Lotta alle mafie, la chiesa non arretra
Libera: tre giorni di dibattiti a Roma per rilanciare l’allarme sulla penetrazione criminale nell’economia italiana e costruire una nuova cultura della legalità, a partire dall’educazione dei più giovani e dal contrasto alla corruzione delle classi dirigenti. Il rapporto tra mafie, politica, imprenditoria non è una questione locale. È problema nazionale, di qualità della nostra democrazia.
Quanto ci costa l’economia illegale, quella che in gran parte è nelle mani della criminalità organizzata e delle mafie? Circa 330 miliardi l’anno, scandisce Giancarlo Caselli dal palco di “Contromafiaecorruzione”, la tre giorni promossa a Roma lo scorso fine settimana dalla rete di Libera. Il magistrato, che della creatura di don Luigi Ciotti è presidente onorario, affida alla cruda contabilità il compito di ricordare alla platea quale peso gravi sulla società italiana, dalle regioni meridionali che hanno visto nascere le mafie a quelle settentrionali che oggi assistono al loro veloce radicarsi.
C’è il racket e c’è il mercato degli stupefacenti, naturalmente. Ma a gonfiare i proventi delle organizzazioni malavitose sono ormai i filoni più disparati: quasi 22 miliardi, denuncia la Coldiretti, provengono dalle filiere agroalimentari: rifiuti ma anche fiori, e poi ancora frutta, uva, commercio e grande distribuzione, la ristorazione. E l’azzardo? Secondo il dossier “Gioco sporco, sporco gioco. L’azzardo secondo le mafie”, promosso dal Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, si contano ormai una sessantina di clan mafiosi impegnati, dal Veneto alla Sicilia, in affari riguardanti l’azzardo legale e illegale; 223 violazioni penali, 1.687 amministrative, 53 sequestri penali, 245 persone denunciate, 30 milioni di euro di sanzioni e 22 milioni di imposte accertate nel 2016 dall’Agenzia dei Monopoli; 6.205 siti illegali oscurati a novembre 2016.
Fiumi di denaro, da qualsiasi parte provengano, che in questi ultimi anni sono stati il “carburante” ideale per spingere le mafie alla conquista di tante aziende – anche venete – in difficoltà, magari offrendo denaro fresco nel momento in cui le banche chiudevano i rubinetti agli imprenditori. Un doppio problema, perché la penetrazione mafiosa oltre a inquinare un tessuto economico e produttivo che si credeva sano, finisce per distorcere i meccanismi della concorrenza a tutto danno delle aziende oneste.
Ecco perché – ha ricordato Caselli – «la legalità non è solo una cosa bella e giusta, ma utile e vantaggiosa. L’antimafia conviene perché assicura prospettive concrete, e il rapporto tra mafie, politica, imprenditoria non è un capitolo regionale, una modesta realtà periferica. È problema nazionale, di qualità della nostra democrazia».
Un problema clamorosamente assente anche da questa campagna elettorale, ma non per fortuna sconosciuto all’opinione pubblica. Secondo il 30° rapporto Eurispes fresco di stampa, le organizzazioni mafiose sono al terzo posto tra le minacce avvertite con più forza (85,6 per cento), appena dietro alla corruzione e ai politici incompetenti – tre problemi che spesso si intrecciano l’uno con l’altro, verrebbe da aggiungere – e ben prima degli attentati terroristici. Un primo passo, ma che ancora non è sufficiente:
«La corruzione – ha ricordato don Luigi Ciotti – va combattuta alla radice con la formazione delle coscienze. La relazione è la fonte di ogni educazione ed educare vuol dire trasmettere un’idea di bene e di giustizia, senza cedere alla bancarotta delle politiche sociali, alla disoccupazione, alla mancanza di stimoli e passioni, all’origine del disorientamento dei ragazzi».
A Libera nel suo impegno antimafia arriva, ribadito e convinto, il sostegno della chiesa italiana rappresentata dal segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino. Sostegno economico, grazie all’8 per mille, a tanti progetti di riscatto; sostegno morale, come nell’incontro di papa Francesco con i familiari delle vittime della mafia, il 21 marzo 2014. Ma soprattutto quello della chiesa è un impegno collettivo, pastorale e culturale, nel nome del Vangelo e fuori da ogni ambiguità.
Lo ricorda, Galantino, lanciando una frecciata esplicita ai documenti usciti dagli Stati generali della lotta alle mafie svoltisi a Milano lo scorso novembre:
«Vedo e sento in giro ancora parole che tendono a derubricare l’impegno di uomini e donne di chiesa e la loro presenza per combattere la mafia a impegno e presenza marginali rispetto al Vangelo, espressione secondo alcuni soltanto di sensibilità particolari o personali. Ma noi possiamo esibire storie, nomi e fatti che, non da oggi, vedono uomini e donne di chiesa impegnati per strada, mettendoci faccia e impegno necessari proprio perché non si sentono estranei alla sofferenza del loro popolo, di intere famiglie, donne e uomini che si vedono confiscare la libertà e la dignità di vivere una vita normale dalla prepotenza della mafia. Di questo tipo di povertà la chiesa è chiamata a farsi carico. La chiesa vuole farsi carico».