Mattarella, stile costituzionale. Nota Politica
Di qui a gennaio sarà impossibile evitare che le cronache politiche dedichino una quotidiana attenzione al tema dell'elezione del capo dello Stato.
“Quello che inizia sarà il mio ultimo anno come presidente della Repubblica. Coinciderà con il primo anno da dedicare alla ripresa della vita economica e sociale del nostro Paese. La ripartenza sarà al centro di quest’ultimo anno del mio mandato. Sarà un anno di lavoro intenso. Abbiamo le risorse per farcela”. Così la sera del 31 dicembre 2020 Sergio Mattarella concludeva il suo discorso televisivo agli italiani. Aveva già detto tutto. A chi oggi manifesta stupore per il secondo riferimento alla volontà di non essere rieletto (lo ha fatto in entrambi i casi richiamando le parole di suoi predecessori, Antonio Segni, a febbraio e, nei giorni scorsi, Giovanni Leone), bisognerebbe ricordare quella sottolineatura non richiesta ed espressa nella sede più ampia e trasparente possibile: “Quest’ultimo anno del mio mandato…”.
Di qui a gennaio sarà impossibile evitare che le cronache politiche dedichino una quotidiana attenzione al tema dell’elezione del capo dello Stato. Onestamente ormai i tempi sono così ravvicinati che sarebbe strano il contrario. Magari sarebbe auspicabile un po’ di senso della misura, visto che nelle analisi e nelle ricostruzioni sono finiti in primo piano – letteralmente – anche i discorsi da bar. Sarebbe altresì utile, proprio per le riflessioni sulle scelte da compiere, seguire e interpretare con intelligenza gli atti e le parole di Mattarella in questo scorcio finale del suo settennato. Se ne ricaverebbe una lezione di “stile costituzionale” sulla figura del presidente, su una carica da onorare fino all’ultimo giorno, senza cali di tensione o variazioni opportunistiche. Non c’è ombra di captatio benevolentiae nelle parole fermissime che il capo dello Stato, intervenendo all’assemblea dei Comuni, ha usato non solo per condannare le violenze dei no vax, ma per ribadire che anche “le forme legittime di dissenso non possono mai sopraffare il dovere civico di proteggere i più deboli”. Inequivoche e sempre costituzionalmente fondate anche le espressioni del discorso per il conferimento delle Stelle al merito del lavoro, in un momento in cui l’Italia è chiamata a compiere scelte economico-sociali di eccezionale rilevanza. “La ricchezza di un Paese – ha detto in quella circostanza il presidente – si misura sulle opportunità di lavoro che sa offrire ai suoi cittadini. Il prodotto nazionale lordo della Repubblica è frutto del lavoro, non di astratte alchimie finanziarie La nostra Costituzione, con saggezza, ha collocato il lavoro alla base della Repubblica”.
Lo aveva detto che sarebbe stato “un anno di lavoro intenso” e che avrebbe avuto al centro la “ripartenza” del Paese. E così è stato. Aveva anche detto che l’Italia ha “le risorse per farcela”. Non crediamo di azzardare troppo se ipotizziamo che il capo dello Stato riaffermerebbe anche ora questa convinzione.