La povertà che preoccupa. Nell’indagine “Cresciuti troppo in fretta” emerge la consapevolezza delle difficoltà economiche

Nei giorni scorsi ActionAid ha diffuso un documento che racconta gli effetti di questa “povertà relativa” sugli adolescenti.

La povertà che preoccupa. Nell’indagine “Cresciuti troppo in fretta” emerge la consapevolezza delle difficoltà economiche

La situazione economica delle famiglie italiane desta preoccupazione. I rincari che riguardano il consumo energetico si sommano alle criticità già emerse nel periodo pandemico. I costi di gestione della casa s’impennano, ma il budget a disposizione resta lo stesso, o addirittura subisce un decremento, si è costretti quindi a tenere sotto controllo le altre voci di spesa.

Nei primi mesi del 2022 uno studio pubblicato dalla rivista Social Indicators Research, relativo ai consumi dei nuclei familiari, attestava al 22,3% la popolazione a rischio di povertà o insicurezza alimentare in Italia. Il dato, variabile a livello regionale (dal 14,6% dell’Umbria, al 29,6% dell’Abruzzo, al 18,7 % della Toscana), registrava inoltre elevati livelli di disuguaglianze soprattutto per i consumi di carne, pesce e ortaggi. Pare, insomma, che almeno 5 milioni e mezzo di persone oggi in Italia non possano permettersi di mangiare regolarmente un pasto proteico.

I “nuovi poveri” sono famiglie che, nonostante il lavoro, o la sua perdita e precarizzazione, si sono trovate improvvisamente in condizioni di semi-indigenza. All’interno del nucleo i più esposti sono i minori, soprattutto quando vivono in famiglie monogenitoriali o numerose, e le persone straniere.

Nei giorni scorsi ActionAid ha diffuso un documento che racconta gli effetti di questa “povertà relativa” sugli adolescenti. Nell’indagine “Cresciuti troppo in fretta”, condotta a campione su ragazzi tra gli 11 e i 16 anni che vivono a Siena, Corsico e Baranzate (Milano), emerge che un numero crescente fra loro ha consapevolezza delle difficoltà economiche della propria famiglia. Molti dichiarano di rinunciare alle proprie pietanze preferite o troppo costose, o di ridurre, o eliminare del tutto le uscite con gli amici e le occasioni di socialità in cui viene consumato cibo.

Nel rapporto, oltre ai numeri, sono registrate anche stralci di conversazioni che i somministratori dei questionari hanno avuto con adolescenti e genitori.

“Un giorno sono andato al supermercato con mia mamma e ho detto: “Mamma, mamma mi compri questo?”. Era un piccolo pacco di pizze per la colazione. E io le ho detto: “Mamma me le puoi comprare?”. E lei mi dice: “Amore, abbiamo solo 20 euro, questo costa 3 euro, ti posso comprare 3 buste di latte per la colazione.” E io le dico: “Eh, va bene…””. Così ha raccontato Luca,11 anni.

Giorgia, 14 anni, pensa a cose più grandi di lei: «A volte mi dicono: “tieni mangia tu, io sono già pieno”. E anche lì, hai il timore perché dici: “no, non sei già pieno” e quindi alla fine magari… come posso dire… e dici “no, piuttosto anche io mangio meno però abbiamo il cibo per tutta la settimana”. E quindi, alla fine, è un ridursi da parte di tutti”».

Gli effetti psicologici determinati da questo stato continuo di preoccupazione per sé e per la propria famiglia e di questo esporsi alla privazione porta questi ragazzi a sentirsi esclusi, incompresi, arrabbiati, tristi, angosciati, delusi e, infine, depressi.

Anche per i genitori non è facile: “Io vorrei far mangiare a mia figlia le cose proprio sane, tutto sano, ma a volte non posso, a volte non posso… Ad esempio il pesce, proprio di quello che deve mangiare per capire se mangiando così, lei dimagrisce o proprio no. Invece… a volte continuo con la difficoltà di farle mangiare la pasta perché non c’è altro”, spiega la mamma di Eleonora, 13 anni.

Ulteriore aspetto da non sottovalutare sono i comportamenti che vengono sviluppati per compensare questo tipo di disagio. Alcuni ragazzi dichiarano di provare a superare i propri momenti di sconforto giocando con il telefonino, ascoltando musica, concentrandosi sui compiti scolastici, trascorrendo il tempo con gli amici o cercando di pensare positivo. Altri, invece, manifestano disastrosi cali nel rendimento scolastico, senso di inadeguatezza, difficoltà relazionali.

Questi ultimi purtroppo sono i più esposti al rischio devianza, soprattutto quando progressivamente smettono di credere in sé stessi e nelle possibilità che il futuro può riservare loro.

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Fonte: Sir