di una parte importante della popolazione di paesi, come la Tunisia, del Maghreb o dell’Africa Subsahariana”. In questo modo, prosegue, gli accordi tra gli Stati non bastano a contenere l’arrivo dei migranti. Un flusso in crescita a causa soprattutto dell’aumento della povertà, che rende anche più complicato intervenire per i paesi di partenza. “Fermare le persone e rinchiuderle presenta delle difficoltà logistiche oggettive”, dice Cusumano, e “ricevere le rimesse degli emigrati costituisce un’importante entrata per paesi diventati più poveri, andando a beneficio di settori più o meno consistenti della popolazione”.
La Manica, complice la Brexit, è diventato un nuovo punto di attraversamento da parte dei migranti, che usano navi improvvisate per entrare nel Regno Unito, cercando in questo modo di superare gli accresciuti controlli alla frontiera con l’Ue. I numeri qui sono ancora ridotti, poco più di 2mila persone dall’inizio del 2021, ma il fenomeno è in crescita.
L’attivismo sta seguendo questi cambiamenti. Per esempio, dice il ricercatore, “è nata la rete Channel Rescue, con l’obiettivo di prevenire naufragi e morti nel tratto di mare tra Francia e Gran Bretagna”. Per ora a queste latitudini stanno monitorando la situazione e facendo pressione affinché le cose cambino, ma “ciò dimostra, in ogni caso, che il modello search and rescue (di ricerca e salvataggio, ndr) delle ong nel Mediterraneo può essere esportato e praticato anche in altri contesti”.
L’articolo integrale di Alessandro Pirovano, "Immigrazione in Europa: nuove rotte, vecchie risposte", può essere letto su Osservatorio Diritti.