"Il controllo delle frontiere vale più della vita umana": sdegno per la gestione della crisi afghana
Stabilizzare il paese, dialogare con i paesi terzi per assicurare l’accoglienza, scongiurare “l’immigrazione irregolare”. Queste le conclusioni del Consiglio straordinario dei ministri dell’Interno europei. Dure le reazioni delle organizzazioni: “Non vogliamo accoglierli, l’Europa si chiude di fronte alla disperazione”
“Bisogna aiutare gli afghani in Afghanistan” ha detto ieri la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson. Un pensiero che riassume bene la linea dei paesi europei per affrontare la nuova crisi: assistenza per i profughi nel paese o nei paesi limitrofi, accesso alla protezione in Europa solo per i casi vulnerabili, rafforzamento della frontiera esterna. Nei prossimi mesi si cercherà così di non ripetere quanto avvenuto con la crisi siriana, quando migliaia di persone attraversarono la rotta balcanica per chiedere protezione nell’Ue. Uno spettro evocato durante il Consiglio di ieri dai ministri di Danimarca, Mathias Tesfaye, Repubblica Ceca, Jan Hamacek , e Austria, Karl Nehammer. “State lì, vi aiuteremo, questo è il messaggio. Non vanno alimentate false speranze - sottolineano in conferenza stampa -. Non dobbiamo fare gli stessi errori del 2015, questa volta dobbiamo fare in modo che le persone abbiano tutto ciò di cui hanno bisogno nei paesi vicini” .
Le conclusioni del summit
E dunque stabilizzare il paese, dialogare con i paesi terzi, rafforzare la gestione delle frontiere per scongiurare “l’immigrazione irregolare”, sono i punti principali delle decisioni prese durante il summit e sintetizzate nel documento conclusivo del Consiglio. “ La gravità della situazione in evoluzione richiede una risposta determinata e concertata alle sue molteplici dimensioni da parte dell'UE e della comunità internazionale - si legge nel testo -. L'evacuazione dei nostri cittadini e, per quanto possibile, dei cittadini afghani che hanno collaborato con l'Ue e i suoi Stati membri nonché delle loro famiglie è stata effettuata in via prioritaria e proseguirà. A tale riguardo, è in corso un intenso lavoro al fine di individuare soluzioni mirate per i restanti casi specifici di persone a rischio in Afghanistan”.
Per questo, l'Unione europea continuerà a coordinarsi con i partner internazionali, in particolare l'Onu e le sue agenzie, “per la stabilizzazione della regione e ad assicurare che l'aiuto umanitario raggiunga le popolazioni vulnerabili, specialmente le donne e i bambini, in Afghanistan e nei paesi vicini”. Nel testo si ribadisce che l’Unione continuerà il dialogo con i paesi terzi, in particolare i paesi vicini e i paesi di transito, che ospitano un gran numero di migranti e rifugiati “e rafforzerà il suo sostegno nei loro confronti allo scopo di potenziare le loro capacità di offrire protezione, condizioni di accoglienza dignitose e sicure e mezzi di sussistenza sostenibili ai rifugiati e alle comunità ospitanti”. L'Ue collaborerà inoltre con tali paesi per “prevenire la migrazione illegale dalla regione, rafforzare la capacità di gestione delle frontiere e prevenire il traffico di migranti e la tratta di esseri umani. A questo scopo occorre utilizzare appieno i mandati delle agenzie dell'Ue, come l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, che dovrebbe intensificare le sue operazioni esterne per lo sviluppo della capacità di asilo. Inoltre, si parla anche di "reinsediamento su base volontaria, dando la priorità alle persone vulnerabili, quali donne e bambini”. Nel testo, il Consiglio esorta la Commissione “a valutare tutte le opzioni previste nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per la necessaria assistenza finanziaria e gli strumenti per l'asilo, la migrazione e la gestione delle frontiere”.
"Sulla base degli insegnamenti appresi, l'UE e i suoi Stati membri sono determinati ad agire congiuntamente per evitare il ripetersi dei movimenti migratori illegali incontrollati su larga scala che si sono verificati in passato, elaborando una risposta ordinata e coordinata. Dovrebbero essere evitati gli incentivi alla migrazione illegale - si legge nel documento -. L'Ue dovrebbe inoltre rafforzare il sostegno ai paesi dell'immediato vicinato dell'Afghanistan per assicurare che le persone che ne hanno bisogno ricevano una protezione adeguata principalmente nella regione. È essenziale una comunicazione esterna, ma anche interna, unificata e coordinata”. Infine si dice che “l'Ue e i suoi stati membri, con il sostegno di Frontex, restano determinati a proteggere efficacemente le frontiere esterne dell'UE e a impedire ingressi non autorizzati, nonché ad assistere gli Stati membri più colpiti ”.
