Il mondo di Andrea, che non doveva morire per un Tso

Esce nelle librerie “Noi due siamo uno”, viaggio dentro uno degli episodi più incomprensibili degli ultimi anni. Con il diario, ritrovato dopo la sua morte, di Andrea Soldi: testimonianza lucida e personale dall’universo della schizofrenia

Il mondo di Andrea, che non doveva morire per un Tso

La storia di una morte che non doveva esserci, il travaglio di una famiglia di fronte agli interrogativi della malattia psichica, la straordinarietà di un diario che ci permette di entrare nell’interiorità, sorprendentemente lucida, di un uomo diventato improvvisamente fragile. Nelle pagine di “Noi due siamo uno” (di Matteo Spicuglia, Add editore, in uscita domani, 14 aprile) troviamo molto più del racconto di un doloroso fatto di cronaca. Il protagonista si chiama Andrea Soldi e per la sua morte la Corte d’Appello di Torino ha di recente condannato ad un anno e sei mesi di reclusione (omicidio colposo) lo psichiatra e i tre agenti della polizia municipale che nell’agosto 2015 lo sottoposero ad un trattamento sanitario obbligatorio. Quel TSO a seguito del quale trovò la morte. Era malato di schizofrenia, Andrea, ma non aveva mai manifestato forme di violenza: non era pericoloso insomma, né per sé, né per gli altri, e semplicemente quel giorno le cose non sarebbero dovute andare come sono andate. Una ricostruzione puntuale e dettagliata, quella che apre il libro e che come un colpo al cuore ti catapulta subito in presa diretta in quel giorno d’estate torinese, in piazza Umbria, sulla panchina che Andrea Soldi aveva scelto come la sua seconda casa, e sulla quale passava ore intere. Era indifferentemente il luogo dove i pensieri lo assalivano e dove trovava conforto, il posto dove i suoi sapevano di poterlo sempre trovare, l’angolo di città in cui suo papà Renato gli si sedeva a fianco, aspettando che lui, Andrea, gli rispondesse al saluto e parlasse con lui. In quelle prime sette pagine e mezzo, veniamo a sapere tutto ciò che di essenziale la cronaca e il dibattimento processuale hanno chiarito: è una vicenda che “entra nella coscienza di tutta la città” e che a quanti la leggono per la prima volta appare quasi inverosimile, come se davvero non possa essere possibile che tutto ciò che è stato sia potuto accadere davvero.

Ma non è questo ciò che rende prezioso questo libro. Oltre la cronaca e oltre i risvolti giudiziari, infatti, c’è l’animo di Andrea, condensato nelle righe lasciate da lui stesso in un diario umano e psicologico. Sono scritti e lettere indirizzate ai suoi familiari, mai consegnati finché era in vita e ritrovati fra le sue cose, dopo la sua morte. Sessanta pagine che sono una miniera e che per la famiglia di Andrea rappresentano la chiave di lettura mancata per anni, uno strumento per comprendere quel figlio e quel fratello, un modo per riempire di contenuti (a posteriori) le giornate passate con i silenzi di Andrea. Un racconto che torna indietro di un quarto di secolo, dalla prima crisi, raccontata qualche mese dopo, del dicembre 1990 in caserma, durante il servizio militare, fino agli anni più recenti. Così il diario è anche, al contempo, uno straordinario racconto dall’interno della malattia, con le allucinazioni, la realtà alterata, distorta e condizionata, l’incubo dello smarrimento, la fatica, la frustrazione di una vita intera.

E’ a partire da questi scritti, di cui restituisce le pagine più intense, che l’autore del libro allarga lo sguardo dalla vita di Andrea al mondo della schizofrenia, dalla famiglia Soldi alle tante famiglie che vivono a contatto con la malattia psichica e convivono con lo stigma sociale, con i pregiudizi, con la carenza di aiuti e di servizi socio-sanitari. In Italia, una stima di 250 mila persone con schizofrenia e almeno altri 100 mila casi non diagnosticati; nel mondo una malattia che affligge 24 milioni di persone in tutto il mondo, a ogni latitudine, indipendentemente da cultura, condizioni sociali, livello di sviluppo economico. Una vera e propria malattia universale.

Noi due siamo uno” ci lascia un’eredità preziosa, frutto – oltre che della vita di Andrea Soldi – anche della fiducia che suo padre Renato e sua sorella Cristina hanno concesso a Spicuglia: l’autore, giornalista Rai della sede di Torino, incaricato a suo tempo dal proprio caporedattore di seguire la vicenda Soldi e il relativo processo, ci consegna - oggi che i tempi sono maturi - un appassionato contributo alla comprensione. Un libro, impreziosito dal contributo dello psichiatra Peppe Dell’Acqua, che sottolinea da un lato l’esigenza, nata dalla sofferenza di questa famiglia, che mai più possa avvenire una morte durante un Tso, e dall’altro lato accende una luce sulla lotta quotidiana delle tante famiglie che sono a fianco di una persona cara con disagio mentale. E del loro diritto, evidentemente, ad avere risposte certe dalle istituzioni. Un volume da leggere, che dà a tutti noi (le parole sono dell’autore) "un'occasione in più per capire che la fragilità è sempre degna di rispetto, di bene, anche di speranza”.

Stefano Caredda

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)