Macerata. Contro la ragione e la morale. Contro ogni parola del Vangelo
Scrive don Marco Cagol, Vicario Episcopale per le relazioni con il territorio. L'aggressione razzista di Macerata mette in luce la crescente avversione alle persone di colore, fino a teorizzare una "colpa razziale". Una coscienza cristiana, o che si ritenga anche solo “culturalmente” cristiana, non può accettare ragionamenti di questo tipo. Non è un ragionamento politico: litighiamo pure sulle politiche migratorie, ma non travolgiamo la ragione e i valori. Su questo cerchiamo insieme il bene e la verità delle cose.
Abbiamo bisogno di ritornare a dirci in che cosa vogliamo credere insieme, e da che parte vogliamo che vada la nostra società. E prima ancora abbiamo bisogno di fare una verifica dei ragionamenti che facciamo di fronte a certi fatti, alla luce della semplice ragione, oltre che, per noi cristiani, del Vangelo. Ascoltare un telegiornale qualsiasi nei giorni del “raid razzista” di Macerata, fa una certa impressione: si accostano l’una all’altra interpretazioni diverse – a volte antitetiche – dello stesso fatto, proponendo catene logiche opposte, come se fossero equivalenti.
Ma la logica non può andare in tutte le direzioni per ragioni di consenso politico.
Ci sono delle catene logiche che non possono essere accettate, perché sono l’inversione del bene e della verità delle cose.
Siamo di fronte a due fatti, che qualcuno ha preteso di collegare, in un gesto di follia. Da un lato si diffonde il sospetto che l’autore dell’omicidio e del vilipendio del cadavere di una ragazza italiana sia un giovane nigeriano. Al di là del fatto che, al momento in cui la Difesa va in stampa, il giudice per le indagini preliminari ha fatto decadere l’accusa di omicidio, non c’è comunque nessun nesso tra il fatto che il giovane fermato sia nigeriano e che la ragazza uccisa fosse italiana. Di qualsiasi cosa dovesse essere riconosciuto colpevole il fermato, non ha nessuna rilevanza il fatto che egli sia nigeriano!
Dall’altro un uomo si arma di pistola e deliberatamente va a cercare altri ragazzi, per vendicare la giovane uccisa. Ma – e qui è il punto – spara loro per il solo fatto che sono neri, neri come il ragazzo che è sospettato di essere implicato nella tragica vicenda. Spara loro perché lui è italiano e bianco, come la ragazza, e gli altri sono stranieri e neri. Essi hanno la colpa di essere neri come il giovane accusato (e, in questa colpevole condizione, si azzardano a stare in Italia).
Il nesso (il)logico che ha agito nella testa di quell’uomo, ma che anche aleggia in alcuni ragionamenti sentiti in questi giorni, è ciò che dobbiamo rifiutare senza se e senza ma: il diretto collegamento cioè tra l’essere neri e l’essere considerati colpevoli in solido dell’omicidio della ragazza. Quei giovani sono stati fatti bersaglio perché sono neri. Perché non sono italiani.
Questo passaggio è contro la ragione, è sbagliato, è immorale, è contro i valori umani del nostro paese.
Ed è superfluo dire che è contro ogni singola parola del Vangelo. Una coscienza cristiana, o che si ritenga anche solo “culturalmente” cristiana, non può accettare ragionamenti di questo tipo.
E nemmeno discorsi che evochino quel nesso, come ad esempio sostenere che il fatto che ci siano tanti immigrati è la causa, anche solo indiretta, di gesti di questo tipo: e che c’è qualcuno che ha una colpa per questo. Questo ragionamento, in fondo, trasferisce un po’ di quella colpa che si vorrebbe apparentemente attribuire ai responsabili delle politiche migratorie (chiunque essi siano) anche ai quei ragazzi colpiti all’improvviso (di cui, tra l’altro non si dice nulla, quasi non avessero storia o dignità di persone). È come dire loro: “se vi hanno sparato, un po’ è anche colpa vostra, perché eravate qui, e qui non dovevate essere!”.
Nel ragazzo che ha sparato lavorava l’idea di una “colpa razziale”. In questi ragionamenti apparentemente solo politici, abita sotto sotto l’idea di una colpa per il fatto di essere migranti. Tutto questo è totalmente al di fuori di qualsiasi misura di bene, umano e cristiano. È il rovesciamento del bene.
E l’aggravante in tutto questo è la questione del colore della pelle: la paura del nero, l’avversione al nero, oggi è un fenomeno molto preoccupante. Se quei ragazzi fossero stati, che so, moldavi, o rumeni, sarebbero stati ugualmente bersagli? Penso di no: oggi cresce un’avversione alle persone di colore, che dovrebbe far tremare i polsi a chi crede ancora che sia possibile un qualche barlume di civiltà nel nostro futuro.
Questo non è un ragionamento politico: è un richiamo, anche a me stesso, alla semplice ragione, e, per me che credo, al Vangelo.
Litighiamo pure sulle politiche migratorie, ma non travolgiamo la ragione e i valori.
Su questo cerchiamo insieme il bene e la verità delle cose.