La sfida della sobrietà. Tra il venerdì nero e il lunedì tech
Questo numero del nostro settimanale esce a cavallo tra due date, due scadenze che oramai sono entrate a pieno diritto anche nell’immaginario collettivo italiano: il Black friday di venerdì 29 novembre e il Cyber monday di lunedì 2 dicembre. Sono due occasioni che, tanto per cambiare, abbiamo mutuato della cultura americana, nient’altro che momenti in più per fare shopping, spesso online.
Stando ai dati pubblicati da Altroconsumo, la fiducia degli italiani in questi sconti, per noi irrituali nel cuore dell’autunno, sarebbe in calo, eppure l’82 per cento dei nostri connazionali farà qualche acquisto proprio in questi giorni. Più in generale, ci troviamo all’inizio di un mese e mezzo che è diventato nel suo complesso emblema del consumismo e a farne le spese è stata, ormai da decenni, purtroppo la grande festa cristiana del Natale, trasformata nel periodo della compera per antonomasia. Senza contare la spiacevole sensazione che si ha, ormai sempre più spesso navigando in internet, di una presenza online dei grandi player del commercio tutta mirata a generare bisogni che in realtà non abbiamo. La pubblicità pervasiva sui siti, anche di informazione, dei soliti Google, Amazon e company, sembra tutta concentrata a farci comprare qualcosa che ci attrae terribilmente, ma senza servirci veramente. Che cosa significa, dunque, in questo contesto, ridare senso cristiano a una festività come il Natale? Viene automatico associare al termine festività, quello di sobrietà. E i nostri genitori, i nostri nonni, molti degli anziani di oggi, ricordano quando i doni li portava Gesù bambino e non Babbo Natale, figlio della Coca cola, e si trattava per lo più di frutti, piccoli oggetti, una penna, una matita, qualcosa di realmente utile alla vita. Perché quindi non raccogliere questa sfida e tornare a ricercare il senso di un periodo e di una grande festa proprio nel rifiuto di una logica tutta commerciale che oramai è diventata pervasiva? Sarebbe un modo per cercare proprio nelle radici di questa ricorrenza un significato nuovo in grado di parlarci anche nel 2024, fatto magari di un Avvento pieno di raccoglimento, di momenti di silenzio, di passaggi cercati e creati per evitare e non per crescere il grado di stress che affligge le nostre famiglie proprio sotto Natale. Non si tratta di assumere una nuova ideologia (o forse vecchia?) basata sul “povero è bello” o sul rifiuto dell’acquisto tout court. Si tratta piuttosto di tornare alla consapevolezza che, in definitiva, il nostro portafoglio ha la possibilità di incidere sull’andamento economico, ma si potrebbe dire anche politico, del Paese e del pianeta nei quali viviamo.