L’informazione che non c’è. Ai media "tradizionali" i ragazzi preferiscono le “narrazioni” dei social
L’informazione giovanile spesso si sviluppa all’interno di una “bolla” personalizzata e rischia di trasformarsi facilmente in “disinformazione” virale
I giovani si informano? Seguono gli avvenimenti internazionali, o le vicende del nostro Paese?
I cosiddetti “nativi digitali” hanno nei confronti delle notizie di attualità e cronaca un approccio piuttosto diverso rispetto a quello delle generazioni precedenti. Ai media, che forniscono le informazioni in maniera “tradizionale”, i ragazzi preferiscono le “narrazioni” dei social, confezionate in un formato più divulgativo, magari attraverso brevi video, slide o immagini. Molto spesso gli adolescenti vengono messi al corrente degli eventi dagli influencer di riferimento, o da coetanei videomaker o tiktoker.
Il formato social, oltre a essere per loro più accattivante e diretto, stempera anche le “cattive notizie” attraverso la mediazione rassicurante di questi “speaker della porta accanto”. E se i contenuti diventano “pesanti”, è possibile “scrollarli via” affidandosi alla rapida flessione del polpastrello.
Anche i meme sono utilizzati dai giovani come fonte di informazione. Li ricevono di solito via chat, o li intercettano sui social; poi, se ne vengono incuriositi, cercano di risalire alla notizia a cui essi si riferiscono. Insomma, con i meme i giovani “inciampano”, per così dire, sulle news.
La fruizione delle notizie da parte delle nuove generazioni avviene prevalentemente attraverso lo smartphone. Spesso l’accesso si verifica “in movimento”, o durante i tempi di “attesa” della giornata, in maniera piuttosto rapida. Tra l’altro le news non di rado sono scremate da filtri che vengono impostati per ricevere solo informazioni “selezionate” in base a criteri di interesse personale. Si predilige poi l’infotainment, ovvero un ibrido tra informazione e intrattenimento.
Naturalmente questo approccio presenta molte vulnerabilità. La prima è ovviamente l’approfondimento, la predilezione per le fastnews (notizie veloci) non agevola la riflessione e sottrae il tempo per l’analisi critica. In secondo luogo, una fruizione così impostata determina una sorta di “ghettizzazione” dell’informazione. Si rimbalza intorno a una manciata di argomenti, lasciando fuori notizie che potrebbero essere invece determinanti per comprendere a pieno il momento sociale, politico o economico che si sta vivendo. Infine, emerge la forte esposizione alle fakenews, ovvero le famose “bufale” della rete che, per mancanza di tempo, non si ha la possibilità di verificare ed eventualmente smentire.
L’informazione giovanile, quindi, spesso si sviluppa all’interno di una “bolla” personalizzata con notizie “on demand” e rischia di trasformarsi facilmente in “disinformazione” virale.
Attenzione, però, questa tendenza, secondo gli esperti, non è determinata soltanto dalla diffusione dei socialmedia e dal flusso rapidissimo in cui siamo immessi: la “bolla”, infatti, si rivela una sorta di scudo protettivo. Essa evidenzia una singolare ambivalenza: da un lato il bisogno di essere connessi e non sentirsi tagliati fuori, dall’altro il desiderio di una mediazione, una barriera, verso un mondo sentito forse come troppo complesso e sfidante.
Le ultime ricerche, tra l’altro, registrano che l’allontanamento dai media tradizionali non riguarda soltanto giovani e giovanissimi. Il Digital News Report 2023 dell’Istituto Reuters segnala l’ascesa di TikTok (+5%) e altri canali alternativi anche tra gli adulti.
Il cambiamento del modo di raccogliere informazioni è fortemente condizionato anche dalla diffusione dei motori di ricerca, che negli ultimi decenni ci hanno convinti di poter trovare notizie “attendibili” con un semplice click. Questi strumenti hanno cambiato la natura stessa del “fare ricerca”, che oggi letteralmente significa “googlare”.
I giovani, anche quelli che hanno più dimestichezza con la tecnologia, hanno urgente bisogno di essere guidati. Si dovrebbe insegnare loro a usare strumenti avanzati, come le banche dati online, pubblicazioni, libri o biblioteche disponibili in rete.
Soprattutto bisognerebbe persuaderli che qualsiasi informazione necessita di essere compresa, quindi approfondita e analizzata, e non solo “scrollata”.