Le reazioni: “Un Consiglio deludente, l’Europa si chiude davanti alla disperazione”
Le decisioni prese al summit hanno sollevato la dura reazione da parte delle organizzazioni che in Italia e in Europa si occupano della tutela di migranti e rifugiati. Di “conclusioni altamente deludenti” parla Sara Prestianni, responsabile del programma migrazione e asilo di EuroMed Rights. “Due sono i principali punti critici: il primo è quello di scaricare la responsabilità dell’accoglienza sui paesi limitrofi, continuando nella logica dell’esternalizzazione della frontiera. In questo senso l’esempio della Turchia è lampante. In Turchia la Convenzione di Ginevra viene applicata con la clausola della restrizione territoriale, quindi gli afgani non hanno accesso alla protezione. Oltre a questo proprio in queste ultime settimane si sta rafforzando il muro al confine, a Van, e abbiamo notizie di arresti e violenze. Difficile, dunque, pensare che i profughi possano essere accolti ed adeguatamente tutelati lì - spiega -. Il secondo punto critico riguarda l’idea di rafforzare le frontiere esterne: il messaggio chiaro è ‘non vogliamo accoglierli’. In questo senso gli esempi della Bulgaria e della Grecia sono evidenti. Abbiamo avuto dichiarazioni di esponenti del governo greco che considerano l’Afghanistan un paese sicuro”. C’è poi la questione del linguaggio: “nel testo si parla di immigrazione illegale. Si tratta, invece, di rifugiati e richiedenti asilo. Esprimersi in questo modo vuol dire lanciare un messaggio altamente fuorviante”. Infine, secondo Euro Med Rights, dato che nelle conclusioni si fa esplicito riferimento all'utilizzo di grandi quantità di fondi è necessario “non ripetere gli errori del passato, utilizzando strumenti finanziari del tutto opachi e non trasparenti. E’ importante, invece, rafforzare il controllo e lo scrutinio democratico del Parlamento europeo su queste risorse, aumentare gli impegni sul resettlement e le evacuazioni rapide, e la protezione delle persone attraverso visti umanitari già previsti dalla Temporary Protection Directive” conclude Prestianni.
Anche secondo Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze di Oxfam “la preoccupazione principale dell'Europa è che gli afghani non arrivino alle nostre frontiere. Non ci si preoccupa, invece, della loro sicurezza, dell’accesso pieno ai diritti fondamentali e al soddisfacimento dei bisogni primari - afferma -. E’ bizzarro che questa preoccupazione europea venga coperta dal messaggio di non esporre le persone ai trafficanti, alle violenze e agli abusi durante la rotta. La realtà è che oggi per l’Europa la difesa delle frontiere vale più della vita di queste persone”. Per il responsabile di Oxfam è importante anche la proposta di convocazione del summit sui reinsediamenti: “ Vogliamo capire fino a quanto sia una mossa mitigatrice per silenziare la società civile e quanto invece un tentativo di nuova leadership e impegno comune su questo fronte”. Pezzati ricorda che dal 2017 a oggi i reinsediamenti a livello globale hanno coinvolto solo 206mila persone “un numero ridicolo rispetto al numero di rifugiati nel mondo. L’Europa ha reinsediato 74mila persone, mentre l’Italia appena 1.850. Il peso dell’ospitalità e l’accoglienza pesa, dunque, già sui paesi limitrofi e di transito. La Turchia ha quattro milioni di rifugiati, il Pakistan circa un milione e mezzo”. L’appello è, dunque, a un impegno concreto per chi “è rimasto bloccato e sta cercando di salvarsi la vita. Allo stesso tempo chiediamo di aumentare drasticamente i resettlement, perché questi numeri non fanno onore all'Europa”. Infine, per Pezzati è oggi necessario “rendere possibile l’accesso alla protezione agli afghani che a breve arriveranno ai confini dell’Europa e a quelli che già ci sono, sulla rotta balcanica, in Grecia e lungo le diverse frontiere Ue”.
Di occasione mancata parla il Centro Astalli: “E’ un tragico gioco di specchi a cui siamo costretti ad assistere da anni, l’Europa si continua a definire in pericolo, sotto attacco e in situazione di perenne emergenza, ritenendo di dover proteggere se stessa da uomini e donne disperati in fuga da guerre e crisi umanitarie" sottolinea il direttore, padre Camillo Ripamonti. L’organizzazione chiedere la la fine di accordi di esternalizzazione, l’apertura di vie di ingresso legali per i richiedenti protezione internazionale dall’Afghanistan e dalle aree di crisi del Mediterraneo, programmi di accoglienza e integrazione per quote significative di rifugiati da gestire con meccanismi di corresponsabilità e ripartizione tra tutti gli Stati Ue. E, infine, un cambio radicale in politica estera che consenta di mettere al centro la pace e la sicurezza da perseguire con tutti gli strumenti della diplomazia e del dialogo.
Anche il Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir) si dice “gravemente preoccupato” per la strategia che l’Ue sembra definire in tema di protezione e di sostegno al dramma dei rifugiati afgani. “È impossibile non vedere in questo disegno europeo la riproposizione di un modello in cui obiettivo primario è cercare di impedire l’accesso al territorio dell’Ue e di rafforzare il controllo alle frontiere - spiegano in una nota -. Se è importante garantire forme legali e sicure d’ingresso, quali il resettlement, i corridoi umanitari e anche l’utilizzo di visti (da quelli per ricongiungimento, studio o umanitari), non si possono creare barriere e muri ai possibili movimenti spontanei dei rifugiati. I canali d’ingresso legali e protetti non possono in alcun modo esaurire le necessità di protezione di una crisi come quella afghana. L’Ue deve pienamente garantire l’accesso al territorio e alla protezione internazionale. È essenziale che i cittadini afghani possano accedere al territorio degli Stati membri e che sia scrupolosamente rispettato il principio di non-refoulement”.