Il taglia e cuci dell’istruzione. Approvato dalla Regione il dimensionamento scolastico per razionalizzare le spese. Tagliate 32 dirigenze

La decisione sembra ormai presa: gli istituti scolastici del Veneto passeranno dagli attuali 592 a 560 con un taglio di 32 dirigenze. La “ghigliottina” è stata deliberata dalla Regione il 30 novembre per rispettare le direttive governative che impongono l’accorpamento delle scuole con meno di 900 studenti.

Il taglia e cuci dell’istruzione. Approvato dalla Regione il dimensionamento scolastico per razionalizzare le spese. Tagliate 32 dirigenze

Inevitabili le reazioni degli istituti stessi, delle famiglie e delle istituzioni, tutte o quasi dell’avviso che la scelta sia sbagliata, sebbene sia sotto gli occhi di tutti il fenomeno “dell’inverno demografico” che causa ogni anno decine di migliaia di studenti in meno, con il conseguente svuotamento delle aule. A oggi però questo dimensionamento non incide sul numero dei plessi o delle classi, ma sulle cosiddette autonomie, cioè le dirigenze, riducendo, quindi, il numero dei presidi e dei Dsga, ossia i direttori dei servizi generali e amministrativi. Tra i primi a lanciare l’offensiva contro i tagli è stata la Flc-Cgil (Federazione lavoratori della conoscenza): «Vanno ridotti gli alunni per classe: dagli attuali 26 con eccedenze fino a 29, a un massimo di 22 per tutti gli ordini di scuola. Non va superato il numero di 20 alunni nelle classi in presenza di ragazzi con disabilità – sostiene Marta Viotto, segretaria Flc-Cgil Veneto – Va esteso il tempo pieno e prolungato, assumendo tutti i provvedimenti necessari al suo  funzionamento. Un intervento di questa natura non è possibile con gli attuali vincoli di spesa, che andrebbero allentati soprattutto per le cosiddette aree interne, quelle che rischiano di più disagi, isolamento, spopolamento: garantire la presenza dell’istituzione scolastica nei Comuni montani non può essere considerato uno spreco, bensì un investimento a favore delle specifiche comunità locali». Per quanto riguarda Padova e provincia gli accorpamenti saranno sette, ma la maggior parte non incontra il parere favorevole delle amministrazioni. A fare da capofila alla protesta è stata proprio la Provincia, che il 17 novembre si è riunita nella Commissione d’ambito assieme a tutti i dirigenti scolastici degli istituti comprensivi della Città di Padova. Nel corso dell’incontro è stata rilevata la difficoltà di trovare la quadra, rinviando a un ulteriore confronto per formulare una controproposta da inviare alla Regione. Qualche giorno dopo, al termine di un nuovo briefing – al quale hanno partecipato il provveditore agli studi Roberto Natale, il consigliere delegato alle scuole, Luigi Bisato, l’assessora comunale all’Istruzione Cristina Piva e i sindaci coinvolti nel dimensionamento – è stato deciso il via libera ad alcune fusioni mentre altre sono state rispedite alla Regione con alcune controproposte illustrate da Cristina Piva: «La soluzione individuata a livello locale rispetta l’obiettivo indicato dalla Regione, ma adottando soluzioni più in linea con le esigenze territoriali di Padova». La mobilitazione contro gli accorpamenti è proseguita il 27 novembre, quando decine di genitori, insegnanti e la consigliera regionale di opposizione Elena Ostanel (Il Veneto che Vogliamo) si sono dati appuntamento nel quartiere Arcella. Al temine di una riunione particolarmente accesa, Ostanel ha depositato in Consiglio un’interrogazione a risposta immediata per tentare di bloccare una scelta che «comporta il depotenziamento dei servizi per famiglie e studenti, contro cui molte Regioni si sono opposte in Conferenza Stato-Regioni o impugnando la norma davanti alla Corte Costituzionale o al Tar». Malgrado le proteste la Regione ha difeso la propria scelta con una nota diffusa giovedì 30 novembre: «Non una penalizzazione, ma un efficientamento dell’offerta formativa, che ha puntato sulla razionalizzazione dei dirigenti scolastici e amministrativi lasciando spazio di autonomia alla Regione nel mantenimento di punti di erogazione del servizio in luoghi disagiati – illustra l’assessora all’istruzione Elena Donazzan – I criteri del nuovo dimensionamento sono stati fissati dalle linee guida regionali per la programmazione dell’offerta formativa e dell’assetto della rete scolastica, definite in un percorso condiviso con l’Ufficio scolastico regionale. La riorganizzazione del sistema scolastico, richiesta dal Pnrr, ha previsto il riconoscimento al Veneto, per l’anno scolastico 2024-2025, di 560 autonomie a fronte delle 592 attuali (550 dal 2026-27, ndg)». Le parole d’ordine restano dunque razionalizzazione e dimensionamento, ma a sentire le voci contrarie l’impressione è che la battaglia sia solamente a una prima battuta.

L’inverno demografico incide sulle classi

Nel 2022, per la prima volta in Italia, il numero di nati è sceso sotto quota 400 mila: sono infatti 393 mila, ovvero il 2 per cento in meno del 2021, in cui si era già registrato il record negativo dall’Unità d’Italia e quasi un terzo in meno rispetto al 2008. Secondo la legge di bilancio, che prevede sia di 900 il numero minimo di per mantenere in vita l’autonomia scolastica di un singolo istituto, appare evidente come in base al forte calo di natalità questo numero sia irraggiungibile per un grande numero di istituti. Le conseguenze saranno più pesanti per quelle regioni, che hanno un’incidenza più bassa di popolazione nella fascia tra i 3 e i 18 anni e tra queste l’Abruzzo, la Basilicata, la Campania, la Calabria, le Marche, il Molise, la Puglia, la Sardegna.

Andrea Benato

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