Immigrazione e nuovo governo: dalle proposte Pd alla svolta europeista di Salvini
Il tema è considerato “divisivo”: primi punti di contatto tra i partiti che si apprestano a votare la fiducia, mentre su altri aspetti le posizioni restano distanti. A Draghi il compito difficile di trovare la quadra
Approccio securitario o accogliente? Quale sarà la linea del nuovo governo Draghi sull’immigrazione? Per il professore, chiamato da Mattarella a formare il nuovo esecutivo, il tema è divisivo e, dunque, andava tenuto fuori dalle giornate di consultazioni sul programma. Eppure i partiti che in questi giorni hanno partecipato agli incontri con l’ex presidente della Bce, hanno portato sul tavolo anche delle proposte sulla gestione del fenomeno migratorio nel nostro paese. Alcuni punti di contatto sembrano emergere in queste ore, mentre su altri aspetti le posizioni restano distanti. Ora sarà compito del presidente incaricato di trovare la quadra per far dialogare i partiti pronti a entrare nella maggioranza, su un tema da sempre terreno di scontro pubblico e politico.
Le proposte del Pd: dallo ius culturae al superamento della Bossi-Fini
“Gestire i fenomeni migratori con umanità, legalità, solidarietà e inclusione; combattere le organizzazioni criminali e le mafie” dice il Partito Democratico che ha consegnato a Mario Draghi un programma dettagliato in cui un capitolo è riservato proprio alla migrazione. “La crisi pandemica ancora in corso ha reso chiaro come solo un Paese unito nello sforzo possa vincere le sfide inaspettate che si sono presentate. Di questo Paese fanno parte anche quei milioni di donne, uomini, ragazze e ragazzi stranieri che stabilmente qui vivono. Sono ormai parte integrante della nostra società, alla quale contribuiscono in modo rilevante sotto il profilo culturale, sociale ed economico. I numeri non sono tutto ma aiutano a comprendere quanto questi 'nuovi italiani' siano indispensabili all’Italia, ragione in più per promuovere politiche nella direzione di una nuova idea di cittadinanza, nella quale nessuno si senta di serie B” si legge nel documento. Ed è proprio la riforma della cittadinanza, nella sua versione light di ius culturae (che lega cioè il diritto al percorso scolastico) uno degli obiettivi ritenuti fondamentali dal Pd, insieme all’adozione di un nuovo testo unico sull’immigrazione che superi la Bossi-Fini, “ormai datata e dagli effetti dannosi”. Tra gli altri punti: lo sviluppo di un modello di accoglienza diffusa, capace di offrire non solo i servizi essenziali, “ma adeguata formazione linguistica e inserimento professionale, come indicato dal recente decreto immigrazione, che ne affida al Sai (sistema accoglienza e integrazione, già Sprar) la regia: piccoli gruppi accolti in strutture anch’esse piccole, gestite in rete con gli enti locali, il terzo settore e le realtà solidali e produttive del territorio”. A questo si aggiunge l’ approvazione della legge contro le aste al doppio ribasso nella grande distribuzione, che incide pesantemente sulle condizioni del lavoro bracciantile; incentivi alla diffusione e il funzionamento della rete del lavoro agricolo di qualità previsto dalla legge 199/2016, al fine di scoraggiare ogni forma di sfruttamento in particolare in agricoltura. E, infine, l'istituzione di un’agenzia, sul modello tedesco, “che coordini le politiche sull’immigrazione, comprese quelle all’accoglienza, ancora oggi ripartite fra i diversi ministeri”.
Nel documento programmatico del Partito democratico non si fa riferimento, invece, agli accordi con la Libia né alla recenti vicende legate all’immigrazione dai Balcani e alla pratica portata avanti dal governo giallo-rosso delle riammissioni informali (di recente oggetto di condanna da parte del Tribunale di Roma).
La svolta “europeista” di Salvini
A parlare di immigrazione è stato anche il leader della Lega, Matteo Salvini. Rispondendo alle domande dei giornalisti, dopo il colloquio con il presidente incaricato, l’ex ministro degli interni ha detto: “Mi basta un approccio europeo”. “Visto che a qualcuno non piacevano i decreti Salvini - spiega - ho detto adottiamo le politiche sull’immigrazione che funzionano in Spagna, in Francia, in Germania e in tutti gli altri paesi europei dove l’immigrazione è limitata, controllata, qualificata, vengono salvate vite e contrastati i trafficanti di esseri umani. Anche da questo punto di vista c’è stata condivisione”. Nelle altre dichiarazioni sul tema il leader leghista ha poi fatto riferimento anche al “modello ungherese” ma sembrano lontani i tempi in cui l’approccio di Victor Orban era davvero un punto di riferimento. Per entrare nella compagine legislativa la Lega sembra disposta a mettere da parte la stagione dei “porti chiusi”, in favore di un approccio, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, più moderato. Su questo le posizioni sembrano essere vicine a quelle del Partito democratico, bisognerà vedere invece cosa accadrà quando la discussione si sposterà sulla possibilità di introdurre lo ius culturae o di cambiare la legge Bossi-Fini.
L’approccio europeo sempre più securitario
C’è da sottolineare, inoltre, che l’approccio europeo alle migrazioni negli ultimi anni è stato via via sempre più securitario. E volto a rafforzare il controllo dei confini e a portare avanti quella che gli studiosi chiamano la “strategia dell’esternalizzazione delle frontiere” nei paesi di origine e transito dei migranti. Prova ne è l’accordo raggiunto per il nuovo Migration Pact che nei fatti, punta al controllo dei flussi verso l’Unione, cercando di aumentare e accelerare le procedure di rimpatrio. Sotto la voce “solidarietà tra gli Stati” si trova infatti la soluzione di una “sponsorship sui rimpatri”: i paesi che non vorranno accogliere i migranti dovranno aiutare i paesi frontalieri nel rimpatrio, pagando o facendosi carico della procedura. Non solo, ma in questi anni il budget destinato dall’Ue a Frontex, l’Agenzia per il controllo delle frontiere è lievitato: da 6,3 milioni di euro nel 2005 a 333 milioni nel 2019, a 1,1 miliardi quest'anno fino a 1,9 miliardi nel 2025. Una spesa finita di recente al centro di uno scandalo in seguito a un’inchiesta di EuObserver.