La rotta del Sinodo: una Chiesa accogliente per tutti
Ritrovarsi insieme, pregare insieme, ascoltare insieme la parola di Dio e ascoltarci gli uni gli altri è servito a riscoprire ciò che ci unisce in Cristo per essere, camminando insieme, la terra buona dove il seme possa crescere; a testimoniare che un altro modo di stare insieme è possibile; a valorizzare sempre, popolo di Dio unito dal battesimo, ciò che ci unisce e mai ciò che ci divide...
Arrivati a metà del cammino di questo Sinodo, che ci chiede di ripensarci come Chiesa, ci ritroviamo attoniti in un mondo polarizzato che “ha smarrito la via della pace, che ha preferito Caino ad Abele” (Cfr. Papa Francesco Preghiera per la pace del 27.10.2023); un pianeta che “si sta sgretolando e forse si sta avvicinando al punto di rottura” (Papa Francesco, Laudate Deum,2) .
Ci viene spontaneo domandarci allora: dove siamo noi nel mondo, dove siamo nel nostro viaggio? Quanta strada abbiamo percorso? E verso dove? E soprattutto è servito questo ritrovarsi a Roma di vescovi di tutti i continenti, insieme ad una piccola parte di “semplici battezzati”?
A cosa è servito?
Il documento di sintesi si chiude citando il Vangelo di Marco (Mc 4,30 ss). Il regno di Dio è come un granello di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti i semi; ma poi diventa così grande che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra.
Ecco a cosa è servito ritrovarsi insieme, pregare insieme, ascoltare insieme la parola di Dio e ascoltarci gli uni gli altri: a riscoprire ciò che ci unisce in Cristo; per essere, camminando insieme, la terra buona dove il seme possa crescere.
A testimoniare che un altro modo di stare insieme è possibile.
A valorizzare sempre, popolo di Dio unito dal battesimo, ciò che ci unisce e mai ciò che ci divide. A capire che la corresponsabilità a cui ognuno è chiamato – nella diversità dei carismi e dei ministeri – è un servizio e non un potere. A riscoprire come il discorso di Gesù sulla povertà ci riguarda tutti, come persone e come istituzione. A proporci di evitare ogni clericalismo (quello dei laici e quello dei sacerdoti ordinati). A riscoprire l’importanza di ognuno; e soprattutto della comunione che ci fa una cosa sola, membra gli uni degli altri. A riflettere sul ruolo delle donne, che furono le prime ad annunciare la resurrezione di Gesù. A ridare slancio all’ecumenismo. Ad essere una Chiesa accogliente per tutti. Tutti, nessuno escluso. Una Chiesa che non ragiona secondo le divisioni e le etichette del mondo, ma si domanda in ogni momento cosa avrebbe fatto Gesù di fronte a questo fratello, a questa sorella feriti. A come avrebbe fatto in modo di non escluderli dalla redenzione.
Sono tante le sfide che come Chiesa abbiamo davanti. Riguardano il sacerdozio, il diaconato, i ministeri non ordinati, la vita consacrata, le famiglie e le situazioni matrimoniali difficili; il ministero petrino, l’ecumenismo, la comunicazione nell’era digitale. Riguardano anche il tema controverso dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale.
Ma è l’amore che le ricomprende tutte. Una sola regola descrive la Chiesa costitutivamente sinodale: la carità; una creatività missionaria fondata, paziente, benigna; “non invidiosa, che non si vanta, che non si gonfia” (Cfr 1Cor 13,4 ss).
Questo ci ha detto l’assemblea che si è appena conclusa. Indicando una rotta e non un menu. Milioni, miliardi di persone sono come il viandante che percorreva la strada tra Gerusalemme e Gerico. Non possiamo dire non sapevo. Da questo saremo giudicati (cfr. Mt 25).
Paolo Ruffini