La tentazione di diventare Dei. Nelle Storie naturali, raccolta di racconti di Primo Levi

I racconti di Storie naturali non sono fantascienza pura, perché in alcuni casi la finzione viene da molto lontano.

La tentazione di diventare Dei. Nelle Storie naturali, raccolta di racconti di Primo Levi

Talvolta le categorie portano fuori strada. Prendiamo quella di fantascienza: la pensiamo come leggera favola al futuro e invece nasconde, anche quando non si tratta di distopia, le pieghe del dolore. E talvolta se ne parla a sproposito: per questo in Storie naturali, una raccolta di racconti di Primo Levi uscita la prima volta nel 1966 per Einaudi, una fascetta birichina poneva una unica, inconsueta, assordante domanda: “fantascienza?”.

Perché in effetti quei racconti, oggi riproposti sempre da Einaudi (296 pagine, 20 euro) non ruotano intorno unicamente alla favolistica del futuro, ma ad una lettura complessiva del mondo e della vita, della natura umana e delle interpretazioni religiose fin dalle origini. I 15 racconti, con un titolo che richiama la Naturalis historia di Plinio ma con un’epigrafe che ci riporta al mondo comico – nel senso di socialmente non alto, popolare anche nel gergo – di Gargantua e Pantagruel di Rabelais, capolavoro del rovesciamento dei valori sociali e culturali dell’umanesimo. Con l’espediente “straniante”, presente nella prima edizione, della scelta, su suggerimento dell’editore, di uno pseudonimo, Damiano Malabaila.

Una serie di spiazzamenti, insomma, che non ti aspetteresti – e forse è stato questo il motivo del suggerimento dello pseudonimo – da un autore che aveva narrato in due suoi libri precedenti, Se questo è un uomo e La tregua, l’inferno della deportazione e il ritorno.

Ma i racconti di Storie naturali, lo si diceva in apertura, non sono fantascienza pura, perché in alcuni casi la finzione viene da molto lontano: dai miti di origine, persiani e greci, e con sottili allusioni ai Catari, da una capacità, che gli veniva anche, ma non solo, dalla sua professione di chimico, di intuire profeticamente le possibilità di uso e abuso della materia e della tecnica, dal rischio di ipnosi, siamo negli anni Sessanta, nascosto in macchinari capaci di sostituirsi alla realtà.

La possibilità di riprodurre l’irriproducibile è una vecchia branca della fantascienza, ma qui ad essere ri-creata macchinalmente attraverso il calcolo infinitesimale è la poesia, come accade in Il Versificatore: il che libera il poeta dalle troppe richieste conviviali di produzione lirica. Il racconto non è tanto un attacco anticipato nel tempo a quella che sarà poi la memoria aumentata del computer, ma ad una letteratura diventata gioco -in alcuni autori delle avanguardie, ad esempio- o impegno politico con osservanze e ricorrenze: in poche parole non-poesia.

Anche il motivo dell’organismo microscopico che entra in un rapporto persino affettivo con l’organismo umano che lo ospita, in L’amico dell’uomo, è una ripresa di precedenti fantascientifici ma anche del dubbio metafisico su cosa sia l’amore creaturale; non manca, in L’ordine a buon mercato, l’anticipazione geniale della ricostruzione in 3d esatta per dimensioni e persino per materia. Non è un caso che in questa novella si parli dei giorni della creazione, stavolta tutta umana e, fatale conseguenza, della possibilità di “riproduzione di piante, animali, esseri umani, sia viventi che defunti, o di parte di essi”.

Qui le domande si inseguono senza soluzione di continuità: quanto ha pesato su questa visionarietà l’esperienza di un universo, come quello nazista, in cui si tentava la costruzione di un uomo nuovo attraverso esperimenti su persone vive, colpevoli di essere disabili, deformi, o di appartenere ad altre razze? E quanto questi riferimenti alla creazione umana significano un gioco fantascientifico e non la tentazione di leggere i testi religiosi come un prodotto esclusivamente umano?

La negazione di Dio attraverso Auschwitz è stato uno dei risultati di un progetto insensato che ha avuto come unico esito l’instillazione del dubbio, su Dio e sul senso della storia. Ma in ogni caso alcune di queste strane favole al futuro ci mettono in guardia, da sessant’anni, contro la consegna delle chiavi della ragione ad un’altra distopia, quella della sostituzione della nostra realtà con un’altra binaria, e tra poco probabilmente quantistica.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)