Il valore di avere un amico sacerdote. I legami che si stringono fra famiglie e preti possono divenire relazioni molto importanti
Ad un sacerdote che varca la porta di un nucleo famigliare è richiesto un grande equilibrio e rispetto
C’è stato un tempo in cui presso le famiglie nobili viveva ed era mantenuto un sacerdote che, come precettore, si occupava della formazione religiosa e culturale dei figli. Oggi una situazione di questo genere darebbe scandalo e non sarebbe neanche lontanamente ipotizzabile. La laicità nella quale siamo immersi è da considerarsi una conquista e nessuno si sognerebbe più di ridurre la vocazione e la missione di un prete ad un lavoro privato. Nel popolo di Dio sono giustamente accomunate persone di estrazione e censo molto differenti che si avvicinano indifferentemente ai loro pastori attraverso la frequentazione della vita comunitaria nelle parrocchie. Eppure, dal giorno del battesimo, lungo gli anni dell’iniziazione cristiana e poi dal matrimonio in avanti, tutti i cristiani praticanti entrano in contatto con sacerdoti che, in modi molto differenti e significativi, incidono nella loro vita ordinaria. I legami che si stringono fra famiglie e preti possono divenire relazioni molto importanti, che si trasmettono fra le generazioni e che danno frutti abbondanti su archi temporali molto estesi. Un amico di famiglia, una persona che, con la sua vocazione sacerdotale e il suo bagaglio di esperienza, entra, come ospite, in una casa e qui vive il suo ministero attraverso la trama dei giorni e la condivisione di vicende gioiose e tristi, semplici o complicate, festive o ordinarie. Ad un sacerdote che varca la porta di un nucleo famigliare è richiesto un grande equilibrio e rispetto, la capacità di non essere invadente, di mettersi in ascolto, di intervenire senza ergersi in cattedra, anzi di essere disposto anche ad imparare. Il suo sguardo desideroso di venire incontro alla vocazione degli sposi e confrontarla con la propria porta sempre benefici reciproci. È bello, per esempio, quando la famiglia dimostra il suo essere chiesa domestica nello spezzare insieme la Parola e in queste circostanze, spesso attorno alla mensa dei pranzi o delle cene, è un grande arricchimento potersi confrontare con chi, per ministero, fa della conoscenza, dell’ascolto e della spiegazione delle Scritture una delle sue prerogative. Anche senza essere il direttore spirituale o il confessore di nessuno in particolare, un amico sacerdote può illuminare situazioni di dubbio, confusione anche angoscia. Può sostenere lo sforzo educativo dei genitori durante l’infanzia e l’adolescenza dei figli, incoraggiare e sostenere il discernimento degli adulti nelle diverse scelte, supportare gli anziani con l’ascolto e l’aiuto materiale. Si tratta sempre di uno scambio di doni. Per lo stesso prete, infatti, soprattutto se diocesano e non appartenente ad una congregazione religiosa, entrare in contatto con la vita di una famiglia è motivo di conforto e incoraggiamento rispetto alla dimensione di solitudine che è parte intrinseca della sua vocazione. L’immagine evangelica che più si avvicina a quanto stiamo descrivendo è quella della casa di Betania dove Gesù viene accolto dai tre fratelli, Lazzaro Marta e Maria proprio come un amico intimo e che, nello stesso tempo, quando sta con loro può sentirsi a suo agio e riposarsi. Quando un sacerdote può comportarsi come Gesù a Betania, possono compiersi davvero piccoli e grandi miracoli in quella famiglia perché ciascuno si arricchisce della vita dell’altro e viene rinfrancato dal dono di un’amicizia che ha il sapore dell’eternità.